Il 4 dicembre 2016 si svolse il terzo referendum costituzionale nella storia della Repubblica Italiana fortissimamente voluto da Renzi per attuare una revisione costituzionale che avrebbe ridotto il Senato a un’assemblea non eletta dai cittadini; avrebbe sottratto poteri alle Regioni per consegnarli al governo e avrebbe sancito la definitiva scomparsa delle Province.
La maggioranza dei votanti respinse il testo di legge costituzionale della cosiddetta riforma Renzi-Boschi che era stato approvata in via definitiva dalla Camera il 12 aprile 2016.
Nel 2015 il governo guidato da Renzi aveva approvato la legge elettorale nota come “Italicum” che prevedeva un sistema maggioritario con eventuale doppio turno, premio di maggioranza, soglia di sbarramento e cento collegi plurinominali con capilista “bloccati”, con la possibilità per lo stesso candidato di partecipare all’elezione in 11 collegi.
Nel gennaio 2017 la Corte Costituzionale dichiarò incostituzionale il turno di ballottaggio, lasciando l’eventuale premio di maggioranza per la lista che dovesse ottenere il 40% dei voti validi al primo (e quindi unico) turno.
Insomma, la storia politica di Renzi è quella di un ragazzotto democristiano di provincia che ha scalato velocemente con l’appoggio ed il sostegno finanziario di forze più o meno oscure e sulla base di un accordo segreto con il plenipotenziario di Forza Italia, l’ex PCI facendone un partito personale arrivando a chiedere i pieni poteri come un Erdogan qualsiasi.
Quanti sono quelli che sono ancora nel PD e che fino alla batosta del 6 dicembre 2016 dicevano “con lui si vince sempre”... “evviva la sua idea di sinistra riformatrice”... “basta con i vecchi arnesi della sinistra”... “i veri partigiani votano Si” anche quelli che sfilano in blu il 25 aprile “perché così è più inclusivo”? Tanti, e molti anche tra quelli che se ne sono successivamente staccati.
Vi ricorda qualcuno?
Ecco perché non mi stupisce affatto che una nota fascista dichiari di voler sposare il suo progetto proprio ora che quello di Salvini sembra essersi appannato mentre sono già partite le grandi manovre per depotenziare un suo eventuale ritorno mediante una nuova riforma elettorale.
Renzismo e Salvinismo non sono altro che due variabili della stessa malattia: la crisi del sistema politico italiano come conseguenza della crisi di egemonia delle classi dirigenti che, pur di mantenere intatto lo status quo, cavalcano questi personaggi per poi liquidarli non appena viene fuori tutta la loro inadeguatezza politica.
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