“La rabbia popolare che ha alimentato la campagna di Trump è la stessa che ha fatto nascere Sanders, e mentre entrambi esprimono un malcontento sociale e politico molto diffuso, lo fanno in senso opposto[…]Potete lottare per qualsiasi cosa, ma noi vogliamo tenerci l’essenziale, ovvero il funzionamento senza ostacoli del capitale globale[…]Si, siamo pronti ad accogliere tutte le vostre istanze culturali… ma senza mettere in pericolo l’economia globale di mercato – e pertanto non c’è nessun bisogno di varare riforme economiche radicali”.Per concludere con l’obiettivo della riflessione:
“L’oggetto da combattere e sconfiggere in questo momento è precisamente questo consenso democratico contro il Cattivo”.E’ esattamente questo il punto, in America rappresentato dal confronto Clinton-Trump ma che in Europa si era già manifestato nella questione Brexit (ne avevamo già parlato qua). Il consenso trasversale, falsamente progressista e illusoriamente razionale, della difesa dello status quo liberale. All’interno di questa pappa consensuale ributtante, scompaiono le ragioni di classe, fagocitate dalla dialettica tra una “sinistra radicale” espressione delle istanze culturali democraticiste, e un centro politico incaricato di tenere le redini del governo economico dei territori. Ma se “sinistra” e centro (che può assumere le forme del centrosinistra o del centrodestra, in tutto speculari) marciano compatti o quantomeno compatibili, l’unica espressione politica che si ritrova a rappresentare le istanze di resistenza del lavoro è la destra reazionaria e/o populista, a cui viene lasciato un compito storico che non può in alcun modo assolvere ma che, in assenza di avversari, continua a garantirgli visibilità e potenzialità politica. Questo spiega, almeno in parte, l’attuale fase della politica occidentale, simile nella Ue come negli Usa. Sinistra e centro visti come espressione del sistema politico-economico dominante; destra reazionaria od opzioni populiste sfruttate come strumento per scardinare, almeno elettoralmente, l’egemonia del “sistema” da parte dei ceti deboli e/o impoveriti dalle scelte economiche dello stesso “sistema” di potere. L’eterno ritorno del “fronte antifascista” senza fascismo non può che schiacciare la sinistra sulle posizioni economiche liberiste. Trump non è “fascista”, è solo il frutto dell’assenza drammatica di un orizzonte politico opposto a quello dominante. Continuare a perdere tempo concentrandosi sul suo parrucchino o sulle sue uscite razziste, alleandosi per questo con il grande capitale transnazionale, non potrà far altro che chiudere la bara in cui è rinchiusa la sinistra.
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