Gelli ha spesso indicato nel Pci e nella sinistra democristiana i mandanti dello scandalo
che avrebbe portato all’inchiesta dei magistrati milanesi e che, nel
1981, avrebbe portato allo scioglimento della Loggia. Non è detto che
questa ricostruzione sia del tutto sbagliata: d’altra parte, Pci e
sinistra Dc erano stati in più occasioni il bersaglio della sua azione
politica, per cui una reazione di quegli ambienti (al tempo abbastanza
potenti nel mondo della carta stampata) non sarebbe stata poi così
strana. Ma forse questo fu solo un elemento aggiuntivo e la spiegazione
principale fu un’altra di portata ben maggiore.
Iniziamo da una cosa: nel 1973
Gelli coglie il suo maggiore successo politico riuscendo a riportare al
potere in Argentina il generale Juan Peron (un’altra volta diremo come
andò questa che passò alla storia come “Operazione Gianoglio”).
Dopo quel clamoroso successo politico,
Gelli annunciò la costituzione del Organizzazione Mondiale Per
l’Assistenza Massonica: il suo gioco più spericolato. Sulla carta il
progetto avrebbe dovuto essere un organismo interprete della filantropia
massonica, soccorrendo le popolazioni in caso di disastri, aiutando i
paesi in via di sviluppo, ecc, ma che si proponeva anche come mediatore
di crisi internazionali, come punto di riferimento per gruppi di paesi,
come veicolo di accordi commerciali internazionali ecc.
E bisogna dire che non mancò un successo
iniziale: a parte l’ovvia disponibilità argentina, offrirono la loro
adesione al progetto gelliano il presidente egiziano Anwar Sadat, quello
liberiano William Toolbert il vice presidente ivoriano Anet Lilè
Clèment (tutti entrati nella P2). Nello stesso tempo, Gelli concludeva
lucrosi accordi commerciali con la Romania, mentre l’addetto culturale
presso l’Ambasciata in Italia, dott Ciobanu, aderiva alla P2.
A proposito della Romania forse è utile una parentesi:
nel 1968 il capo di fatto dell’Ufficio Affari riservati Federico
Umberto D’Amato (aderente alla P2) dette vita al club di Berna, il
coordinamento dei servizi di polizia occidentali. L’unico paese del
blocco orientale che aderì al coordinamento fu, appunto la Romania,
quel che fa sospettare che sia stato un qualche tramite massonico a
favorire la convergenza. Ma riprendiamo il discorso principale.
Dunque, un progetto che Gelli spesso
presentava come una sorta di interfaccia fra la P2 ed il mondo delle
personalità internazionali. Un progetto ambizioso, forse troppo
ambizioso.
È interessante notare come le resistenze
più nette vennero dalle gran Logge di Usa e Uk. Come si sa, i rapporti
fra le due massonerie di lingua inglese e quelle continentali ed, in
particolare, latine, non sono mai stati particolarmente felici e Gelli,
nonostante la sua conclamata fedeltà atlantica, apparteneva pur sempre
al mondo latino e doppiamente, per via dei suoi legami con la
liberomuratoria sudamericana. Per cui la sua iniziativa che puntava,
addirittura al riconoscimento dell’Onu come organismo diplomatico
internazionale (quel che, peraltro era riuscito ad ottenere da Fao ed
Unesco) rischiava di sconvolgere i complicati equilibri interni alla
Massoneria mondiale.
Per di più, l’Ompam,
iniziò ad attirare su di sé anche l’attenzione della magistratura.
Nella sua inchiesta sui sequestri di persona (iniziata nel 1974), il
dottor Vittorio Occorsio, giungeva al mega organismo gelliano con
l’arresto dell’autorevole esponente del club dei Marsigliesi, Albert
Bergamelli che lanciò un avvertimento: “siamo protetti da un grande
famiglia internazionale”. Pierluigi Occorsio iniziò a
sospettare che i proventi dei rapimenti (fra cui quello di Umberto
Ortolani, braccio destro di Gelli, ma che misteriosamente fu
sequestrato dallo stesso giro di criminalità organizzata) finissero a
finanziare la costituenda Ompam. Il 10 luglio 1976 Vittorio Occorsio
cadeva sotto una raffica esplosa dall’ordinovista Pierluigi Concutelli,
(Occorsio aveva indagato anche sul Movimento Politico Ordine Nuovo che
rivendicò l’attentato). L’inchiesta sull’Ompam si paralizzò, ma
quell’omicidio tirò addosso a Gelli ed alla sua creatura, una attenzione
che certamente non giovò al progetto.
In questo quadro venne la prima grande sconfitta politica di Gelli
a livello internazionale: il rifiuto dell’ambito riconoscimento da
parte dell’Onu. Sino a quel punto Gelli aveva scansato abilmente le
prove di forza da cui avrebbe potuto uscir perdente ed aveva fatto abile
uso dei successi (in particolare quello argentino) per accreditarsi
come uomo potentissimo, e l’alone di mistero che avvolgeva le origini di
questa potenza non faceva che accrescere la sua fama. A maggior ragione
l’insuccesso con il “palazzo di vetro” fu un tonfo clamoroso, certamente
non davanti all’opinione pubblica, che ne ebbe flebile sentore, ma
verso quegli ambienti della politica e della massoneria internazionale
di fronte ai quali uscì considerevolmente ridimensionato.
E qui possiamo collegare la vicenda Ompam alle questioni di casa nostra.
E’ poco probabile che Pci e Sinistra Dc avessero una capacità di
influenza tale da condizionare le decisioni del vertice delle Nazioni
Unite, verso il quale si immagina che abbiano potuto avere influenza
altre forze di rilievo internazionale e che, peraltro, avranno trovato
orecchie ben disposte, visto che il Segretario generale del momento era
Kurt Waldheim, lo stesso che abbiamo trovato, in divisa della Wermacht,
subire l’abile frode escogitata da Gelli per l’oro Jugoslavo. Se ne sarà
ricordato?
Peraltro, non c’è neppure dubbio che
Gelli sia andato incontro anche ad ostilità interne al mondo massonico.
Ad esempio molti giornalisti, al tempo, non ebbero grandissime
difficoltà a trovare “gole profonde” che dessero abbondanti informazioni
sul tema .
D’altra parte significa pure qualcosa
che, nell’immediatezza dello scandalo esploso con la perquisizione di
Castiglion Fibocchi, il Grande Oriente d’Italia abbia immediatamente
“mollato” la loggia non accennando neppure ad una difesa simulata (cosa
di cui si lamentano ancora simpatizzanti delle tesi gelliane).
Gelli, nelle sue memorie, non si è mai
soffermato molto sulla fine dell’Ompam e sul perché del suo scioglimento
che torniamo a dire, probabilmente ha avuto a che fare con dinamiche
internazionali che poi si intrecciarono con storie italiane.
Forse non è il caso di prendere troppo
sul serio le conclamate affermazioni di neutralità politica delle logge
massoniche, soprattutto quelle inglesi ed americane, che insistono sul
divieto posto dalle antiche costituzioni a discutere affari politici e
religiosi in Loggia. Non mancano esempi che lasciano intendere come la
politica forse non sia stata trattata sotto la volta delle logge, ma,
magari, nel vestibolo si. D’altra parte, se tanti Presidenti Usa hanno
cinto il rituale grembiule, una ragione ci sarà. Ma, ragionevolmente, i
massoni anglo americani sono stati sempre molto attenti ad evitare di
apparire come gruppo di pressione politico.
Il tentativo gelliano era troppo esplicitamente e direttamente politico e, peggio ancora, usava apertamente il nome della Massoneria per qualificare l’organismo progettato. E l’intreccio con alcuni terminali italiani fece il resto.
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