10 mila persone hanno manifestato a Roma il 4 novembre con parole d’ordine chiare per lo stop all’invio di armi per la guerra in Ucraina, l’uscita del nostro paese dalla NATO ed il taglio delle spese militari per finanziare le spese sociali.
Lo sganciamento dell’Italia dalla guerra che l’Alleanza Atlantica sta conducendo contro la Russia in Ucraina era uno dei nodi principali della piattaforma prima che l’ operazione “diluvio d’Al-Aqsa” del 7 ottobre scorso e l’escalation sionista a Gaza e nella West Bank rimettessero al centro dell’agenda politica la solidarietà alla Resistenza arabo-palestinese ed un opposizione al massacro in corso.
Il riconoscimento dello Stato palestinese, la revoca dell’accordo di cooperazione militare tra Italia e Israele, e la necessità di un cessate il fuoco immediato hanno arricchito già dall’assemblea di lancio della mobilitazione nazionale del 4 novembre – tenutasi al cinema Aquila l’8 ottobre – la piattaforma iniziale, conferendole in maniera più marcata alle sue parole d’ordine un carattere anti-imperialista ed internazionalista.
La nutrita presenza arabo-palestinese che ha aperto il corteo, gli slogan, gli interventi dal camion alla testa del corteo e quelli finali a Piazza San Giovanni dei promotori della mobilitazione, che hanno richiamato l’appoggio alla Palestina hanno caratterizzato la mobilitazione, a fianco delle tante prese di posizione di netta critica all’Alleanza Atlantica ed alla politica bellicista dell’attuale esecutivo a detrimento delle classi popolari.
Una scommessa politica azzeccata, nata da una ipotesi di mobilitazione lanciata nella seconda metà di luglio quando il Senato – il 12 luglio – su proposta dell’ex missino Gasparri aveva proposto di ripristinare il 4 novembre come festività nazionale, in cui celebrare la Giornata dell’Unità della Nazione e delle Forze Armate.
Un colpo di mano che aveva trovato silente l’ipotetica opposizione, considerato che tale proposta aveva avuto il voto favorevole di 102 senatori e l’astensione di 28 deputati, senza che nessuno votasse contro.
Un’operazione ideologica dagli svariati obiettivi: ripristinare un vecchio arnese della destra patriottarda festeggiando la partecipazione dell’Italia al Primo Conflitto Mondiale, preparare il terreno per la prosecuzione del finanziamento dell’invio di armi in Ucraina, sostituire il 25 aprile come data costituente per il nostro paese (in cui si celebra la liberazione dal nazi-fascismo) con quella di una carneficina, spacciata come compimento del Risorgimento e realizzazione del sogno irredentista dei circoli reazionari.
Un progetto che se non è stato osteggiato dalla cosiddetta opposizione parlamentare, è stato respinto da una mobilitazione popolare a Roma in una giornata in cui tutto il mondo è sceso in piazza per la Palestina.
Il segnale che ci è giunto da Roma come quello di tutte le piazze che in queste settimane hanno visto manifestare centinaia di migliaia di persone nel nostro Paese a fianco della Resistenza palestinese, e la drammatica situazione a Gaza e nella West Bank ci chiamano a svolgere un ruolo più incisivo, ed a porre l’urgenza di una Assemblea Nazionale per iniziare una campagna di boicottaggio attivo nei confronti di Israele ed un’iniziativa di opposizione e disobbedienza civile di massa nei confronti della complicità del nostro governo nella guerra di sterminio contro i palestinesi.
É una necessità imprescindibile e improrogabile di cui come Comitato Angelo Baracca ci facciamo sostenitori.
Comitato Angelo Baracca, 4/11/2023
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Buona anche questa... La manifestazione di Roma ha avuto una storia complicata, frutto dell’accelerazione della Storia che stiamo vivendo. Ma ha comunque riunito migliaia di persone, unendo sindacalismo di base, studenti, comunità palestinesi del Lazio, organizzazioni politiche.
All’inizio – quando è stata convocata – doveva essere una manifestazione contro il governo e la deriva bellicista dell’Occidente che, mentre si butta nella demente avventura ucraina contro la Russia, taglia – per sostenere lo sforzo militare comandato dalla Nato – la spesa sociale (pensioni, sanità, istruzione, università, ricerca, servizi pubblici, assistenza, cura del territorio, ecc).
L’iniziativa coglieva nel punto centrale: il governo Meloni, infatti, stabva puntando a fare del 4 novembre una “festa delle forze armate”, forzando ancora di più la retorica della “vittoria” conseguita nell’”inutile massacro” della Prima Guerra Mondiale.
Una festa, insomma, per celebrare l’Occidente imperialista e la entusiasta partecipazione dell’italietta neofascista, ansiosa di sdoganare divise e gagliardetti rinchiusi nei bauli impolveriti, al ritrovato “spirito combattente” di una Unione Europea in evidente corto circuito logico-strategico (un “mercato unico” che decide di suicidarsi aderendo alle sanzioni Usa contro uno dei propri principali clienti – la Russia, appunto – e soprattutto primo fornitore di energia a buon mercato).
Po la Storia, che ha cominciato a correre a perdifiato, ci ha messo lo zampino il 7 ottobre. Rimettendo al centro la “questione palestinese”, l’anomalia guerrafondaia di Israele e l’interesse strategico del Medio Oriente per gli States.
Contemporaneamente quel triste pasticcione di Salvini si inventava una manifestazione “per l’Occidente e i suoi valori”, contrapponendo di fatto la sua iniziativa a Milano a tutte le manifestazioni per la pace e a sostegno della Palestina in tutta Italia.
E il 28 ottobre le comunità palestinesi hanno giustamente proclamato la grandissima manifestazione che ha raccolto 50.000 persone dimostrando praticamente cosa pensa il popolo italiano di quel che sta avvenendo a Gaza.
La più grande manifestazione degli ultimi anni, sorprendente in confronto alla debolezza rassegnata del mondo “alternativo”.
Risultato? Ottimo, anche tenendo presente tutte queste “sorprese” che la Storia ha deciso di proporci…
La manifestazione di Milano (oltre a quelle di Firenze, Cagliari, ecc) hanno forse sottratto forze a quella romana. Ma hanno contrastato con molta efficacia il patetico tentativo di Salvini di farsi paladino dell’Occidente”, in nome di valori mai rispettati come “libertà” (solo per le imprese), “diritti” (solo per evasori fiscali), ecc.
I media di regime accreditano al vicepresidente del consiglio la miseria di “1.000 manifestanti”. Ma le immagini fanno vedere una platea molto inferiore, peraltro mediamente oltre i diversi “anta”.
E quindi c’è stato il riconoscimento unanime, anche sui media d regime, di un clamoro “4 a 1” fatto segnare dai compagni di Milano (accreditati di 4.000 presenza, ergo molti di più “secondo la questura”).
A Roma idem, qualche migliaio in più, forse, ma concentrati sulla Palestina, contro la Nato e il governo, contro l’”economia di guerra” che ci sta impoverendo oltre ogni dire.
Identico il portato generazionale e politico, con le vecchie generazioni soprattutto concentrate nei cordoni delle organizzazioni politiche e i giovani dietro gli striscioni i quelle nuove (Cambiare Rotta, Osa, ecc).
La sensazione? Che le presenze potevano essere anche di più, anche per restare alla sola piazza romana. C’è un grumo residuale di atteggiamenti e pratiche che va ormai lasciato serenamente alle nostre spalle. E sono le giovani generazioni ad indicare la giusta direzione.
C’è un salto qualitativo, tutto politico, da fare. Chi ci riuscirà potrà dare il suo contributo. E ci dispiace per gli altri...
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