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09/11/2022

Porte girevoli in Lombardia: si candida Moratti, torna Bertolaso

La fantasia del presidente della Lombardia, Attilio Fontana, è davvero limitata. Quando c’è un problema che non sa come risolvere, telefona a Guido Bertolaso, l’uomo per tutte le emergenze.

Questa volta l’emergenza si chiama Letizia Moratti che, chiamata a sostituire al welfare lombardo, in piena pandemia, il comico Gallera, non ha saputo fare molto meglio, ma in compenso adesso aspira alla presidenza della Regione in contrasto con Fontana.

Così, rimasto senza assessore al welfare, Fontana ha subito pensato di richiamare l’ex commissario regionale per la pandemia Guido Bertolaso e di dargli il mandato di sostituire Moratti.

La cosa potrebbe risolversi in qualche battuta sulla evidente scarsità di “risorse umane” di cui dispone la giunta lombarda, se non fosse che Bertolaso ha fatto dichiarazioni d’insediamento imbarazzanti. Infatti il neo assessore ha voluto subito schierarsi con Fontana dichiarando che la Lombardia, durante la prima fase della pandemia, fu travolta da un evento gravissimo che si trovò a fronteggiare da sola e si è dunque schierato con l’idea dell’attuale governo di istituire una commissione d’inchiesta sugli errori e le omissioni governative.

Tutti sappiamo che la gestione della pandemia da parte del governo Conte fu tutt’altro che ineccepibile, tuttavia, è anche lampante che la Regione Lombardia non ha alcun diritto di autoassolversi, date le gravissime responsabilità che hanno portato la regione ad avere – a oggi – 43.188 morti, con una percentuale di mortalità rispetto agli abitanti tra le più alte del mondo.

La Regione ancora oggi si rifiuta di ammettere almeno due errori che scatenarono l’epidemia: la riapertura dell’ospedale di Alzano Lombardo dopo che si erano riscontrati dei casi di Covid, ordinata proprio dall’assessorato al welfare; e la mancata chiusura sanitaria delle valli bergamasche, dovuta alle pressioni della Confindustria locale.

Almeno di questo Fontana dovrebbe rispondere a una commissione d’inchiesta.

Tuttavia, tutta la struttura della sanità lombarda si è dimostrata e continua a dimostrarsi carente nell’assistenza territoriale, dopo venticinque anni in cui si è puntato solo sull’”eccellenza” di alcuni ospedali e sulla sussidiarietà pubblico-privato.

Un sistema sanitario retto oggi dall’infausta legge 23/2015, approvata definitivamente nel dicembre 2021 dopo una sperimentazione che avrebbe consigliato la sua abrogazione totale, ma che invece è stata confermata dopo alcune flebili critiche governative, prontamente riassorbite.

Appaiono poi ridicole le affermazioni di Fontana sulla “riduzione delle liste d’attesa”, quando ormai si arriva ad aspettare un anno per ottenere una visita specialistica e le fandonie sulla sanità territoriale, dove per molti lombardi è difficile persino avere il medico di base.

La questione sanità è da anni al centro delle malefatte della giunta regionale: su di essa verte la condanna alla Regione per danno erariale di 47 milioni, per cui è stato condannato l’ex presidente Formigoni, mentre si presta naturalmente a qualche commento malevolo il fatto che il suo successore Maroni, appena scaduto dal mandato, sia stato cooptato nel CDA della potente holding sanitaria privata San Donato (insieme all’ex ministro Alfano).

Nel suo discorso d’insediamento, Bertolaso ha anche affermato di non voler cambiare nulla ai vertici della sanità lombarda, in particolare il direttore generale Giovanni Pavesi, pescato in Veneto da Moratti per i suoi “meriti” ai tempi della giunta Galan: una condanna per danno ambientale e una per corruzione.

Nel frattempo, la “traditrice” Moratti è la prima candidata ufficiale alla presidenza della Regione per le elezioni della prossima primavera. L’ex sindaca di Milano, anch’essa condannata per danno erariale ai danni del Comune durante il suo mandato e cacciata a furor di popolo nel 2011, si candida con Calenda e Renzi.

Ancora una volta i guastatori del “terzo polo” hanno lasciato col cerino in mano il PD, dopo avere raggiunto un accordo di massima per candidare Cottarelli, neoeletto senatore piddino ma con simpatie per Calenda, tanto che sabato 5 novembre era sul palco della manifestazione per la guerra indetta dal leader di Azione.

Mentre Cottarelli era sul palco, nel backstage Renzi e Moratti concordavano la candidatura di quest’ultima.

Se qualcuno nel PD pensa che, in definitiva, per “battere la destra” si potrebbe anche sostenere Moratti, altri s’affannano a cercare un candidato da contrapporre a lei e a Fontana.

Il sindaco di Milano, Sala, non è disposto a lasciare Palazzo Marino per una candidatura perdente e allora qualcuno pensa di richiamare Pisapia da Bruxelles, dove è impegnato a votare mozioni in cui si assimila comunismo e nazismo e, più recentemente, a respingere l’ODG della GUE-Sinistra Europea che chiedeva una soluzione diplomatica per la guerra russo-ucraina, appoggiando invece ulteriori invii di armi.

Insomma, ancora una volta un triste balletto di nomi in un panorama politico dove i cittadini non avranno la possibilità di distinguere reali differenze programmatiche tra Fontana e Moratti, che hanno governato insieme sino a ieri, e il signor X del Partito Democratico.

Ciò salvo che, in questi mesi, non si costruisca un programma per una lista di opposizione reale che riporti al centro della discussione i temi che toccano da vicino i cittadini lombardi (e italiani): la sanità, l’ambiente e l’esagerato consumo di suolo, i trasporti, la formazione professionale.

Tutti settori nei quali la gestione del bene pubblico è affidata massicciamente ai privati che mirano in primo luogo al profitto personale.

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