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14/12/2019

Il populismo buonista delle Sardine riempie San Giovanni, ma tiene alla larga i migranti


Più un happening che una manifestazione vera e propria quella di oggi. Arriviamo in piazza San Giovanni alle 14:30. La coreografia della manifestazione è semplice. Un camion palco diffonde la musica, in quel momento spara “Satisfaction” dei Rolling Stone. Nella piazza ci sono già migliaia di persone, ma il colpo d’occhio ci restituisce una valutazione anagrafica che va dai 40 anni in su, in pratica la generazione perduta. Di giovani se ne vedono ancora pochini. Tra la gente intravediamo lo scrittore Erri De Luca, ovviamente entusiasta. Più in là passeggia anche Cofferati.

Verso le 15.00 la piazza comincia a riempirsi. La gente arriva a gruppi. Ma anche qui il colpo d’occhio ti restituisce un convitato di pietra: non c’è neanche un immigrato, tranne quelli che da sempre cercano di venderti i libri dei poeti africani ad ogni manifestazione. È una piazza tutta “bianca” che si ritrova per bandire odio e razzismo ma forse non riesce a farsi capire da chi di odio e razzismo è la vittima principale.

Su questa contraddizione impatta l’arrivo in piazza di quelle che si sono definite “Sardine nere”. Sono i migranti e i rifugiati che nei giorni scorsi hanno manifestato per le strade di Napoli e poi diffuso un video in cui chiedevano ai capi della “Sardine bianche” di poter dire la loro esperienza di vita anche dal palco di San Giovanni. L’accoglienza della piazza verso questo gruppo di manifestanti è positiva ma contenuta. Alcuni cartelli dicono che Minniti, Salvini e Lamorgese hanno la stessa politica. Si capisce che è qualcosa di diverso dall’immaginario che si è voluto costruire con questa operazione delle Sardine. A sbarrare la strada però non è ancora il servizio d’ordine ma la ressa di fotografi, telecamere e giornalisti.

Dal palco si diffondono le note di Mannarino, poi alle 15:20 parte Bella Ciao salutata poi da un applauso e dallo slogan “Roma non si Lega”.

L’amplificazione del camion/palco non è potentissima e raggiunge solo una parte della piazza. Dal palco parla Carla Nespolo, poi vengono letti gli articoli 1, 2, 3, 10 e 21 della Costituzione. “Non ci avrete mai, questo è uno stato di diritto, la Costituzione ci protegge” dice una ragazza dal palco. Alle 15:30 parte l’Inno di Mameli, nel frattempo lo spezzone con le Sardine nere riesce ad arrivare vicino al palco. Lo seguono da presso le Sardine anticapitaliste e quelle antifasciste.

Il primo intervento ufficiale è quello dell’eurodeputato del Pd Piero Bartolo, presentato però come “il medico di Lampedusa”, ma da giugno è parlamentare europeo e in questi mesi è riuscito a mettere la sua firma sotto la risoluzione anticomunista approvata a Strasburgo e poi ad ammettere di aver fatto un errore. Un intervento che invita a sentirsi umani, a non valutare l’immigrazione come flussi ma come persone, a difendere la Costituzione ma anche l’Europa (sic!).

Lo stacco musicale dopo l’intervento è “Com’è profondo il mare” di Lucio Dalla e precede l’intervento della portavoce della nave Sea Watch che soccorre i profughi e i rifugiati nel Mediterraneo. Lancia l’invito a risolvere le cose con calma. Ma adesso i porti sono chiusi o aperti? Tra il 1 gennaio e il 30 novembre 2019 sono sbarcate in Italia 10.875 persone. Nei primi undici mesi del 2018 arrivarono circa 23 mila migranti, addirittura 119 mila nel 2017. A novembre sono arrivate solo 1200 persone, un dato in calo anche rispetto ai mesi di settembre e ottobre. Salvini sbraitava per tenere i porti chiusi, la ministra Lamorgese è silenziosa ma tiene i porti chiusi. Sono solo diminuiti, e di molto, quelli che chiedevano di tenere aperti i porti, sia sulle banchine sia nelle piazze e nei talk show. C’è qualcosa che non quadra.

Sotto il palco le Sardine nere continuano a chiedere di poter fare intervenire un loro rappresentante e sembra che si apra una possibilità, “se ci sarà il tempo”. Appare abbastanza contraddittorio che in una manifestazione convocata contro l’odio e il razzismo ci sia “ritrosia” a far parlare le vittime dell’odio e del razzismo. Nell’aria si diffondono le note di un brano che è un must: La libertà di Giorgio Gaber. Tra la gente avvistiamo anche Livia Turco (do you remember le Legge Turco-Napolitano sui migranti?).

Dal palco parla Luce transessuale venuta dal Molise a difendere la causa delle persone Lgbt. Nell’aria si diffondono le note de “La storia siamo noi” di Francesco De Gregori, un altro brano dell’album di famiglia.

Verso le 16:20 tocca a Mattia Santori, quello che è diventato il riccioluto volto e portavoce delle Sardine. L’esordio è da rockstar: “Siamo tantissimi!!” e ancora “Continuavano a chiederci: e adesso? Allora abbiamo deciso di svelare la verità: le sardine non sono mai esistite. Nelle piazze c’erano persone capaci di distinguere la politica dal marketing”. Un annuncio quello in piazza però smentito dai fatti. Parlando poi con i giornalisti lo stesso Santori ammette: “Abbiamo registrato il marchio delle sardine di Bologna per evitare che sia strumentalizzato, non per fare politica. È chiaro che nessuno può usare il marchio delle sardine per fare politica”. Insomma se fai il marchio fai anche markenting. Da sotto gli slogan e i cartelli chiedono l’abrogazione dei decreti sicurezza e Santori deve improvvisare, prima chiede di “ripensare” i decreti, poi l’abrogazione. Viene da chiedersi se ne conosce la differenza.

Intanto la pressione delle Sardine nere si è fatta più intensa e ci sono spintonamenti sotto il palco. Nel servizio d’ordine riconosciamo persone della Cgil, della Fiom, del Pd. Uno dei rappresentanti delle Sardine nere riesce a salire sul palco, ma quando dovrebbe parlare parte la musica che ne copre le parole, sono le 16:30 e da quel momento in poi ci sarà solo musica, ma con pezzi più ballabili, fino ad un’ultima, più spenta, Bella Ciao mentre alle nostre spalle sulle note di un brano che è un inno alla liberazione... parte un trenino. In compenso le “Sardine” più giovani si avvicinano, discutono, vogliono capire il perchè di quel contrasto. Loro, per fortuna, non appartengono alla generazione perduta, quella dei 40 in su.

Scende il sole su Piazza San Giovanni gremita, sulla sinistra del palco compare una solitaria bandiera rossa, ma ormai non è più motivo di scontro politico. E adesso tutti a casa, l’happening è finito. Il momento di “felicità collettiva” che nessuno deve permettersi di interrompere ponendo questioni scomode è ormai consumato.

Il populismo buonista delle Sardine ha regalato a due generazioni politiche e anagrafiche l’attimo felice di aver rivisto piazza San Giovanni stracolma come ai “bei tempi del Pci” o della “grande” Cgil, ma all’incasso non passeranno né l’uno né l’altro, al massimo passerà il Pd di oggi. E quello ve lo potete tenere.

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