Sul Corriere della Sera è stato pubblicato un sondaggio, a firma Nando Paglioncelli, sulla fiducia degli italiani nelle istituzioni comunitarie e nell’operato del governo nei confronti di quest’ultime.
I risultati sono un specchio di come la UE sia sempre più vista come responsabile della crisi economica e sociale che viviamo, e insieme responsabile con le sua politiche lacrime e sangue.
Nel 2006, prima del crollo di Lehman Brothers, un’indagine di Demopolis per L’Espresso segnalava la fiducia nelle istituzioni europee al 51%. Dopo vari alti e bassi e con netti cali negli ultimi anni, essa è giunta al 39%, con la sfiducia esplicita salita al 48%.
I più “europeisti” sono sicuramente gli elettori del PD, con un 78% di sostegno dato all’azione di Bruxelles, Francofonte e Strasburgo. Negli altri partiti le opinioni sono più equamente divise, e anche tra la base di quei partiti che a lungo (spesso abusivamente) sono stati definiti “euroscettici” in realtà c’è una sostanziale approvazione della UE.
Quello che colpisce è però soprattutto l’estrazione sociale di chi ha espresso opinioni negative. Mentre i ceti medio-alti sono favorevoli a come è proceduta l’integrazione europea, due terzi degli intervistati meno abbienti esprime una netta critica alla UE.
Ovviamente, nel leggere questi dati, non ci sorprenderemmo nel sentire la solita narrazione classista che vuole i poveri, che magari non hanno avuto la possibilità materiale di una formazione avanzata, essere additati come “i barbari” che non capiscono i benefici del mercato unico.
Invece, è proprio l’effetto inevitabile di decenni di austerità e di scelte i cui costi sono stati fatti ricadere sulle fasce popolari.
La sfiducia generale nella classe dirigente è poi in un qualche modo confermata dalle domande sull’esecutivo e i suoi rapporti in Europa. Se quasi la metà degli italiani approva la maniera del governo Meloni di gestire le relazioni con Bruxelles, uno su tre attribuisce ad esso i problemi sul PNRR, ma non manca chi li fa risalire già a Conte e a Draghi (il 18%).
Sul prossimo grande nodo di quest’anno – la revisione del Patto di Stabilità – la base del PD spicca per essere più realista del re. Infatti, se il 38% degli intervistati vorrebbe escludere alcune spese dal rapporto deficit/PIL (che non è certo come cancellare la logica regressiva dei vincoli di bilancio), il 28% pensa che vada ripristinato nella forma pre-Covid, e tra i sostenitori del PD sono addirittura il 53%.
Il Secolo d’Italia, quotidiano fascista di lunga data, nel tentativo di legittimare l’operato della Meloni, commenta il sondaggio girando la frittata: “la Ue viene vista ancora come un carrozzone dove la burocrazia la fa da padrone“.
Un modo sbrigativo per mettere insieme la questione migranti, che sta erodendo la “fiducia” nel governo, e i vari scandali (in particolare il Qatargate) che hanno colpito i massimi vertici delle istituzioni comunitarie.
C’è poi da dire che anche l’ultimo rialzo dei tassi (e dei mutui), così come le ricette economiche fallimentari e la crisi del modello export-oriented centrato sulla Germania, hanno mostrato una classe dirigente che sa solo ripetere vecchi schemi che hanno mostrato la propria inadeguatezza. Governanti, insomma, uniti nella difesa a oltranza dei profitti e delle loro scelte dannose.
L’ostilità delle classi popolari, su cui sono stati scaricati tutti i costi di queste politiche, mostrano sempre più la distanza da questo sistema di potere.
Si aprono ulteriori spazi per una rappresentanza politica alternativa, che esprima gli interessi degli sfruttati e subalterni. Ma è evidente che senza una “sterzata a sinistra” sulla questione della UE tutta questa motivata “sfiducia” sarà capitalizzata dai reazionari.
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