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17/05/2023

Il tour dell’elemosina

Sono diverse le considerazioni che possono essere fatte a commento della visita in Europa del Presidente ucraino Zelensky. È stato ricevuto con un dispositivo di sicurezza privo di ogni senso e di qualsivoglia motivazione a parte quella di solleticare l’ego infinito dell’attore, confortato nel rifiuto netto da parte dei paesi del G7 a considerare un tempo massimo entro il quale o l’Ucraina vince sul campo oppure si procede sul tavolo diplomatico.

E invece aiuti illimitati, sostegno indefinito in tempo e forma e ipocrisia a tonnellate, perché alcuni dei Paesi che più si espongono a favore di Kiev sono gli stessi che provano, con infinita cautela, a vedere che spazio può aprirsi grazie all’iniziativa cinese.

L’aspetto più significativo del tour del questuante è stato lo schiaffo che l’Ucraina ha assestato al Vaticano. Non solo aveva già nei giorni scorsi affermato di non essere a conoscenza di alcuna operazione diplomatica, ma a Roma Zelensky ha rincarato la dose, affermando che pur rispettando il Vaticano, non ha bisogno dei suoi sforzi diplomatici, dato che l’Ucraina non contempla la possibilità di arrivare ad una soluzione del conflitto che non sia la sconfitta militare russa, il ritiro dei suoi soldati e la “restituzione” di Crimea e Donbass a Kiev. Probabilmente ha dimenticato come fu proprio lui a chiedere in ripetute occasioni l’intervento a sostegno della Chiesa di Roma e quando poi questo arriva lo disprezza.

Mai, nella storia, un Papa era stato così oltraggiato a Roma da un presidente di una nazione che si dice cattolica, mai la sua azione diplomatica e riconciliatoria era stata così sdegnatamente rifiutata. Infrangendo ogni regola del protocollo e ogni acume politico, quella di Zelensky è stata una manifestazione di arroganza certamente suggerita da Washington, che ormai vede con terrore il profilarsi di una iniziativa diplomatica per raggiungere almeno un “cessate il fuoco”. Ma se per Washington il proseguimento della guerra è motivato dalla sua convenienza politica ed economica, è possibile che l’attore ucraino abbia a pentirsi di tanta arroganza, dato che l’eventuale sfilarsi del Vaticano lascerà la mediazione necessaria alla lettura di attori decisamente meno indulgenti con Kiev di quanto non lo sarebbe stato Papa Bergoglio. A meno che il comico non voglia pensare di durare un minuto in più di quanto dureranno le convenienze USA nello specifico ucraino.

Appare grave, allo stesso tempo, che le autorità istituzionali italiane, tedesche e francesi che si sono riunite con Zelensky, non abbiano espresso un chiaro monito all’attore, che continua a recitare travestendosi da combattente senza aver combattuto mai un giorno in vita sua, come a voler identificarsi con truppe che invece lo detestano per essere inviate al macello mentre lui e la sua cricca ingrassano con commesse e giri intorno al mondo. Non sono informazioni russe ma statunitensi, rilanciate dalla CIA che ha avvertito circa la rivendita a terzi degli armamenti che giungono all’Ucraina. È possibile e persino probabile che parte degli armamenti che arrivano a Kiev e finiscono in mani diverse siano destinati ad armare criminalità organizzata e gruppi paramilitari che saranno incaricati di proseguire la guerra anche in caso di accordi di pace. Non sarebbe la prima volta che gli USA operano in questo modo, basta ricordare l’esempio dell’Afghanistan negli anni ‘80.

La menzogna, arma decisiva

La visita di Zelensky a Roma, Berlino, Parigi e Londra, incentrata su una nuova questua dell’Ucraina alla UE e al miliardario razzista di ultra destra di Downing Street, ha avuto anche il compito di rilanciare politicamente il despota di Kiev e di nascondere le difficoltà militari spaventose che attraversano l’esercito, che ad ogni analisi militare appare non in grado di mettere in campo la già pedissequamente annunciata controffensiva, mentre continua a perdere terreno e uomini.

Del resto è stato lo stesso Zelensky, alla vigilia del tour europeo, ad affermare che la controffensiva ucraina non sarebbe stata possibile, almeno nei tempi e nei modi nei quali era stata propagandata, perché avrebbe avuto un costo in uomini insopportabile per il Paese.

Quella delle perdite in vite umane dell’Ucraina è questione che non ottiene nessuno spazio nel sistema mediatico occidentale. Non vi sono dati sulle perdite ucraine come sulla capacità di difesa dagli attacchi russi. Vengono versati fiumi di parole per raccontare presunte difficoltà russe, crisi nella catena di comando di Mosca, contrasti interni al gruppo dirigente russo e malessere delle truppe. Il tutto mentre si rassicura che l’Ucraina vincerà, come si è detta certa la Meloni in una esaltazione ritardata e nostalgica del fanfaronismo mussoliniano.

Quella sullo stato delle cose sul terreno non è questione secondaria. È elemento decisivo per contrastare gli sforzi diplomatici di Cina e Vaticano e per convincere l’opinione pubblica europea, che chiede a gran voce la fine di aiuti militari che servono solo ai mercanti di armi ed a proseguire nella guerra. Non a caso l’informazione sulla situazione militare sul terreno viene appaltata al ministero della Difesa di Kiev, ormai famoso per le iperboli con cui confeziona le bugie. L’ultima di queste, parla di 200.000 morti russi, che in realtà, dall’inizio del conflitto, sfiorano i diecimila.

Del resto non si capirebbe come mai la Russia occupa il 25% dell’Ucraina, da Kiev si denunciano bombardamenti sulle abitazioni civili ed ogni altra nefandezza, ma poi si forniscono numeri di caduti russi che si spiegherebbero solo se i russi bombardassero se stessi. I numeri iperbolici che fornisce Kiev davvero denunciano la guerra propagandistica, dove gli ucraini raggiungono punti di eccellenza nello spararle grosse. Loro ci mettono la fantasia e, così come combattono con armi, munizioni e comandanti NATO, si servono del sistema mediatico occidentale e della censura nei confronti della Russia per veicolare numeri e storie completamente inventate.

Sin dall’inizio il conflitto ucraino si è caratterizzato in questo modo. Basta ricordare il primo episodio di guerra mediatica, l’occupazione russa dell’Isola dei serpenti. Mentre la propaganda ucraina raccontava di gesta eroiche dei difensori, di impossibilità per i russi di prendere l’isola, Mosca produsse i video della resa generale di tutti i militari ucraini che si trovavano a difenderla, con tanto di dichiarazioni dei prigionieri. Fu solo con il primo scambio di prigionieri tra Ucraina e Russia che molti dei difensori dell’isola, affatto eroici, vennero riconsegnati alle autorità ucraine.

Tutta la guerra è stata segnata da questa totale mistificazione, da questo rovesciamento della realtà che costituisce il format della comunicazione, tipico delle guerre di quarta e quinta generazione, che prevedono l’utilizzo dei media come strumento fondamentale di sostegno per le operazioni militari. Nascondere i propri insuccessi e generare sdegno per i successi del nemico, trasformando i suoi successi in crimini e i suoi insuccessi in disfatta, è il primo e più elementare dei moduli comunicativi.

Il tour del questuante ha sì raccolto molta disponibilità politica nei governi della UE, ma quanto ad aiuti concreti solo la Germania ha promesso 2,4 miliardi di Euro, pur rifiutandosi di fornire Kiev di aerei da combattimento, mentre Macron ha promesso addestramento per i piloti ma non aerei. Il che si spiega con l’intenzione di non far deragliare il conflitto dal binario di una guerra convenzionale di posizionamenti, offensive e ritirare, conquiste e riconquiste di frammenti di territorio che non hanno nessuna particolare valenza oltre a quella di tenere vigente la guerra.

I governi europei non sono ciechi e nemmeno stupidi. Se, nonostante la carneficina di ucraini e la devastazione dell’Ucraina insistono a fornire armi, è perché questo è ciò che corrisponde ai loro interessi e a quelli, preminenti, della regia, che si trova a Washington. Temono il rovescio elettorale nel 2024 e sanno che devono esercitare il massimo di pressione militare contro la Russia prima del voto. La pelle ce la mettono gli ucraini che servono all’unico vero scopo: tenere la Russia in guerra. Fiaccarla economicamente, militarmente e politicamente. Provare ad increspare la sua alleanza strategica con la Cina profilando interessi via via divergenti, tentare di rovesciare il governo di Vladimir Putin per riacquistare un vantaggio nell’organizzazione militare planetaria.

Questo è l’oggetto della partita: Nato vs Russia, che precede quella di vecchio Ordine Mondiale Unipolare vs nuovo Ordine Mondiale Multilaterale. Dell’Ucraina non interessa nulla a nessuno. Comunque non a chi continua a rifornirla di armi obsolete, che servono solo a svuotare i depositi e a far ripartire le commesse militari. Business e corruzione annessi.

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