di Roberto Prinzi
Secondo alcuni
commentatori, alla luce del risultato emerso ieri dalle municipali, la
“Turchia ha voltato pagina”. Una dichiarazione forse un po’ esagerata e
prematura, ma che di sicuro centra un punto fondamentale: il presidente turco Erdogan, che da 17 anni domina la politica nazionale, ha subito ieri una innegabile sconfitta. Per
mesi ha terrorizzato il Paese minacciando dissidenti e presunti
oppositori presentando le municipali in versione apocalittica come “una
questione di sopravvivenza” per la Turchia. Come se il problema turco
non fosse la grave crisi economica che stritola la vita di milioni di
cittadini, ma eventuali sindaci dell’opposizione. I suoi
tentativi di polarizzare il Paese hanno esacerbato le tensioni già
altissime che si vivono nello stato da anni. E’ il modo di governare di
Erdogan, l’unico suo modo di farlo. Creare un perenne nemico al
quale indirizzare tutti i mali turchi, a cui addossare tutte le
responsabilità dei fallimenti politici del suo governo è da anni il suo
marchio di fabbrica. Una strategia che ha funzionato a lungo, ma che
ormai non sembra essere più sostenibile. Nonostante infatti i suoi
comizi quotidiani e l’appoggio incontrastato della quasi totalità dei
media nazionali, ieri il “Sultano” ha perso Ankara, la capitale nonché
la seconda città turca, e non è riuscito al momento a prendersi
Istanbul.
La gioia dell’opposizione repubblicana rappresentata dal Chp è
comprensibile: “Il popolo ha votato a favore della democrazia” ha detto
Kemal Kilicdaroglu, celebrando ieri notte soprattutto le
vittorie ottenute nella capitale e a Smirne, fortino dei kemalisti e
terza città turca. “Abbiamo vissuto ogni tipo d’ingiustizia – ha
aggiunto Kilicdaroglu – questa vittoria è molto importante per noi”. Il
leader kemalista ha poi detto che “la votazione si è svolta
democraticamente e il suo successo sarà accolto con favore non solo da
noi, ma da tutto il mondo perché la democrazia sta avanzando in Turchia.
Noi diciamo: la Turchia ha vinto. Dopo queste elezioni, tutti hanno
vinto. Siamo pronti a compiere il nostro dovere per superare la crisi
economica turca”.
Come avevano pronosticato i sondaggi, ad Ankara ha vinto il candidato kemalista del Chp Mansur Yavas che ha ottenuto il 50,9% delle preferenze, 3,8% in più del suo rivale dell’Akp, il partito islamista che fa capo ad Erdogan. Confusa e carica di tensione la situazione a Istanbul.
Un’eventuale sconfitta del presidente nella metropoli sul Bosforo sarebbe un colpo durissimo
per lui e il suo partito. Non solo per l’importanza della prima città
del Paese, ma anche da un punto di vista simbolico: è qui che il
presidente-“Sultano” ha iniziato la sua carriera politica. E’ qui che ha
rivestito la carica di sindaco negli anni ’90.
Sul voto ad Istanbul i canali televisivi turchi hanno dato
ieri l’aspirante sindaco dell’Akp (nonché ex premier) Binali Yildirim in
leggero vantaggio sul suo oppositore del Chp Ekrem Imamoglu.
Ma parliamo di una sfida testa a testa: con il 98,8% delle schede
scrutinate, la differenza ieri tra i due era di solo 4.000 voti sugli 8
milioni complessivi. Yildirim ha rivendicato la vittoria in città, ma
Imamoglu, citando i dati del suo partito, ha detto che ad essere in
vantaggio è lui. La situazione si è fatta ancora più ingarbugliata
quando ha preso parola ieri notte Erdogan. Rivolgendosi ai suoi
sostenitori, il presidente è sembrato quasi accettare la sconfitta
dell’Akp nella megalopoli turca, nonostante abbia poi precisato che il
suo partito ha mantenuto il controllo di molti distretti della città. Erdogan ha però anche detto che l’Akp farà appello “ovunque è necessario”. A partire dalla capitale
dove il segretario generale del partito Fatih Sahin ha riferito alla
stampa di “aver identificato voti non validi e [registrato] irregolarità
nella maggior parte dei 12.158 seggi”. “Useremo i nostri diritti fino
alla fine – ha promesso – non permetteremo che la volontà dei nostri
cittadini venga alterata ad Ankara”. Secondo l’agenzia filo-governativa Anadolu, l’Akp farà ricorso anche a Istanbul e nella provincia orientale di Igdir. Dichiarazioni e atti che fanno sorridere per un partito che, anche sui brogli, ha costruito i suoi ultimi successi alle urne.
Ma quelle di ieri sono state anche elezioni segnate dalla
violenza: due persone sono state uccise nella provincia di Malatya e
altre tre in quella meridionale di Gaziantep. Morti che
rivelano più di tanti discorsi la tensione altissima che si respira in
Turchia. Da segnalare è anche il risultato elettorale nel sud est del
Paese a maggioranza curda. Qui i sostenitori del partito di
sinistra filo-curdo Hdp hanno ripreso le municipalità che le autorità
turche avevano tolto loro due anni fa per i presunti legami tra l’Hdp e
quelli che Ankara definisce i “terroristi” del Pkk.
Intervistato dalla Reuters, un residente di Diyarbakir, la “capitale”
dei curdi di Turchia, ha così sintetizzato la situazione: “Ci hanno
rubato della nostra volontà e noi [oggi] abbiamo rovesciato [la
situazione]”.
Erdogan, intanto, ieri notte si è concentrato sulle prossime
sfide che attendono il Paese: “Abbiamo di fronte un lungo periodo dove
dovremo implementare le riforme economiche senza compromettere le regole
del libero mercato. Inizieremo ad aggiustare i nostri errori a
partire da domani mattina. Non combatteremo la nazione, altrimenti
questo sarebbe fascismo. Soddisfare le nostre persone è più importante
del nostro partito”. Il primo punto da risolvere è sicuramente la crisi economica che colpisce il Paese.
Un tema serio che ha inciso fortemente sul voto: in un anno la lira
turca è scesa del 30%, l’economia è in recessione. L’inflazione è vicina
al 20%, la disoccupazione è in crescita. Di fronte a questi dati, sono
apparse ridicole le dichiarazioni di questi mesi del presidente che ha
attribuito i problemi della Turchia a presunti attacchi provenienti
dall’Occidente. Può stare tranquillo Erdogan, non c’è stato e non c’è
alcun complotto contro Ankara: ieri il suo Akp ha perso consensi
soprattutto per la gestione scriteriata della questione economica.
“Le elezioni di oggi sono storiche come quelle del 1994” ha twittato
il giornalista turco Rusen Cakir, facendo riferimento all’anno in cui
Erdogan divenne sindaco di Istanbul. “Quello che è successo ieri – ha
affermato ancora Cakir, “è una dichiarazione che una pagina aperta 25
anni fa è stata girata”. Chissà. Intanto la Turchia si prepara a vivere
altri mesi di fortissima tensione.
AGGIORNAMENTO
ore 14:30 Il candidato dell’opposizione Imamoglu è in vantaggio a Istanbul. Erdogan rischia di perdere anche la “sua” città
Contraddicendo quanto dichiarato ieri notte dall’Akp, il candidato
sindaco dell’opposizione Ekrem Imamoglu (Chp) è in vantaggio a Istanbul.
A dirlo è stato oggi il presidente della Commissione elettorale Sadi
Guven. Imamoglu ha ottenuto finora 4.159.650 voti contro i 4.131.761 del
candidato dell’Akp Binali Yildirim.
Anche l’agenzia filo governativa Anodulu dà in vantaggio Imamoglu con il 48,8% dei voti contro il 48,5% di Yildirim.
Fonte
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