Possiamo dire che per un bene-rifugio essenziale per i settori popolari come quello della pasta e del pane sono tempi pericolosi. I prezzi del grano stanno aumentando vertiginosamente e le conseguenze cominciano ad essere visibili nel carrello della spesa alimentare delle famiglie.
Occorre sapere che il grano 100% prodotto in Italia soddisfa appena il 36% della domanda. Per il resto arriva dall’estero. Quanto al grano duro, che serve per ottenere farina da pasta, oltre all’aumento vertiginoso dei noli dei container iniziato già nel 2020, ci sono altri motivi che hanno spinto i prezzi verso l’alto (+71% tra il settembre 2020 e il settembre 2021): la siccità in Canada, che ha ridotto molto i raccolti e quindi le esportazioni, il calo dei raccolti in Ucraina (nel 2020 il -12,9% sull’annata precedente) e il fatto che la Russia abbia ridotto le esportazioni per contenere il prezzo all’interno dei propri confini.
“Continuiamo a registrare forti aumenti dei prezzi delle farine e dei prodotti energetici: un trend preoccupante, che non aiuta la ripresa dei consumi” spiega Davide Trombini, Presidente nazionale di Fiesa Assopanificatori della Confesercenti. "La saldatura di queste due dinamiche rischia di bloccare la ripartenza dell’economia e del nostro settore".
Il prezzo delle farine di frumento tenero a settembre 2021 ha avuto un incremento del 20% rispetto a settembre 2020; il prezzo delle semole di frumento duro cresce in un anno del 66%. Se mettiamo a confronto il prezzo della prima settimana di ottobre 2021 con quello di ottobre 2020, le farine di frumento tenero arrivano a 511,50 euro a tonnellata ossia +24% mentre le semole di frumento duro sono schizzate a 731,70 euro a tonnellata ossia +81%.
A contribuire a questa inquietante dinamica al rialzo hanno agito l’aumento del prezzo di gasolio e benzina che, rispetto al mese di ottobre del 2020, hanno avuto un incremento del 24% medio con ripercussioni su tutta la catena distributiva, dal momento che le merci viaggiano per quasi il 90% su gomma e i costi della logistica coprono un terzo del prezzo finale dei prodotti agro-alimentari. Non va meglio per altri carburanti come Gpl e Metano che hanno avuto autentiche impennate dei prezzi.
L’Osservatorio Nazionale Federconsumatori ha confrontato i prezzi di alcuni prodotti alimentari tra marzo di quest’anno (periodo in cui già si registravano alcune tensioni sui costi delle materie prime) e oggi (con ulteriori aumenti dei costi delle materie prime agricole): +22% per il frumento e +79% per l’avena.
I rincari che ne emergono sul versante dei prezzi al consumo sono notevoli (mediamente del +15%) e sforano la soglia del 30% nel caso della farina, del pane in cassetta e della pasta integrale.
L’aumento dei prodotti energetici e di conseguenza delle bollette di luce e a gas e dei generi alimentari di prima necessità, sta riportando in primo piano sia il carovita e il suo perverso rapporto con i salari e pensioni al palo da anni, sia l’inflazione.
Una spirale che anche il mondo capitalista ha conosciuto in passato e che si va ripresentando in forme più acute e feroci, soprattutto per la totale deresponsabilizzazione dei governi e delle istituzioni che continuano a ritenere di dover lasciare fare “al mercato”.
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