Sembra abbastanza chiaro che tutto l’Occidente neoliberista, dopo quindici mesi di guerra, stia cercando un’idea, una proposta, qualcosa che possa – se non mettere fine al conflitto in Ucraina – almeno fermare l’escalation. L’inferno nucleare è sempre meno sullo sfondo...
Possono aiutare in questo senso le mosse del Papa e quelle della Cina, anche se nessuno – nelle capitali euro-atlantiche – ammetterebbe mai pubblicamente che sta almeno “sperando” in un cessate il fuoco.
Le ragioni di questo tardivo “pacifismo”, come abbiamo altre volte ricordato, non sono affatto nobili, ma semplicemente “oggettive”.
Ci sono problemi seri nel rifornire di armi e munizioni l’esercito ucraino, con i paesi Nato ormai a corto di mezzi per una “guerra simmetrica” di vecchio tipo, dopo essersi specializzati in armamenti per quelle “asimmetriche”, ossia contro paesi debolissimi, in cui bastava bombardare dai cieli per qualche settimana e poi far avanzare truppe tutto sommato di piccola entità senza incontrare una immediata resistenza significativa.
Certo, poi iniziava ogni volta una guerra fatta di attentati, “piccole” azioni, con perdite anche importanti per le truppe imperiali, tanto che alla fine si cominciava il ritiro. Sia che gli obiettivi fossero stati raggiunti (parzialmente, come nei Balcani), oppure no (in Somalia, Iraq, Afghanistan, Siria, ecc.).
Soprattutto ci sono problemi seri per l’economia, specie quella europea, alle prese con una diversificazione obbligata dei rifornimenti energetici e dei mercati di sbocco per la propria produzione, visto il ginepraio inestricabile di “sanzioni” unilaterali che hanno finito per danneggiare quasi soltanto chi le ha proposte e imposte.
Inevitabile, dunque, che anche la giunta nazi-golpista di Kiev cominci a sentire in giro una certa aria di “disimpegno” dopo oltre un anno di giuramenti sull’“appoggio incondizionato fino alla vittoria” e mentre diventa intollerabile – soprattutto per la popolazione locale – una guerra impostata per continuare “fino all’ultimo ucraino”.
Un segnale importante del “malessere” – diciamo così – dei vertici di Kiev è stato ravvisato nell’intervista rilasciata pochi giorni fa da Mikhail Podolyak alla televisione di stato, in cui ha avvertito gli “alleati”: “Se l’Europa smette di fornire armi all’Ucraina, scoppierà una guerra in altri paesi. Il numero di attacchi terroristici in Europa aumenterà in modo significativo. In generale, in Europa non ci sederemo più nei ristoranti e non mangeremo più croissant in sicurezza”.
La formula è molto sintetica, sprezzante nei toni e nei termini (“non mangerete croissant in sicurezza” ricorda la solita Maria Antonietta del 1789...), ma non sembrano esserci molte interpretazioni possibili. Chi mai potrebbe cominciare a programmare attentati nei ristoranti europei – o in qualsiasi altro luogo di riunione della popolazione in genere – in seguito all’interruzione dei rifornimenti di armi all’Ucraina?
Non certo i jihadisti dell’Isis o di Al Qaeda, né qualsiasi altra sigla evocabile.
Quello di Podolyak è insomma un avvertimento diretto, brutale, persino troppo stupido – sul piano diplomatico e non solo.
Ma la logica nazistoide del “principale consigliere di Zelenskij” segue il percorso già tracciato da altri storici alleati dell’imperialismo statunitense, prima usati e spremuti, poi buttati via.
Vale la pena di ricordare che proprio Al Qaeda e Isis sono nate dai gruppi ampiamente sostenuti dagli Usa in Afghanistan e Iraq (e Siria) fin quando sono tornati utili. E che proprio quei gruppi terroristici hanno preso a colpire le metropoli occidentali una volta “scaricati” e sponsorizzati da altri competitor (Arabia Saudita in testa).
Ha un fondamento concreto la minaccia di Podolyak? Beh, si sa per certo – l’ha denunciato lo stesso Pentagono – che una quantità rilevante di armi, munizioni ed esplosivi “donati” a Kiev sono scomparsi senza arrivare mai al fronte. In parte sono “riapparsi” sul mercato nero, in parte devono essere stati immagazzinati in depositi “non ufficiali”.
Quanto ai “combattenti” che potrebbero mettere in atto le minacciate ritorsioni, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Milioni di profughi ucraini sono stati accolti e ospitati in tutta Europa. In mezzo a milioni di persone, la maggior parte delle quali certamente alla ricerca di una seconda vita in pace, non dovrebbe essere difficile trovare teste marce disponibili.
Già nei mesi scorsi, e non solo in diverse città italiane, si sono visti all’opera nazisti ucraini in aggressioni contro antifascisti.
Le minacce di Podolyak non sono insomma le solite fanfaronate di un regime in difficoltà militari ed economiche. Sono minacce circostanziate e “credibili”, per cercare di costringere gli “alleati” a rispettare i patti (segreti e palesi) sottoscritti a suo tempo.
Anche di questo, in poche parole, portano la responsabilità i governi occidentali e le forze politiche che ci hanno portato a questo punto. Anche per questo non c’è differenza tra Draghi, Meloni o Schlein.
Chi vuole la guerra al fianco di certi regimi porta già ora la responsabilità di ogni cosa che potrà accadere quando – inevitabilmente – prevarrà la pace, molto probabilmente senza che gli altisonanti obiettivi di Kiev siano stati raggiunti.
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