Le crisi esplodono lì dove non te lo aspetti. La lira turca ha perso il 19% sul dollaro e l’euro. La borsa dopo un avvio calmo ha imboccato la strada del ribasso e l’indice Bst ha accusato un tonfo del 4,70% con i principali titoli del settore bancario che lasciano sul terreno tra il 7 e il 9%.
La crisi si è riflessa anche sui titoli di Stato con rendimenti che sono schizzati ai massimi storici. Il titolo con scadenza a un anno mostra un rendimento del 21%, il triennale ha superato il 23%. L’effetto Turchia si è abbattuto anche sulle borse europee (in modo particolare Milano, Francoforte, Parigi, in misura minore Londra). La Borsa di Milano ha accusato una caduta del 2,80%. Lo scivolone della Borsa di Milano è alimentato dal comparto bancario con UniCredit che lascia sul terreno oltre il 6% per la sua esposizione in Turchia, ma ribassi rilevanti si sono verificati anche per Intesa Sanpaolo con un -4,95% e Ubi -4,65%. Unicredit possiede il 41% della banca turca Yapi Credi Bank.
Il contagio turco non ha risparmiato i titoli di Stato con il rendimento del Btp a 10 anni in salita al 2,96% mentre si allarga lo spread con il Bund a 260 punti per effetto della corsa agli acquisti sul decennale tedesco.
Sulla crisi turca pesano indubbiamente le aspettative sull’inflazione che, dopo aver già raggiunto il 15% nel mese di luglio, potrebbe continuare a salire se – come pare – la presidenza eserciterà pressione sulla banca centrale affinché i tassi restino bassi. Ciò porterebbe ad un ulteriore surriscaldamento dell’economia turca. La corsa dei prezzi rischia di erodere, inoltre, la crescita reale del Pil: il governo ha già tagliato le previsioni della crescita annua dal 5,5% al 4%.
Ma la crisi finanziaria in Turchia sembra avere anche un evidente “agente esterno”: gli Stati Uniti. Il presidente americano Donald Trump ha annunciato via Twitter l’inasprimento dei dazi verso Ankara: “Ho appena autorizzato il raddoppio dei dazi su acciaio e alluminio della Turchia, visto che la loro valuta, la lira turca, è scesa rapidamente contro il nostro dollaro forte! L’alluminio sarà ora al 20% e l’acciaio al 50%. I nostri rapporti con la Turchia non sono buoni, al momento!”.
L’acciaio turco è una delle maggiori voci delle esportazioni, con un valore di 11,5 miliardi di dollari, pari al 7% delle esportazioni totali. Fino all’anno scorso erano proprio gli Stati Uniti il primo importatore dell’acciaio turco, prima che i precedenti dazi riducessero gli scambi fra i due Paesi, portando gli Usa al terzo posto.
Il 2 agosto scorso, il dipartimento del Tesoro Usa ha sanzionato il ministro dell’Interno e quello della Giustizia della Turchia per il rifiuto di quest’ultima di liberare il pastore statunitense Andrew Brunson, arrestato nel 2016 con l’accusa di aver partecipato al fallito colpo di stato del 2016 contro Erdogan. Il Congresso ha inoltre temporaneamente bloccato la vendita degli F-35 alla Turchia.
Il presidente turco Erdogan ha dichiarato che la Turchia “non perderà la guerra economica”. Già ieri sera Erdogan aveva parlato di una “campagna contro la Turchia”, esortando i connazionali a non temere le conseguenze della crisi della valuta nazionale. E oggi li ha poi invitati a vendere la valuta straniera di cui dispongono in modo da rafforzare la lira turca.
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