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04/01/2018

I furbetti del casello. Profitti stellari per le società concessionarie delle Autostrade

Chi si arricchisce con i circa 7000 chilometri della rete autostradale nel nostro paese? Sono le 24 società concessionarie sulla base di accordi con lo Stato regolati da sei regimi tariffari diversi. Ma a ben guardare, questa frammentazione si riduce praticamente a un duopolio. Oltre all’Anas, che gestisce anche un migliaio di chilometri finora senza pedaggio (come la Salerno-Reggio Calabria), ci sono un gruppo di società legate agli enti locali (una fra tutte: l’Autobrennero controllata al 45% dalle province di Trento e Bolzano) e poi i due colossi: Autostrade per l’Italia, di proprietà dell’Atlantia della famiglia Benetton, e la Sias, della famiglia Gavio.

Ai Benetton fa capo oltre il 50% della rete, ai Gavio un altro 20% abbondante. E guardando i conti dei due operatori industriali del settore l’impressione è una sola: le autostrade italiane sono un affare d’oro, pura rendita finanziaria. Dal 2009 a oggi, nonostante la crisi economica, la Sias non ha mai chiuso un bilancio con utili netti inferiori al 14% dei ricavi. Discorso analogo si potrebbe fare per la società dei Benetton (nel 2014 ha registrato un utile di quasi 700 milioni, oltre il 15% dei ricavi). Merito dell’efficienza dei gestori, dicono i gruppi coinvolti. Merito di una politica tariffaria e di aumenti dei pedaggi sconsiderati dicono i fatti e le vittime degli aumenti tariffari.

Nel 2014 (questi i dati che abbiamo a disposizione) i ricavi derivanti dai pedaggi hanno raggiunto la consistente cifra di 6,533 miliardi di euro. Quanto hanno incassato di questo tesoretto le casse pubbliche? Assai poco: soltanto 1,7 miliardi tra Iva (596 milioni) e canone Anas (1,132 miliardi), un canone che poi altro non è che il sovrapprezzo sulla tariffa utilizzato dallo Stato per la manutenzione delle reti non a pedaggio. Tutto il resto – 4,8 miliardi – è andato a rimpinguare le casse delle società private che gestiscono le nostre autostrade, da Gavio fino a Autostrade per l’Italia dei Benetton. Praticamente su ogni chilometro di autostrada, lo Stato incassa “solo” 300 milioni, rispetto agli 850 che finiscono alle concessionarie. Quasi il triplo.

Con i nuovi e ingiustificati aumenti delle tariffe autostradali, più di 300 milioni all’anno di oneri aggiuntivi ricadranno sulle spalle dell’autotrasporto – denuncia Trasportounito una delle organizzazioni degli autotrasportatori –. E’ questa la prima stima del conto che il rincaro dei pedaggi autostradali, recentemente autorizzato dal Governo, ha presentato alle imprese di autotrasporto. E per imprese che, dopo anni e anni di crisi, viaggiano sulla lama del rasoio della sopravvivenza questo nuovo colpo, sommato al recente rincaro nei costi di energia e carburante, è tale da provocare una nuova epidemia di crack finanziari e di aumenti dei prezzi generalizzati che si riverberanno sui conti delle famiglie e dei consumatori.

“Drammaticamente si perpetua – afferma Maurizio Longo, Segretario generale di Trasportounito – una distorsione di mercato che favorisce le rendite di posizione dei concessionari autostradali, non a caso puntualmente in testa alle classifiche dei benestanti italiani, a discapito di chi la rete autostradale, regalata ai concessionari, si trova costretto a utilizzare”.

“Puntualmente, con il rincaro dei pedaggi – afferma Longo – si rinnova un modello di rapporto Stato-concessionari privo di trasparenza: gli aumenti sono basati su parametri i cui valori sono discrezionali; le premialità riconosciute agli investimenti sull’infrastruttura appaiono grottesche in quanto dovrebbe essere già prevista la remunerazione sul capitale investito; le 27 concessionarie scaricano sul mercato il rischio di impresa spalmandolo fra lavori in house, rinnovi di concessioni senza gara, costanti contributi pubblici, defiscalizzazioni e garanzie“.

“Anche quest’anno il rincaro medio del 2,74% – conclude Longo – non segue la logica dell’inflazione (1,2%) né, tantomeno, procedure contrattuali standardizzate, poiché i contenuti delle concessioni restano inspiegabilmente secretati e quindi possiamo immaginare trattative bilaterali e rapporti di forza con tutte le spese e i rischi a carico del contribuente e dell’utente finale”.

Secondo una relazione dell’Autority dei Trasporti, sui pedaggi autostradali si è registrato un aumento spaventoso dei guadagni – praticamente il 270% – passando da 2,5 miliardi di euro nel 1993 a 6,5 miliardi nel 2012. Un trend che continua ad aumentare con guadagni stellari, e con un sistema che rende le società concessionarie praticamente eterne. La principale concessionaria, Autostrade per l’Italia (Benetton) manterrà la gestione – e dunque i ricavi – fino al 2038. Una immagine plastica e niente affatto “dinamica” del capitalismo meramente parassitario.

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