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08/02/2024

Il veleno dell’Aspide

La missione militare-navale dell’Unione Europea nel Mar Rosso ha un nome sinistro: Aspides. Il serpente velenoso noto per essere stato lo strumento del suicidio di Cleopatra.

Alcuni “dettagli” della missione sono ancora da definire. I comandi militari europei stanno tutti sfoderando i pennacchi per avere il comando o un ruolo di rilievo nella gerarchia dell’operazione.

Il dibattito sul comando della missione Aspides è ancora aperto. “Spero che si possa trovare un accordo il 19 febbraio, nel prossimo Consiglio Affari Esteri e che la missione cominci ad essere operativa a fine mese, perché lì la situazione è critica” ha dichiarato il responsabile della politica estera europea Borrell – “Le navi non passano più per il Canale di Suez, fanno il giro dell’Africa, il che comporta più tempo, più costi e più rischi per tutti”.

Ma per l’Italia l’aver insistito e agito per il varo dell’operazione militare Aspide nel Mar Rosso ha una sua importanza particolare. In qualche modo corona le ambizioni – anche militari – coltivate negli ultimi anni.

In un documento ufficiale della Difesa del 2022 (“Strategia di difesa e sicurezza per il Mediterraneo”) veniva declinato in modo compiuto il concetto di Mediterraneo Allargato che ispira sostanzialmente l’avventura militare-navale dell’Italia nel Mar Rosso.

Il concetto di Mediterraneo allargato per l’Italia è stato attribuito per la prima volta nella storia dalla Marina Militare italiana durante gli anni '90 nell’ambito delle attività di studio dell’allora Istituto di Guerra Marittima (Igm). L’idea che il Mar Mediterraneo non sia uno spazio geopolitico chiuso e limitato al “mare interno” viene ritenuto inscindibile dalla Marina Militare poiché proprio da quegli studi elaborati dall’Igm è emerso come l’area risulti connessa al Mar Nero, al Mar Rosso, all’Oceano Indiano e ai golfi di Aden, Arabico e di Guinea, “originando un continuum geostrategico e geoeconomico che comprende la vasta area tra Gibilterra e Aden e include anche il Medio Oriente, l’Africa Centrale, fino all’Artico, quest’ultimo in considerazione delle sue mutanti condizioni geofisiche”. Insomma siamo in presenza di una visione del Mediterraneo assai più estesa e che proietta gli interessi strategici dell’Italia molto più in là delle relazioni con la sponda sud che avevano caratterizzato la vocazione mediterranea dell’Italia nei decenni della Guerra Fredda.

“La Difesa fa riferimento al concetto di Mediterraneo Allargato nella sua accezione più estesa: uno spazio geopolitico multidimensionale che comprende Paesi, culture e società differenti, ma strettamente interconnessi dal punto di vista economico e delle dinamiche securitarie, caratterizzato da crisi e problematiche locali i cui effetti riverberano sull’intera Regione” è scritto sul documento, il quale tende a chiarire che i confini del Mediterraneo Allargato sono assai più estesi del semplice Mare Nostrum al quale era stato fatto riferimento fino a pochi anni fa. Nelle ambizioni dell’Italia si tratta infatti di “una Regione che include aree immediatamente contigue al Mediterraneo “in senso stretto”, incorporando il Medio Oriente e il Golfo arabico e passando per la fascia del sub-Sahara, che dal Corno d’Africa, attraverso il Sahel, si estende al Golfo di Guinea: quadranti strategici che non incidentalmente sono il luogo prioritario della proiezione internazionale (missioni e operazioni) delle Forze Armate e l’oggetto principale dei nostri piani di cooperazione”.

In un passaggio successivo il documento della Difesa chiarisce, in ordine gerarchico di priorità, che “In questo quadro, così complesso e articolato, l’azione della Difesa italiana si prefigge di: tutelare gli interessi strategici e la sicurezza nazionale; proiettare stabilità negli scenari le cui dinamiche abbiano ricadute sull’Europa; contribuire alla politica di sicurezza delle Organizzazioni Internazionali di riferimento (NATO, UE e ONU); contribuire al rafforzamento delle istituzioni dei Paesi ove operiamo, garantendo lo sviluppo di capacità che consentano stabilità strutturale e sviluppo sostenibile, attraverso specifici piani di cooperazione. In questo senso il presente documento aggiorna e adegua la Strategia della Difesa per il Mediterraneo e si pone al tempo stesso l’obiettivo di rilanciare una dimensione militare più ampia, quale elemento fondamentale di resilienza e di rafforzamento del ruolo dell’Italia nello scenario internazionale”.

Nei primi tre obiettivi del documento della Difesa sono perfettamente leggibili le regole di ingaggio e gli obiettivi della missione militare-navale italiana nel quadro della operazione “Aspides” nel Mar Rosso.

Queste ambizioni non sono affatto una prerogativa del governo di destra della Meloni, il documento infatti porta la firma del ministro della Difesa di Lorenzo Guerrini (PD) durante il governo Draghi.

Ma la proiezione simultanea di un piano di penetrazione economica (Piano Mattei) e di una missione militare tesa a “mostrare i muscoli” come quella nel Mar Rosso, indicano un tentativo – della cui riuscita è ancora lecito dubitare – del capitalismo italiano sia di disegnarsi una propria area di influenza nel Sud del mondo sia di candidarsi ad un seggio nelle cabine di regia coordinate nel quadro dell’imperialismo statunitense ed europeo. Che questo possa avvenire “pacificamente” è da escludere. Ciò significa che assetti politici e assetti militari dell’apparato statale italiano ragionano e agiscono in modo completamente diverso dall’Italia delle missioni peacekeeping del passato. Se necessario si va in guerra e si bombarda – e se ne subiscono le conseguenze ovviamente – come tutti gli altri. L’intervista di uno dei leader del movimento Ansarallah delle Yemen a Repubblica lo ha chiarito molto esplicitamente.

Speriamo di risparmiarci in futuro i piagnistei sui “martiri di Nassirya”. Se vai armato e non invitato a sparare e bombardare in un altro paese è difficile aspettarsi tappeti di fiori.

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