I vertici della NATO e del governo giapponese hanno trovato un accordo per aprire il primo ufficio di collegamento dell’alleanza atlantica sul territorio del Sol Levante. Anche se alcuni aspetti marginali sono ancora in negoziazione, come chi finanzierà lo spazio, la scelta di installarlo entro il prossimo anno è già in moto.
Uffici simili sono presenti in diversi paesi, persino in Kuwait. Ma si tratta della prima struttura di questo tipo in Asia, a due passi da Pechino, con i confini euroatlantici definitivamente oltrepassati dall’alleanza.
La discussione in merito era iniziata già a gennaio, durante l’incontro tra il segretario della NATO Jens Stoltenberg e il primo ministro giapponese Fumio Kishida. In quel consesso si era ribadita la volontà di implementare a nuovi livelli la collaborazione tra i due attori internazionali, con lo scopo di affrontare le sfide comuni (con ovvio riferimento alla Cina).
L’ufficio di collegamento rappresenta questo passo in avanti. Nikkei Asia scrive che esso “consentirà all’alleanza militare di condurre consultazioni periodiche con il Giappone e partner chiave nella regione, come la Corea del Sud, l’Australia e la Nuova Zelanda mentre la Cina emerge come una nuova sfida, insieme alla sua tradizionale attenzione alla Russia”.
Fonti NATO hanno fatto sapere che una bozza per l’istituzione di questo presidio, che dovrebbe essere composto da una sola persona, è già stata distribuita tra i 31 membri da metà aprile. Inoltre, si prevede che prima del vertice dell’alleanza a Vilnius l’11 e 12 luglio prossimi, con Tokyo venga firmato un Individually Tailored Partnership Programme (ITPP).
Bisogna ricordare che il Giappone è già parte del QUAD, che prevede la coordinazione con Stati Uniti, India e Australia in ambito di sicurezza. L’ulteriore integrazione delle attività con la NATO, in particolare nei settori informatici e dell’informazione (con uno sguardo all’interoperabilità delle forze armate per il futuro), segnala l’avanzare della tensione nell’Indo-Pacifico.
Lo ha implicitamente confermato anche l’ambasciatore danese in Giappone, che funge da punto di contatto del paese dell’estremo oriente con le potenze euroatlantiche. La situazione geopolitica della zona è nettamente cambiata dal 2010, ha detto, soprattutto in relazione al ruolo della Russia e della Cina, e i paesi occidentali vogliono rispondere così alle nuove preoccupazioni.
A Pechino lo sanno bene. A marzo il ministro degli Esteri cinese Qin Gang aveva affermato che la strategia statunitense in questo quadrante di mondo era quella di “formare blocchi esclusivi, per provocare uno scontro”.
Taiwan è il punto di scontro, ma tutta la cintura che va dalle Filippine al Giappone sta diventando sempre più foriera di tensioni. Con l’alleanza euro-atlantica in prima fila a promuoverle.
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