Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

02/04/2019

Governo-Ocse, sul Pil un vero scontro tra totani

Due torti non fanno una ragione. Quindi, contrariamente alla stampa mainstream, non ci faremo cooptare dalle argomentazioni del governo o da quelle dell’Ocse.

Seguendo una linea classicamente neoliberista, il segretario dell’Ocse, Angel Gurria, ha illustrato ieri – davanti a un imbarazzatissimo ministro Tria – il report sula situazione economica del nostro paese. Numeri tragici, perché la crisi è reale, ma sapientemente gonfiati per mettere sotto accusa quasi esclusivamente le due misure-simbolo del governo gialloverde: quota 100 e reddito di cittadinanza.

Due schifezze propagandistiche, dal punto di vista sociale, che abbiamo criticato senza mezzi termini già da mesi, ma con argomenti praticamente opposti a quelli illustrati da Gurrìa.

Partiamo dai numeri, che in teoria dovrebbero dare certezze, ma sono soltanto “stime”, ossia previsioni, basate su criteri accettati dentro un certo paradigma altamente arbitrario.

Secondo l’Ocse, comunque, l’Italia dovrebbe chiudere il corrente anno con una perdita di Pil pari al -0,2% (tornerebbe a salire, ma in modo asfittico, solo nel 2020), con un tasso di disoccupazione al 12%, un rapporto deficit/Pil pari al 2,5% (ben sopra il 2.04% contrattato con Bruxelles), un debito che sale al 134% e un’inflazione che ovviamente scende (consumi fermi o in calo) al +0,8%.

Le stime del governo – basate su criteri solo parzialmente diversi – parlano invece di crescita all’1% e il resto “secondo i parametri di Maastricht”, limando qui e gonfiando là...

Come anticipato, non stiamo qui a tifare per la padella o la brace, in questo autentico “scontro tra totani” (non è un refuso...).

Veniamo da un breve periodo di crescita che non è riuscito neanche a compensare le gravissime perdite di produzione registrate a partire dal 2008 (addirittura -25% nel settore metalmeccanico, che nonostante questo resta il settore di punta per le esportazioni), con una perdita occupazionale limitata soltanto dai criteri fasulli delle statistiche ufficiali (regole Eurostat, tipo che un disoccupato “scoraggiato” viene conteggiato come “inattivo”, per tenere basso il tasso ufficiale), con il lavoro che si trova solo con contratti precari e una retribuzione risibile, ecc.

Un periodo di crisi generale ma aggravato, specialmente nei paesi euromediterranei, dal combinato disposto tra politiche di austerità imposte dell’Unione Europea (che hanno portato al crollo degli investimenti e della spesa pubblica) e ridisegno delle filiere produttive per restare parzialmente agganciati al motore tedesco. Che però è stato costruito secondo il modello mercantilista, tutto incentrato sulle esportazioni, e dunque particolarmente esposto alla crisi quando – come in questa congiuntura – aumenta la “competizione” tra aree economiche continentali, con guerre valutarie, dei dazi, ecc.

E’ molto probabile – è sempre accaduto – che siano sbagliate sia le stime del governo, per eccesso di ottimismo, sia quelle dell’Ocse, pessimiste quel tanto che serve a presentare le solite “ricette per uscire dalla crisi”: le stesse che hanno creato o aggravato la situazione attuale.

E’ quasi surreale leggere l’elenco delle fesserie ideologiche – spacciate per “scienza economica” – scritte dalle teste d’uovo dell’Ocse:
a) alzare ancora l’età della pensione (se 67 anni vi sembran pochi...);
b) evitare di dare reddito ai disoccupati, sennò impigriscono (e le imprese devono aumentare i salari);
c) ancora maggiore flessibilità del lavoro (è diventato plastilina, ma lo vogliono “liquido”);
d) ulteriori tagli alla spesa pubblica;
e) privatizzazioni.

Mai sentito prima, vero? Mai fatto da nessun governo, vero?

Ma a che servirebbero queste “riforme strutturali”? A dirottare altri fondi alle imprese, soprattutto – ma non viene pudicamente detto – al settore finanziario. E’ la linea applicata per esempio nei confronti della Grecia, dove l’Unione Europea ha nei giorni scorsi preteso che venisse approvata una nuova legge per sfrattare immediatamente i proprietari di casa in ritardo col pagamento del mutuo, in modo da facilitare la cartolarizzazione e trasformazione in profitti finanziari.

Quando il boss di un istituto sovranazionale vi dice di fare una cosa “per il vostro bene”, mettete una mano sul portafoglio. Vuole sfilarvelo...

P.s. La pressione di Gurria è stata supportata amorevolmente anche dal presidente uscente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, anche lui arrivato a Roma. “Sono leggermente preoccupato per il fatto di vedere che l’economia italiana continua a regredire e auspico che le autorità italiane facciano sforzi supplementari per mantenere in vita la crescita italiana”. Detto dal leader di un paradiso fiscale dentro una comunità governata da regole rigidissime, c’è da credergli...

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento