Il punto di vista legale e costituzionale più netto è stato espresso in questi giorni dai giuristi democratici, che con la loro argomentazione – certo non involontariamente – segnano la distanza abissale tra i princìpi fondamentali dello Stato di diritto e l’improvvisazione spensierata di due personaggi che, purtroppo per tutti noi, sono stati rispettivamente primo ministro e ministro dell’istruzione (è sempre il caso di ricordare che la ministra Fedeli è titolare del Miur pur potendo vantare un curriculum di studi che non va oltre la scuola dell’obbligo; chissà come si sente nel poter infierire d’autorità su un’altra donna che invece è riuscita a laurearsi).
Il punto fondamentale è infatti uno solo: da quando esiste un contratto di lavoro firmato da entrambe le parti (ed anche nel pubblico) il lavoratore non vende più se stesso ma solo le attività indicate nel contratto e nell’orario ivi previsto, restando irrilevante la sua vita extralavorativa.
Reati a parte ovviamente. Ma è sicuro che Lavinia non ne abbia commessi, altrimenti gli stessi poliziotti in borghese o in divisa che l’hanno ripresa mentre sacramentava, dopo l’ennesima carica in difesa dei fascisti, l’avrebbero arrestata in flagranza.
Fin qui leggi, costituzione e contratto di lavoro. Stupisce che non ne conoscano termini e limiti coloro che hanno ricoperto cariche pubbliche ben più rilevanti del “semplice” insegnamento. Stupisce in modo particolare che non conosca la materia contrattuale una ministra che – dicono le cronache – ha ricoperto per decenni incarichi di rilievo nel sindacato Cgil. Ma forse il fatto che la categoria di cui era stata segretario generale – i tessili – sia praticamente scomparsa dice qualcosa anche sulla qualità del suo modo di fare sindacato e “difendere” i lavoratori.
p.s. L’episodio di Torino non ci sembra una “indicazione politica” da imitare, perché come tutti sanno preferiamo reazioni all’ingiustizia e alla sopraffazione che siano un po’ più meditate, replicabili e soprattutto efficaci. E’ il governo ad averne voluto fare un “caso esemplare” di punizione politica tramite sanzione economico-lavorativa. Ed è a questo che ci opponiamo con tutte le forze. Perché implica un sistema senza diritto; ed è una questione che ci riguarda tutti, non solo Lavinia.
Qui di seguito il comunicato dei Giuristi Democratici.
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I Giuristi Democratici esprimono preoccupazione per il violento attacco con conseguente gogna mediatica da parte di personalità politiche e rappresentanti delle istituzioni che in questi giorni sta investendo la giovane docente di Torino, Lavinia Flavia Cassaro.
Quel che indigna non è l’incitamento alla magistratura ad appurare l’eventuale commissione di reati: ciascuno è libero di farlo – meglio se tramite esposto che via Twitter –, ma l’intenzione di colpirla nella sua vita lavorativa, ponendo definitivamente fine al suo difficile e precario percorso lavorativo. E ciò al di là di qualsiasi eventuale processo e di qualsiasi condanna.
Ciò che ha segnato la costituzionalizzazione del rapporto di lavoro è la sua contrattualizzazione: il lavoratore non vende più se stesso ma solo le attività indicate nel contratto e nell’orario ivi previsto, restando irrilevante la sua vita extralavorativa.
Lavinia Flavia Cassaro, in una situazione di esasperazione (erano in corso cariche contro i manifestanti antifascisti), si è lasciata andare a un non condivisibile sfogo rabbioso: se verrà rilevato in ciò una condotta giuridicamente rilevante, ne risponderà all’esito del relativo processo.
Licenziarla ora significherebbe invece solo mediaticamente segnare un’equidistanza tra fascismo e antifascismo, tra chi spara e chi grida a volto scoperto e mani nude, e questo non è accettabile.
I Giuristi Democratici auspicano quindi l’immediata sospensione del procedimento disciplinare.
2 marzo 2018
ASSOCIAZIONE NAZIONALE GIURISTI DEMOCRATICI
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