I dati sulle percentuali di italiani all'estero che si sarebbero già pronunciati sul referendum del 4 dicembre, sollevano obiettivamente il sospetto di brogli. Gli elettori italiani negli altri paesi riconosciuti come tali sono 4.032.902. Secondo le stime del governo su questo referendum avrebbero votato circa 1,6 milioni, una percentuale del 40%, superiore di ben 8 punti al 32% delle elezioni politiche del 2013 o di 21 punti rispetto al 19% di quelli che hanno votato solo sette mesi fa al referendum sulle trivellazioni. Se non fosse che la percentuale è di molto superiore a quella stessa attesa dal governo e dai sostenitori del Si (era il 30%) e della mobilitazione senza esclusioni di colpi degli apparati di potere e dei mass media, ci si potrebbe rallegrare del senso civico degli emigrati italiani. Sappiamo tutti però che non si tratta di questo.
Secondo le rilevazioni fatte, due su tre dei voti degli italiani all'estero sarebbero a favore della controriforma costituzionale. Una differenza di 500mila in più al Si che potrebbe rivelarsi decisiva per far vincere il referendum a Renzi e alla sua corte.
La straordinaria mobilitazione di risorse economiche e mass media da parte del governo e del Pd renziano, presenta scenari inquietanti. Sembra di essere nella Russia di Eltsin dove oligarchi, ong straniere e governi della Nato avevano messo a disposizione finanziamenti enormi per mantenere al governo il “loro figlio di puttana”.
Si pone un problema di serissima emergenza democratica nel nostro paese. Qualora i voti dall'estero diventassero decisivi (magari scrutinandoli a tarda notte qualora le prime proiezioni indicassero una vittoria del No), lo scenario di brogli diventerebbe palese. Ma occorrerebbe trarne anche le dovute conclusioni e, purtroppo, il fronte del NO non sembra (o non vuole essere) in grado di affrontare la sfida a questo livello. Gridare al regime quando il regime ha vinto servirebbe a poco.
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