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03/02/2018

Francia. Violenza e razzismo

Aulnay-sous-Bois, 19 km dal centro di Parigi, 82.000 abitanti. Nel 2014 chiude il locale stabilimento della Peugeot-Citroën, 5.000 dipendenti, produzione annua 400.000 auto. Un anno fa, nel corso di un controllo dei documenti da parte della polizia mentre esce di casa, un giovane di 22 anni, Théo, è battuto, insultato, sodomizzato con un manganello da quattro agenti. I medici diagnosticano una spaccatura del canale anale lunga 10 cm e la perforazione del colon. Lo sfintere è sezionato. Il giovane vive oggi con un sacchetto per la raccolta delle feci.

I muri del quartiere, la cité dei 3000, si coprono di scritte che reclamano «giustizia per Théo», le pensiline delle fermate degli autobus sono distrutte. Un anno dopo, i segni della reazione popolare sono spariti. L’inchiesta «segue il suo corso». Théo non ha precedenti penali, è conosciuto e rispettato da tutti, si impegna nella locale squadra di calcio. Si può difficilmente immaginare un trattamento più degradante di quello che ha subito, eppure, il rapporto degli organi disciplinari delle forze di polizia definisce l’accaduto un «incidente». Per molti, è la goccia che fa traboccare il vaso.

Un anno dopo, la domanda è sempre la stessa. Perché i responsabili sono stati lasciati liberi, sottoposti a un semplice controllo giudiziario? Un’accusa del genere a carico di un qualsiasi abitante della cité dei 3000 o di un’altra simile comporterebbe la detenzione in carcere. Per questo tutti vivono come un affronto, che si aggiunge a quello subito da Théo, il reintegro di tre dei quattro poliziotti, indagati per «violenze volontarie aggravate». E basta. Due pesi e due misure che fanno ulteriormente aumentare una sfiducia nelle «forze dell’ordine» molto anteriore alla vicenda.

Il fossato che separa i cittadini dalla polizia sembra difficile da colmare. In un anno, nulla è cambiato. Neppure i controlli. Il sindaco, sarkozysta, ex ufficiale di polizia ed ex segretario del sindacato «Synergie-Officiers», tenta, dice, di ristabilire un dialogo. Ma la tensione è massima. Quel che è accaduto a Théo non è un atto isolato, ma un esempio della violenza della polizia. Le sue aggressioni sono cieche, basate su pregiudizi razzisti. Théo non ha bisogno di attenuanti. Ancora meno di essere confinato nel cliché coloniale dell’africano buono, la cui sola colpa è di non essere nato sotto la buona stella. I media, non a caso, non s’interessano più a lui. Tre dei quattro poliziotti sono in servizio. Il quarto seguirà...

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