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07/11/2023

Il buio oltre la rete

di Guido Salerno Aletta

Non c'è ancora nessun chiarimento sul futuro delle reti di telecomunicazioni italiane, da quando a fine agosto ci siamo occupati della vicenda di TIM, con un articolo intitolato: "Una Rete fatta di Nodi".

La storia è ben nota: dagli oltre 7 euro per azione che Telecom Italia valeva nel 2001, oggi TIM quota attorno ad un quarto di euro. I debiti alla fine del terzo trimestre di quest'anno sono stimati in crescita a 26,45 miliardi di euro, rispetto ai 25,5 dell'anno scorso: con i tassi di interesse che si sono fatti assai più alti rispetto al passato, l'onere non può che crescere con i rinnovi alle scadenze, mentre i proventi segnano il passo. Il loro incremento complessivo del 1,4% deriva infatti dalla compensazione tra la flessione dello 0,2% di quelli del mercato italiano e la crescita del 5,8% di quelli del Brasile.

La cessione della rete al Fondo KKR, che di recente ha offerto 20 miliardi di euro per la rete di TIM cui ne aggiungerebbe altri 2 miliardi per la acquisizione di Open Fiber, è stata approvata dal CdA di TIM, con il voto contrario dei tre rappresentanti di Vivendi che sostiene la necessità di un passaggio decisionale in Assemblea dei Soci. Si preannunciano ricorsi.

Ma, intanto, si vede chiaramente che è stato drasticamente ridimensionato il valore di Open Fiber, che si è aggiudicata come concessionaria di INFRATEL la realizzazione con fondi pubblici delle reti in fibra ottica nelle aree a fallimento di mercato: era stato stimato in 5,5 miliardi di euro all'atto della vendita del 50% da parte di Enel, cui sono subentrati il Fondo australiano Macquaire per il 40% e la Cassa Depositi e Prestiti per un ulteriore 10%, arrivando così al 60% rispetto alla posizione paritaria che aveva in precedenza con Enel.

In pratica, se KKR dovesse effettivamente rilevare Open Fiber per appena 2 miliardi di euro, tanto la Cassa che Macquaire registrerebbero una consistente minusvalenza rispetto alla valutazione di 5,5 miliardi: una volta ceduta a KKR la rete in concessione da parte di Infratel, Open Fiber rimarrebbe una scatola praticamente vuota.

La Cassa Depositi e Prestiti esce assai penalizzata da questa operazione, dopo essersi lanciata con tanto entusiasmo in Open Fiber di cui detiene il 60%, ed essere entrata in TIM comprando il 9,8% delle azioni, divenendone il secondo azionista dopo Vivendi che ha il 23,7% del capitale.

TIM persegue un obiettivo principalmente finanziario e non industriale: con la cessione a KKR della sua rete, denominata "NetCo", si propone di abbattere il suo debito di 14 miliardi. Ma non è chiaro quale sarà il business operativo che sarà realizzato dalla rimanente compagine aziendale, definita "ServiceCo": per gestire la attuale clientela che usufruisce di linee telefoniche su rete fissa e mobile bastano pochissimi dipendenti.

Si parla molto genericamente di sviluppo nei settori di tecnologia avanzata, ma non si citano né esperienze analoghe maturate all'estero né programmi concreti: in pratica, i proventi futuri di "ServiceCo" deriveranno ancora in massima parte dalla rivendita dei servizi di rete, offerti a tutto il mercato a condizioni paritarie dal nuovo gestore sostanzialmente monopolista delle reti di telecomunicazioni italiane, se dovesse acquisire oltre alla rete di TIM, "NetCo", anche quella di Open Fiber.

C'è un altro aspetto da considerare: con ogni probabilità, le bollette telefoniche aumenteranno. Non avendo clienti finali da tenere fidelizzati, il nuovo gestore di rete sarà assai propenso ad aumentare il prezzo di accesso ed interconnessione che viene pagato dagli operatori che invece si interfacciano con i clienti finali. Nella alternativa tra ridurre i propri margini di profitto, oppure ribaltare gli aumenti sui clienti, è assai probabile che sceglieranno questa seconda alternativa.

Il MEF sta cercando di ritagliarsi una posizione di minoranza di blocco, partecipando direttamente e con altri partner italiani alleati con il 35% alla iniziativa di KKR che sta procedendo acquisizione della rete di TIM: in proporzione, si dovrebbero mettere sul piatto complessivamente 7 miliardi di euro, di cui 4 da parte del MEF per avere in mano il 20% del capitale.

Anche in questo caso, come per il futuro delle attività da parte di "ServiceCo" di TIM, non si hanno elementi per valutare le strategie di sviluppo del MEF: è sicuramente una iniziativa volta ad assicurarsi un ruolo di controllo.

Anche in questo caso, mentre si sta cercando di sistemare una partita debitoria pregressa ed incombente per TIM, non c'è stata finora una chiara comunicazione al pubblico della strategia di sviluppo delle reti, ed in prospettiva della dismissione di quella in rame nelle aree in cui c'è una ampia disponibilità di fibra ottica, che viene perseguita da KKR, che invece ha fatto certamente conoscere i suoi piani alle banche (UniCredit, Crédit Agricole, Mediobanca, Bper, Bnp-Paribas, JP Morgan, Citi, Morgan Stanley, Bpm, Natixis e Bofa) che si sono consorziate per raccogliere 10,5 miliardi di euro necessari per finanziare buona parte dell'operazione di acquisizione e lo sviluppo degli investimenti negli anni futuri.

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