Le indagini sulla lotta armata siano per l’eternità. È questo il messaggio contenuto nell’ordinanza emessa dal gip torinese Anna Mascolo che accogliendo la richiesta della procura ha riaperto le indagini su un fatto di quasi 50 anni fa, la sparatoria di Cascina Spiotta, in relazione all’omicidio del brigadiere D’Alfonso di cui risponde l’ex brigatista Lauro Azzolini, nonostante questi fosse stato già prosciolto nel 1987 dal giudice istruttore di Alessandria.
Ci sarebbe stato tra l’altro un problema di competenza territoriale, ma il gip lo ha bypassato spiegando che essendoci di mezzo la finalità di terrorismo la competenza si radica nel capoluogo del distretto. La norma specifica però è del 2001 e i fatti risalgono al 5 giugno del 1975. Quando c’è di mezzo la parolina magica terrorismo evidentemente salta qualsiasi regola e non è possibile obiettare nulla.
La sentenza del 1987 inoltre non era stata allegata agli atti perché introvabile causa alluvione ma il giudice passa sopra anche su questa circostanza affermando che non vi è dubbio vi sia stata.
Il gip afferma che era già previsto all’epoca l’istituto della revoca della sentenza di proscioglimento emesso dal giudice istruttore nel caso siano sopravvenuti nel frattempo nuovi elementi di prova.
Secondo il difensore Davide Steccanella emerge al massimo che Azzolini potrebbe aver toccato il dattiloscritto documento riferito ai fatti del 5 giugno e sequestrato in occasione dell’arresto di Renato Curcio il 19 gennaio del 1976.
Circostanza del tutto neutra posto che quel documento in cui si riferivano i dettagli del fatto in cui era morta una fondatrice delle Brigate Rosse venne ovviamente esaminato da moltissimi militanti dell’organizzazione e persino oggetto di una pubblicità, un’azione su un giornale clandestino.
Per cui sarebbe impossibile che non vi comparissero altre impronte oltre a quelle di Azzolini per cui è da escludersi che il documento una volta redatto e consegnato a Curcio sia stato immediatamente chiuso in una cassaforte come un talismano da preservare visto che era stato redatto proprio per informare tutti gli altri membri dell’organizzazione che non erano presenti di come erano andate le cose quel drammatico giorno alla Spiotta” si legge nella memoria della difesa.
Del resto la stessa procura è consapevole dell’inconsistenza di tale elenco probatorio ai fini di una condanna considerando che l’accusa chiede la riapertura delle indagini e non il rinvio a giudizio.
“Se io raccontassi all’estero che un giudice in Italia può revocare una sentenza di assoluzione per fatti di 50 anni fa di cui non dispone materialmente mi prenderebbero per matto” dice Davide Steccanella.
Anna Mascolo è un giudice giovanissimo. Evidentemente non aveva genio, non se la sentiva di opporsi alla richiesta della procura più forcaiola e arrogante del paese, e ha fatto copia e incolla con l’istanza dei pm.
Ci troviamo in un teatro dell’assurdo. Le indagini prorogate dopo decenni per sei mesi con ogni probabilità porteranno a niente ma servono ad agitare un fantasma del passato nell’ambito dell’infinita emergenza italiana dove magistratura politica e giornaloni sono uniti nella lotta.
Ci sarebbe stato tra l’altro un problema di competenza territoriale, ma il gip lo ha bypassato spiegando che essendoci di mezzo la finalità di terrorismo la competenza si radica nel capoluogo del distretto. La norma specifica però è del 2001 e i fatti risalgono al 5 giugno del 1975. Quando c’è di mezzo la parolina magica terrorismo evidentemente salta qualsiasi regola e non è possibile obiettare nulla.
La sentenza del 1987 inoltre non era stata allegata agli atti perché introvabile causa alluvione ma il giudice passa sopra anche su questa circostanza affermando che non vi è dubbio vi sia stata.
Il gip afferma che era già previsto all’epoca l’istituto della revoca della sentenza di proscioglimento emesso dal giudice istruttore nel caso siano sopravvenuti nel frattempo nuovi elementi di prova.
Secondo il difensore Davide Steccanella emerge al massimo che Azzolini potrebbe aver toccato il dattiloscritto documento riferito ai fatti del 5 giugno e sequestrato in occasione dell’arresto di Renato Curcio il 19 gennaio del 1976.
Circostanza del tutto neutra posto che quel documento in cui si riferivano i dettagli del fatto in cui era morta una fondatrice delle Brigate Rosse venne ovviamente esaminato da moltissimi militanti dell’organizzazione e persino oggetto di una pubblicità, un’azione su un giornale clandestino.
Per cui sarebbe impossibile che non vi comparissero altre impronte oltre a quelle di Azzolini per cui è da escludersi che il documento una volta redatto e consegnato a Curcio sia stato immediatamente chiuso in una cassaforte come un talismano da preservare visto che era stato redatto proprio per informare tutti gli altri membri dell’organizzazione che non erano presenti di come erano andate le cose quel drammatico giorno alla Spiotta” si legge nella memoria della difesa.
Del resto la stessa procura è consapevole dell’inconsistenza di tale elenco probatorio ai fini di una condanna considerando che l’accusa chiede la riapertura delle indagini e non il rinvio a giudizio.
“Se io raccontassi all’estero che un giudice in Italia può revocare una sentenza di assoluzione per fatti di 50 anni fa di cui non dispone materialmente mi prenderebbero per matto” dice Davide Steccanella.
Anna Mascolo è un giudice giovanissimo. Evidentemente non aveva genio, non se la sentiva di opporsi alla richiesta della procura più forcaiola e arrogante del paese, e ha fatto copia e incolla con l’istanza dei pm.
Ci troviamo in un teatro dell’assurdo. Le indagini prorogate dopo decenni per sei mesi con ogni probabilità porteranno a niente ma servono ad agitare un fantasma del passato nell’ambito dell’infinita emergenza italiana dove magistratura politica e giornaloni sono uniti nella lotta.
*****
Aggiornamento:
La difesa di Lauro Azzolini impugnerà per cassazione l’ordinanza del gip di Torino che ha riaperto le indagini sui fatti di Cascina Spiotta del 5 giugno 1975.
L’avvocato Davide Steccanella ricorrerà esclusivamente sulla revocabilità di una sentenza di assoluzione non allegata agli atti perché non c’è. Scomparsa causa alluvione. Anche per capire se la decisione del gip diventa un precedente.
In questo paese l’amministrazione della giustizia è una vera e propria pagliacciata. Soprattutto se ci sono di mezzo i maledetti anni ‘70, l’unico periodo in cui lor signori rischiarono di perdere il potere nonostante avessero dalla propria parte il più forte partito comunista dell’Occidente...
Amen
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento