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04/03/2018

Il criptofascismo di Renzi e Fedeli svelato dal “caso Lavinia”

La vicenda di Lavinia può essere vista da cento angolature. Ma l’interesse politico principale sta nella reazione di due dei protagonisti, diciamo così, del “campo democratico”. Quello che che viene mobilitato a comando, soltanto in prossimità delle elezioni, per manifestare contro il fascismo ma ben lontano dai fatti e dai luoghi in cui il fascismo si esprime in modo criminale. Renzi ne ha chiesto il licenziamento (non si sa bene a quale titolo, visto che attualmente è un normale cittadino senza incarichi pubblici) e Valeria Fedeli ne ha avviato le procedure.

Il punto di vista legale e costituzionale più netto è stato espresso in questi giorni dai giuristi democratici, che con la loro argomentazione – certo non involontariamente – segnano la distanza abissale tra i princìpi fondamentali dello Stato di diritto e l’improvvisazione spensierata di due personaggi che, purtroppo per tutti noi, sono stati rispettivamente primo ministro e ministro dell’istruzione (è sempre il caso di ricordare che la ministra Fedeli è titolare del Miur pur potendo vantare un curriculum di studi che non va oltre la scuola dell’obbligo; chissà come si sente nel poter infierire d’autorità su un’altra donna che invece è riuscita a laurearsi).

Il punto fondamentale è infatti uno solo: da quando esiste un contratto di lavoro firmato da entrambe le parti (ed anche nel pubblico) il lavoratore non vende più se stesso ma solo le attività indicate nel contratto e nell’orario ivi previsto, restando irrilevante la sua vita extralavorativa.

Reati a parte ovviamente. Ma è sicuro che Lavinia non ne abbia commessi, altrimenti gli stessi poliziotti in borghese o in divisa che l’hanno ripresa mentre sacramentava, dopo l’ennesima carica in difesa dei fascisti, l’avrebbero arrestata in flagranza.

Fin qui leggi, costituzione e contratto di lavoro. Stupisce che non ne conoscano termini e limiti coloro che hanno ricoperto cariche pubbliche ben più rilevanti del “semplice” insegnamento. Stupisce in modo particolare che non conosca la materia contrattuale una ministra che – dicono le cronache – ha ricoperto per decenni incarichi di rilievo nel sindacato Cgil. Ma forse il fatto che la categoria di cui era stata segretario generale – i tessili – sia praticamente scomparsa dice qualcosa anche sulla qualità del suo modo di fare sindacato e “difendere” i lavoratori.

p.s. L’episodio di Torino non ci sembra una “indicazione politica” da imitare, perché come tutti sanno preferiamo reazioni all’ingiustizia e alla sopraffazione che siano un po’ più meditate, replicabili e soprattutto efficaci. E’ il governo ad averne voluto fare un “caso esemplare” di punizione politica tramite sanzione economico-lavorativa. Ed è a questo che ci opponiamo con tutte le forze. Perché implica un sistema senza diritto; ed è una questione che ci riguarda tutti, non solo Lavinia.

Qui di seguito il comunicato dei Giuristi Democratici.

*****

I Giuristi Democratici esprimono preoccupazione per il violento attacco con conseguente gogna mediatica da parte di personalità politiche e rappresentanti delle istituzioni che in questi giorni sta investendo la giovane docente di Torino, Lavinia Flavia Cassaro.

Quel che indigna non è l’incitamento alla magistratura ad appurare l’eventuale commissione di reati: ciascuno è libero di farlo – meglio se tramite esposto che via Twitter –, ma l’intenzione di colpirla nella sua vita lavorativa, ponendo definitivamente fine al suo difficile e precario percorso lavorativo. E ciò al di là di qualsiasi eventuale processo e di qualsiasi condanna.

Ciò che ha segnato la costituzionalizzazione del rapporto di lavoro è la sua contrattualizzazione: il lavoratore non vende più se stesso ma solo le attività indicate nel contratto e nell’orario ivi previsto, restando irrilevante la sua vita extralavorativa.

Lavinia Flavia Cassaro, in una situazione di esasperazione (erano in corso cariche contro i manifestanti antifascisti), si è lasciata andare a un non condivisibile sfogo rabbioso: se verrà rilevato in ciò una condotta giuridicamente rilevante, ne risponderà all’esito del relativo processo.

Licenziarla ora significherebbe invece solo mediaticamente segnare un’equidistanza tra fascismo e antifascismo, tra chi spara e chi grida a volto scoperto e mani nude, e questo non è accettabile.

I Giuristi Democratici auspicano quindi l’immediata sospensione del procedimento disciplinare.

2 marzo 2018

ASSOCIAZIONE NAZIONALE GIURISTI DEMOCRATICI

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