La “fusione” tra Fiat-Chrysler (Fca) e il Gruppo Peugeot Sa (Psa) procede secondo i piani dell’accordo messo nero su bianco lo scorso dicembre (il “Combination agreement”), con la notizia della nomina dei membri del Consiglio d’amministrazione della holding Stellantis.
Nessuna sorpresa, ma la conferma che il processo di integrazione tra i due gruppi parla più francese che altro, a cui va aggiunta l’esclusione delle rappresentanze sindacali italiane dalle nomine scelte dai due gruppi.
A Elkann la presidenza, a Tavares il comando
Come da accordi, ognuno dei due gruppi ha nominato cinque membri, con l’undicesima seggiola finita a favore di Carlos Tavares, già presidente del consiglio di gestione di Psa, il quale avrà la carica di amministratore delegato (Ceo).
Proprio questa nomina è il peso che fa pendere la bilancia dalla parte transalpina, concedendo di fatto la maggioranza assoluta a Peugeot nel cda, mentre la presidenza affidata a John Elkann è una nomina più di rappresentanza che decisionale, nonostante Tavares ed Elkann saranno le uniche due cariche con deleghe esecutive dell’intero board.
Le altre nove nomine saranno infatti formalmente indipendenti, ma è chiaro che risponderanno alle linee strategiche decise dalle rispettive parti. Il 6 a 5 a favore Psa e la scelta di Tavares in posizione dominante per stabilire equilibri interni e strategie di gestione, rende la guida del quarto gruppo mondiale dell’automotive – quasi 9 milioni di veicoli prodotti, 170 miliardi di ricavi, 11 di utile operativo – chiara e inequivocabile.
La lunga fuga degli Agnelli dall’automotive
Come riporta ilSole24Ore, Tavares è una scelta comune delle due amministrazioni, scelta che chiarisce una volte per tutte le intenzioni degli Agnelli-Elkann sull’azienda di famiglia.
Fin dall’“operazione Marchionne”, il progetto è stato quello di rendere appetibile sul mercato un’azienda colpita duramente dalla mondializzazione dei mercati, dove per reggere la competizione sarebbero serviti o ingenti investimenti su prodotti innovativi (come la riconversione sull’elettrico), o l’abbattimento del costo del lavoro.
La prima opzione avrebbe significato la volontà di “lottare” per accaparrarsi quote di mercato nella riconversione del settore, sgomitando con i colossi tedeschi, cinesi, statunitensi ecc. a colpi di innovazione e modelli tecnologicamente avanzati.
Ma l’esternalizzazione di intere produzioni, i reparti confino di Nola e i licenziamenti in serie avevano chiarito da tempo le finalità delle manovre della proprietà, di cui questa “fusione” non è che l’ultimo tassello.
E scriviamo “fusione” tra virgolette proprio per sottolineare la vera natura dell’accordo, sbilanciato sulla cessione del comando delle attività più che sulla messa in comune dei punti di forza.
D’altronde, gli Agnelli sono l’espressione più fedele dei “capitalisti da paghetta” sfornati dal nostro paese, pronti alla produzione finché lo Stato elargisce sostegno sotto forma di sussidi, incentivi, sgravi fiscali, decontribuzioni sul lavoro (o a fare la voce grossa quando questo non avviene), ma adolescenti impauriti dinanzi alla competizione, “quella vera”, iniziata con la caduta del Muro e la fine della Prima Repubblica, che hanno inaugurato la globalizzazione e il processo di integrazione europea.
La composizione del cda
Il resto delle nomine per Fca sono Andrea Agnelli, Fiona Clare Cicconi (risorse umane di Astrazeneca, indicata quale rappresentante dei dipendenti), Wan Ling Martello (ex di Neslté e Walmart) e Kevin Scott (Microsoft); per Psa, Robert Peugeot (presidente di Ffp, holding della famiglia Peugeot), Henri de Castries (ex numero uno di Axa), Nicolas Dufourcq, Ann Frances Godbehere (canadese con ruoli nel settore assicurativo e minerario-petrolifero) e Jacques de Saint-Exupery (rappresentante dei lavoratori di Psa).
Proprio quest’ultima segna il passo sulla diversa rappresentanza dei lavoratori nel cda. Alla nomina dei francesi manca infatti un equivalente di Fca, che indica Fiona Clare Ciccone in maniera autonoma, senza interpellare i sindacati, neanche quelli più “disponibili”.
I pericoli per l’occupazione
Una decisione potenzialmente nefasta per l’occupazione del paese. Il nuovo gruppo infatti mette insieme quattro marchi “sovrapponibili” come Peugeot, Citroen, Opel e Fiat, e l’annuncio di “sinergie” nel mercato europeo è in realtà un preavviso di un piano di esuberi nel nuovo assetto.
La mancanza di un rappresentante diretto dei lavoratori impiegati nella penisola sonoè un campanello d’allarme su chi subirà i licenziamenti (sempre presenti nelle fusioni tra due o più aziende) una volta stabilito il piano industriale.
Ancora una volta dunque le scelte dei “padroni italiani” finiscono per mazzolare il mondo del lavoro, indipendentemente dalla bandierina stampata sul passaporto.
A scanso di equivoci, non potrebbe essere diversamente, essendo gli interessi dei primi costitutivamente in contrapposizione con quelli dei secondi (eccezioni qua e là permettendo). Checché ne dicano giornali, libri, esperti o manuali universitari oggi in circolazione.
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