Tensione molto alta al confine tra Israele e la Striscia di Gaza: intervistato dal The Times of Israel, un
ufficiale israeliano del Comando meridionale ha detto che oggi
pomeriggio l’esercito di Tel Aviv dovrà fronteggiare proteste
palestinesi violente simili a quelle del 14 maggio scorso quando sono
stati uccisi 60 gazawi. L’esercito, ha spiegato la fonte
anonima, sta lavorando in queste ore per limitare il numero delle
vittime palestinesi, ma ha accusato il movimento islamico Hamas per aver
alzato i toni dello scontro. “Non sarei sorpreso se domani [oggi, ndr]
ci saranno 40 morti, ma io ne voglio zero a differenza di Hamas che ne
vuole di più".
Tel Aviv si aspettava già proteste massicce di gazawi tre giorni fa
in occasione del 51esimo anniversario della Naksa (“ricaduta” in
arabo”), ovvero della sconfitta patita dai palestinesi durante la Guerra
israeliana dei sei giorni del 1967. Tuttavia alla fine Hamas, sostiene
l’esercito, ha preferito rimandare le manifestazioni ad oggi in
occasione dell’ultimo venerdì di Ramadan e in concomitanza con il
“Giorno di Gerusalemme” in Iran.
Tel Aviv, a detta dei suoi comandanti militari, vuole evitare qualunque bagno di sangue.
Ieri l’aviazione ha lanciato diversi volantini nella Striscia
“avvertendo” la popolazione a non avvicinarsi alla “recinzione di
sicurezza” posta al confine tra lo stretto lembo di terra palestinese e
Israele. Una recinzione “anti-infiltrazione” che è stata rafforzata in
questi giorni da altri chilometri di filo spinato e dall’invio di
ulteriori soldati.
La fonte intervistata dal Times of Israel ha detto che
l’esercito considera la giornata di oggi particolarmente carica di
tensione per diversi fattori: “l’istigazione alla violenza
promossa sui social media palestinesi, i discorsi fatti nelle moschee, i
preparativi sul terreno e le comunicazioni interne ad Hamas”.
L’ufficiale ha poi aggiunto che le truppe al confine sono pronte “ad
usare mezzi meno letali e ad un minor uso di pallottole” precisando,
però, che, in caso di infiltrazioni palestinesi in territorio
israeliano, l’esercito farà ricorso ad una “forza più letale” perché il
suo obiettivo è quello di proteggere i cittadini israeliani.
L’ufficiale non ha usato giri di parole: “Se 500 persone sfondano la
recinzione, dovrò uccidere molte persone per tutelare [i residenti del
kibbutz di] Nahal Oz”.
Il clima è infuocato da tempo nella stretta e assediata enclave palestinese.
Precisamente dal 30 marzo scorso quando i gazawi hanno iniziato le
“marce del ritorno” lungo il confine con lo stato israeliano. Proteste
duramente represse dall’esercito israeliano: finora sono stati uccisi 120 palestinesi e feriti più di 13.000.
Tel Aviv, ha spiegato l’ufficiale, ritiene che 30 o 40 dei
gazawi morti erano combattenti che Israele ha voluto deliberatamente
uccidere perché rappresentavano un pericolo per la sicurezza dello
“stato ebraico”, mentre i restanti due terzi o tre quarti erano persone
che l’esercito ha provato solo a ferire o che non era affatto
intenzionato a colpire (tra le vittime e i feriti si sono
registrati numerosi giovani, personale medico e giornalisti). Secondo
Tel Aviv la presenza di combattenti tra le vittime – in parte
rivendicata anche da Hamas e Jihad Islamica, soprattutto dopo la
mattanza israeliana dello scorso 14 maggio – mostra come le
manifestazioni non siano affatto pacifiche e siano nate non per
iniziativa della società gazawi disperata per le condizioni di vita, ma
dagli sporchi calcoli politici dei “gruppi terroristici” palestinesi,
specificatamente di Hamas che governa l’enclave.
La scorsa settimana la tensione è stata altissima quando, dopo
l’uccisione da parte israeliana di 3 membri della Jihad islamica, sono
stati lanciati da Gaza in circa 22 ore numerosi razzi verso le cittadine
israeliane al confine (non hanno provocato alcun ferito). La risposta
dell’aviazione israeliana è stata immediata: secondo fonti di Tel Aviv,
sono stati colpiti 65 obiettivi di Hamas e Jihad islamica.
Israele ritiene che il principale gruppo islamista della Striscia non sia interessato alla guerra.
Tuttavia, un nuovo conflitto, ha spiegato l’ufficiale israeliano al
Times of Israel, potrebbe divampare nel caso in cui un attacco
palestinese compiuto lungo il confine portasse all’uccisione di alcuni
soldati israeliani, o in seguito ad un nuovo massiccio lancio di razzi
verso Israele. Una terza ipotesi potrebbe essere un attacco israeliano
sanguinoso contro civili palestinesi che porterebbe Hamas e altri
“gruppi terroristici” a reagire attaccando.
In un articolo pubblicato sul portale Middle East Eye, il capo di Hamas, Ismail Haniyeh, ha
detto che i palestinesi continueranno “a bussare sulle porte di questa
enorme prigione [la Striscia di Gaza, ndr] finché non riusciremo ad
abbattere le sue mura”. Haniyeh ha poi spiegato che se
i palestinesi non possono ottenere con mezzi pacifici il loro “diritto
all’indipendenza e ad una vita onorevole”, allora “è nostro diritto
resistere all’occupazione [israeliana] attraverso tutti gli altri
strumenti possibili, anche con la resistenza armata”. Il leader
islamista ha poi osservato che se nessun israeliano è rimasto ferito
nel corso delle “proteste del ritorno”, questo vuole dire che le
manifestazioni sono state non violente a differenza di quanto afferma
Tel Aviv.
Israele, chiaramente, è di tutt’altro avviso. Anzi, ha denunciato questa settimana l’uso degli aquiloni incendiari inviati dai palestinesi verso il territorio israeliano
e che avrebbero bruciato almeno 18.000 dunam di terra (per lo più
parchi naturali e riserve). Proprio sul tema degli aquiloni incendiari,
questa settimana il ministro israeliano della Pubblica
sicurezza, Gilad Erdan aveva detto che i palestinesi che li lanciano
dovrebbero essere assassinati. Erdan, del partito Likud come il
premier Netanyahu, è stato esplicito: “il terrore degli aquiloni è
molto serio e chiunque li manda [verso di noi] dovrebbe temere per la
sua vita. Dobbiamo ritornare [a compiere] assassini preventivi. I comandanti di Hamas ne devono essere obiettivo”.
Ieri, intanto, momenti di tensione si sono registrati a
Gerusalemme quando la polizia israeliana ha lanciato granate stordenti
sulla Spianata delle Moschee contro alcuni fedeli palestinesi.
Secondo l’agenzia palestinese Wafa, 87 coloni israeliani di estrema
destra avrebbero fatto “irruzione” (“visita” è il termine che invece
utilizza la stampa israeliana, soprattutto di destra) nella Spianata
protetti dai soldati. Una provocazione inaccettabile per i palestinesi
che avrebbero quindi protestato contro la presenza sgradita. Da lì i
momenti di tensioni con le forze di sicurezza israeliane che hanno
portato all’arresto di due palestinesi.
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