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02/12/2016

Pubblico impiego. “Un accordo truffa, solo per il referendum”

Intervista di Radio Città Aperta a Luigi Romagnoli, dell'Esecutivo Nazionale Usb Pubblico Impiego.


Buon giorno a te, Luigi. Per i nostri lettori, quelli che magari non sono informatissimi, visto come lavorano i giornali, cosa è stato firmato esattamente ieri?

Ieri è stato firmato un accordo che riguarda il rinnovo dei contratti dei lavoratori pubblici. Un accordo che noi abbiamo definito, senza mezzi termini, una marchetta fatta a Renzi da Cgil-Cisl-Uil a pochi giorni dall’appuntamento elettorale del referendum del 4 dicembre. Cgil-Cisl-Uil si sono prestati a sottoscrivere questo accordo che è soltanto una serie di promesse fatte ai lavoratori pubblici sul rinnovo del contratto, che poi verrà fatto all’Aran e che avrà bisogno di essere finanziato attraverso le leggi di stabilità del 2017 e 2018. Nell’accordo si parla di 85 euro medi lordi di aumento contrattuale a regime, che significa a fine 2018. Un aumento contrattuale che è assolutamente insufficiente anche solo a recuperare una parte di quella che è stata l’inflazione degli anni di blocco del contratto. Ricordiamo che i lavoratori pubblici hanno i contratti fermi dal 2009, quindi sono già passati 7 anni. Quando, eventualmente, si sottoscriveranno i contratti e i lavoratori percepiranno l’aumento di 85 euro, saranno passati 9 anni dal blocco dei contratti. Quindi 85 euro medi per 9 anni di blocco dei contratti... ci sembra una cifra assolutamente insufficiente.

In termini netti quanto sarebbe?

In termini netti possiamo dire sui 60 euro, forse pure qualcosa in meno.

Per 10 anni di inflazione, praticamente...

Eh sì... E’ inutile parlare oggi, che magari l’inflazione è bassa o addirittura ci sono stati periodi di inflazione nulla. Bisogna andare a vedere tutto quello che è successo in questi 7 anni.

Una domanda che sorge: la Consulta ha bocciato il nocciolo della riforma Madia per quanto riguarda il rapporto con la Conferenza stato-regioni e con gli enti locali, in linea generale. C'è un legame con questa bozza di accordo precontrattuale?

Nella bozza loro prendono l’impegno a coinvolgere le regioni per quanto riguarda poi i passaggi che sono stati mesi in discussione dalla Corte Costituzionale. Sappiamo che il governo sta pensando, attraverso l’accordo con le Regioni, di modificare i decreti e quindi a porre dei correttivi. Diciamo che l’elemento essenziale è che dovevano farlo per forza. Il governo voleva per forza chiudere questo accordo prima del referendum. Ieri abbiamo sentito le dichiarazioni del segretario generale della Cisl – Furlan – che ha detto "sono mesi che stavano lavorando a questo accordo". Un elemento assolutamente da sottolineare è l’antidemocraticità del metodo di confronto che è stato portato avanti dal governo. Il governo, in definitiva, si è scelto gli interlocutori; e ha scelto di avere soltanto Cgil-Cisl-Uil come comparse a un tavolo di confronto per costruire questo accordo. Sono state fatte fuori dal confronto tutte le organizzazioni sindacali diverse, anche se rappresentative nel pubblico impiego, come l’Unione Sindacale di Base.

Per spiegare ai nostri ascoltatori... Nel pubblico impiego c’è una regolamentazione per la rappresentatività sindacale, giusto?
Esatto. Bisogna avere la media del 5% tra iscritti all’organizzazione sindacale e voti ottenuti nelle elezioni per le rappresentanze sindacali unitarie, le Rsu. Diciamola in parole semplici: bisogna superare un esame, bisogna produrre dei numeri... e solo chi riesce a raggiungere quei numeri può poi partecipare ai confronti, alle contrattazioni con il governo. Usb, una delle organizzazioni sindacali che ha superato questi esami, viene però tenuta fuori dal confronto politico con il governo ovviamente perché è scomodo tenersi al tavolo un’organizzazione come la nostra che va al nocciolo dei problemi, che va sul concreto e mette in contraddizioni le organizzazioni complici, quelle che definiamo complici, Cgil-Cisl-Uil, e il governo.

Ma siete stati ricevuti poi dal governo, separatamente?

Il 24 novembre, al ministero della Funzione pubblica, c’è stato un incontro tra Cgil-Cisl-Uil e il ministro Madia, uno dei diversi incontri. Abbiamo protestato lì sotto in modo deciso, chiedendo di poter partecipare all’incontro. E’ arrivata dopo due giorni una convocazione per il 28 di novembre. Il sottosegretario Rughetti ha incontrato le organizzazioni sindacali rappresentative una ad una, sostenendo tra l’altro che non esisteva nessuna bozza di accordo, ma soltanto una serie di punti, o di appunti. Mentre poi nel pomeriggio rilasciava una dichiarazione a Il Messaggero sui contenuti dell’accordo. Quindi questo è un governo di bugiardi. Il ministro Madia è bugiarda, l’abbiamo già detto più volte. Travalicano qualunque regola democratica di partecipazione e di rappresentanza.

Un’altra domanda. Abbiamo stabilito che non è un contratto, ma un accordo che, praticamente, stabilisce delle linee di indirizzo che serviranno poi all’Aran per condurre la trattativa vera e propria. 85 euro a parte, cosa c’è dal punto di vista normativo, di riorganizzazione del lavoro, dentro queste linee di indirizzo? Ne sapete nulla?

Sì. Praticamente si vanno a modificare alcuni punti della riforma Brunetta, come quello relativo alle "fasce di merito". Ma non si dice come verranno superate o come verranno applicate. Una parte del confronto sulla disciplina del rapporto di lavoro dei lavoratori pubblici rientrerà tra le materie di confronto sindacale, quindi si vanno a fare dei parziali correttivi della riforma Brunetta. Secondo noi la riforma Brunetta andava invece completamente abrogata e cancellata. Ma non solo quella riforma. Andrebbe cancellata anche la norma, per esempio, contenuta nel Dl 90 del 2015 del ministro Madia, che prevede il demansionamento dei lavoratori pubblici; oppure la mobilità coatta a 50 km dalla residenza, senza alcuna spiegazione. Queste sono norme che invece non vengono assolutamente messe in discussione da Cgil-Cisl-Uil. L’altro elemento importantissimo e negativo in quell’accordo è il riferimento al "welfare aziendale". Si prevede, così come nel contratto dei metalmeccanici, di introdurre forme di welfare aziendale all’interno dei contratti nazionali di lavoro. Significa quindi assicurazioni sanitarie, mettere soldi sulla previdenza complementare, cioè agevolare l’adesione alla previdenza complementare, ossia i fondi pensione privati. Una scelta assolutamente negativa, per quanto ci riguarda, perché significa andare sempre di più verso la definitiva privatizzazione della sanità, della previdenza pubblica, così come della scuola. Sono i tre pilastri fondamentali del welfare e dello stato sociale che assolutamente andrebbero difesi e rivalutati. Invece si ricorre a questi mezzi che andranno anche ad essere quantificati come "un elemento di aumento contrattuale". Il governo dichiara che non soltanto "dà 85 euro" di aumento, ma che introduce nei contratti anche dei "miglioramenti" attraverso il welfare aziendale, che sarà poi quantificato dal punto di vista economico.

Ho capito. E’ un po’ sorprendente che il welfare aziendale venga applicato negli enti dello stato...

Assolutamente sì. Ormai siamo all’assurdo che nelle aziende pubbliche, cioè, ripeto, negli enti che dovrebbero difendere i servizi per i cittadini, si va verso la privatizzazione sfrenata. Per esempio: sulla previdenza noi riteniamo da tempo che andrebbe abrogata la riforma Dini del ’95 e andrebbe riproposto un sistema che rivaluti le pensioni, che assicuri in futuro pensioni dignitose a tutti. Ci chiediamo come fa oggi un giovane precario o disoccupato a finanziarsi una pensione supplementare, una pensione integrativa... Quindi sarà destinato probabilmente, con l’attuale sistema del calcolo contributivo, a una pensione da fame, ossia ad una vecchiaia assolutamente non dignitosa. Questi sono problemi che dovrebbero preoccupare tutti, per primo chi sta al governo, con interventi radicali nel campo della previdenza sociale per ridiscutere completamente il sistema. Invece si dà ormai per persa la pensione pubblica, si dà per persa la sanità pubblica e quindi si instaura un sistema per cui soltanto chi avrà i mezzi si potrà curare, soltanto chi avrà i mezzi potrà costruirsi una pensione dignitosa. E’ inaccettabile, questa cosa.

Naturalmente... Un’ultima domanda che ci siamo dimenticare di fare... Leggiamo sui giornali che i sindacati "invitati" dicono di aver chiesto un "salvagente", qualcosa del genere, perché gli 85 euro promessi non assorbano gli 80 euro già dati per i redditi più bassi. Puoi spiegare un po’ un attimo questa formula?


Il problema è che l’aumento contrattuale sulle fasce di reddito al di sotto dei 26mila euro farebbe scattare un’aliquota Irpef che comporterebbe la perdita dei famosi 80 euro dati come bonus da Renzi. Abbiamo chiesto anche noi che si studiasse un meccanismo per salvaguardare, ovviamente, quelle fasce di reddito e quindi per neutralizzare gli 80 euro rispetto agli aumenti contrattuali.

Perché il rischio della truffa c’è, insomma...

Non è chiaro nulla... C’è un impegno su questo, ma non è chiaro poi come verrà tradotto in pratica... In poche parole: questo è un accordo-truffa, perché non produce alcun effetto immediato se non, secondo noi, portare acqua al mulino del "sì" a pochi giorni da questo referendum. Noi siamo convinti che i lavoratori pubblici non si faranno prendere in giro e il 4 dicembre andranno a votare NO per cacciare questo governo e per poter rivendicare una nuova politica sociale ed economica.

E’ l'augurio di tutti. Ti ringraziamo Luigi, buon giorno e buon lavoro.

Grazie a voi, buon lavoro.

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