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08/02/2024

Il bond del G7 per pagare l’Ucraina con i soldi della Russia

Un mese fa Alexander De Croo, il primo ministro belga, aveva affermato che l’Occidente avrebbe dovuto lavorare a un meccanismo per utilizzare gli assets russi congelati. All’intenzione non ha fatto tardare una proposta, fatta circolare tra i paesi del G7, che già all’incontro del maggio scorso avevano espresso la volontà di far pagare alla Russia i danni della guerra in Ucraina.

Diversi funzionari del gruppo dei sette hanno informato il Financial Times di questa proposta, e due di loro hanno dichiarato che si sta valutando seriamente questa opportunità. Il che sarebbe un’altra seria ipoteca su qualsiasi soluzione diplomatica al conflitto nell’est Europa.

Il sostegno economico e militare all’Ucraina vacilla da mesi, tra difficoltà materiali e dirigenti politici sempre meno convinti della sua utilità – ma anche di ottenerne qualche vantaggio tra gli elettori dei propri paesi. Però, prima di abbandonare Kiev al proprio destino, vogliono cercare di allungare il più possibile il suo dissanguamento per indebolire Mosca.

L’idea di Bruxelles è appunto quella di utilizzare i quasi 270 miliardi di euro di assets russi congelati come garanzia per emettere dei «bond zero coupon», ovvero dei titoli i cui interessi saranno pagati tutti insieme alla fine del prestito. All’Ucraina potrebbero così arrivare un po’ di fondi, senza che i suoi sostenitori sborsino un solo centesimo.

Nessuno nasconde che, data la situazione ucraina, è difficile che il debito venga ripagato, portando così a un vero e proprio esproprio (parola proibita solo se si tratta di qualche patrimonio nostrano, a quanto pare) dei beni russi, dilazionato nel tempo.

Non c’è nessuna sentenza o trattato internazionale a legittimare una tale opzione, ma si sa che per l’Occidente il diritto internazionale vale solo se gli è favorevole.

Ma qui si trova la falla di tutta la questione. Quale investitore è disposto a dare soldi a un sicuro insolvente, le cui garanzie non sono legalmente a sua disposizione? È difficile che l’operazione vada in porto, ma ciò che infatti è davvero interessante è il dibattito interno alla filiera euroatlantica che la proposta ha portato allo scoperto.

È lo stesso Financial Times a dire che Washington sta spingendo per espropriare gli assets russi: da chi ha fatto lo stesso con più di 3 miliardi di riserve valutarie dell’Afghanistan, dopo averlo ridotto in macerie, non ci si può aspettare altro.

Molto più cauti sono i paesi UE, e non solo per i motivi legali, ma anche per nodi economici che metterebbero in crisi proprio uno degli strumenti principe dei suoi vincoli imperialistici.

Circa 191 miliardi del totale sono gestiti da Euroclear, un depositario che gestisce e smista i profitti e che ha sede a Bruxelles (da qui l’interessamento del suo esecutivo, che probabilmente spera di ottenerne qualche beneficio).

Tali beni sono per lo più in euro proprio perché, prima che la UE si riallineasse alla NATO, quando Macron la dava per morta, i russi trovavano nella divisa europea maggiori sicurezze (ossia meno decisioni politicamente arbitrarie “a sorpresa”) e l’euro poteva crescere come valuta internazionale.

È stato proprio Macron, insieme a Scholz, ad opporsi già in passato a una soluzione del genere, e le motivazioni sono chiare. Dalla Germania fanno sapere che sono disposti a trovare una formula per tassare i profitti generati dagli assets congelati (quasi 4 miliardi e mezzo di euro lo scorso anno), ma ci sono vari contenziosi in corso nei tribunali russi.

La proposta belga, dicono al Financial Times, è stata pensata come un compromesso, ma è di difficile attuazione e rimanda solo per un po’ il problema di cosa fare con i beni bloccati. E l’unico risultato che sembra produrre è quello di aumentare la tensione anche tra gli alleati occidentali, mentre cercano un modo per continuare a usare gli ucraini per indebolire Mosca.

Un’altra contraddizione in seno euroatlantico, in questo caso marginale – almeno per ora – ma sintomo delle difficoltà che la sua egemonia sta incontrando sempre più diffusamente.

P.S. Il tutto senza neanche considerare i problemi di “credibilità internazionale” del sistema euro in caso di sequestro degli asset russi. Perché mai, insomma, altri paesi – magari oggi alleati dell’Occidente, ma domani chissà... – dovrebbero depositare somme presso istituti europei che un giorno o l’altro, per decisione politica, potrebbero decidere di confiscarli? Ne aveva parlato, in relazione al dollaro, anche il premio Nobel Robert Shiller. Ma i dirigenti europei sembrano decisamente più stupidi...

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