Nella sola Berlino, lo scorso anno, gli accertamenti fiscali disposti dall’Amministrazione rosso-verde hanno portato nelle casse comunali più di 5,5 milioni di euro di entrate aggiuntive: oltre 4,5 milioni di euro in più rispetto all’anno precedente, quando erano stati appena 837.840 euro. Ciò è stato possibile verificando le entrate di appena 67 persone, i cui redditi non da lavoro, capitali, locazioni e fitti e altri redditi superano i 500.000 euro; nell’anno precedente c’erano state solo 11 verifiche fiscali di questo tipo. In testa alla graduatoria degli accertamenti, l’ufficio imposte del quartiere di Prenzlauer Berg, nel distretto di Pankow (il più popoloso distretto cittadino), in cui pare sarebbero state eseguite 16 verifiche, per oltre 3,5 milioni di euro.
Il dato emerge da una risposta del Dipartimento finanze della Abgeordnetenhaus, la Camera dei rappresentanti cittadina, a una interrogazione scritta dei deputati della Linke, Sebastian Schlüsselburg e Steffen Zillich, riportata da Neues Deutschland.
Sebastian Schlüsselburg si è detto soddisfatto del significativo aumento dei controlli: “Con le entrate supplementari che ne derivano, sarà possibile effettuare investimenti urgenti, ad esempio nelle scuole, negli ospedali e nei trasporti pubblici locali, a beneficio di tutti i berlinesi”.
Se condotte su scala nazionale, nota Neues Deutschland, in teoria tali verifiche potrebbero significare un ulteriore introito di diverse centinaia di milioni di euro: denaro che potrebbe esser impiegato in molte aree sociali. Tuttavia, il numero di verifiche sui redditi milionari è in calo da anni nel paese. In una nazione in cui circa due terzi della popolazione non ha praticamente disponibilità o ne ha di molto piccole, mentre il 10% delle famiglie al vertice sociale detiene più della metà delle entrate, sembra così difficile effettuare un controllo fiscale anche solo del 15% tra i più ricchi.
Nessuna meraviglia, dunque, se la Germania occupa il settimo posto nella classifica dei maggiori paradisi fiscali: “una politica, questa, a favore dei più ricchi, che non solo mina le fondamenta della stessa economia di mercato, ma è gravida anche di scoppi sociali. Tanto più gratificante, quindi, che sotto il governo rosso-rosso-verde, il numero di controlli fiscali stia di nuovo aumentando. Sarebbe bene continuare questo corso, nell’interesse sia dell’economia, che della pace sociale” nota Neues Deutschland.
Una pace sociale invocata dall’ex organo della SED che, pure, non manca oggi di notare come, secondo i rilievi condotti dal Robert Kock Institute, quasi i due terzi (il 67%, su un campione di 4.800 intervistati) degli occupati tedeschi abbia dichiarato di essersi recato al lavoro, nel 2016, almeno una volta mentre “si sentiva veramente male”. Nel sondaggio commissionato dai sindacati (DGB), il 29% ha dichiarato di essere andato al lavoro anche per oltre due settimane, mentre era malato. Il commento dell’epidemiologo Udo Buchholz, riportato da Die Welt, è che “Se sei malato, stai a casa, almeno per qualche giorno”; questo, non certo per amore del malato, ma perché, così facendo, “ti riprenderai prima” e sarai di nuovo efficiente per l’industria e inoltre “non sarai particolarmente contagioso nei primi due giorni” per gli altri lavoratori.
La stessa pace sociale auspicata da Neues Deutschland che, pure, in un servizio dal titolo “I debiti di fronte al Jobcenter”, scrive di tutti quei disoccupati che si vedono tagliare i contributi dello Hartz IV, nel caso necessitino di un mutuo da versare come cauzione per un nuovo affitto. La situazione, scrive Neues Deutschland, è questa: chi si trasferisce in un nuovo appartamento, di solito deve pagare un deposito (fino a 3 mesi di affitto) al nuovo proprietario, per coprire eventuali danni o ipotetici futuri arretrati sull’affitto. Già per un normale lavoratore, privo di risparmi, è un’impresa ardua ottenere un mutuo di questo tipo; ma è del tutto impossibile per i beneficiari dello Hartz IV. Oggi, i Centri per l’impiego anticipano il deposito, ma solo a titolo di prestito, così che chi lo ottiene deve poi lasciare mensilmente al Centro stesso il 10% del beneficio.
Ora, sostiene la leader della Linke, Katja Kipping, il sistema adottato dai Centri per l’impiego è illegale, dal momento che il Codice sociale II, che definisce il quadro giuridico dello Hartz IV, distingue nettamente tra esigenze di vita quotidiane e necessità di alloggio. Con i 416 euro mensili di Hartz IV, i disoccupati dovrebbero comprare cibo e vestiti e, forse, accantonare qualcosa per eventuali acquisti non programmati, come una nuova lavatrice. L’attuale regolamento, tuttavia, costringe le persone a corrispondere la cauzione per l’affitto – che, in realtà, rientra tra le necessità di alloggio – dalla quota normale, con il risultato che viene decurtata la quota di sussistenza.
L’apposita commissione del Bundestag, cui la Kipping ha chiesto di esprimersi sulla questione, si astiene da una posizione definitiva e rimanda a un giudizio del Tribunale sociale federale. La questione sembra stia ora rimbalzando da tribunali di Land a tribunali federali, attraverso il Ministero federale del lavoro e degli affari sociali, che non sembra aver particolare fretta a dirimere la questione, tanto che, in risposta a un quesito “secondario” posto dalla stessa Kipping, lo scorso settembre aveva ammesso di non sapere nemmeno quante persone avrebbero dovuto rimborsare tali prestiti per cauzioni.
Una “pace sociale” che arride al 10% delle famiglie al vertice sociale.
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