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01/03/2024

[Contributo al dibattito] - Se a questi mancano le basi (militari)…

I numeri nell’immagine a sinistra riducono a barzelletta tanto le narrazioni sovraniste quanto quelle europeiste e se non si parte proprio da questi numeri ogni proposta politica che cerchi di presentarsi buona per l’Italia come per l’Europa, non può e non potrà mai avere nessuna credibilità.

L’Italia è, oggi più che mai, una colonia statunitense (lo ha detto persino Teresa Mannino a Sanremo) e l’Unione Europea un cartello di holding finanziarie e grandi banchieri che si accontentano di raccattare (per ora) quel che avanza dalla durissima competizione economica globale. Ma non basta più.

Non basta più inondare le economie di derivati, di junk bonds, di crediti facili al consumo: i margini si sono drammaticamente ristretti a tal punto che l’Europa dei padri fondatori “argine invalicabile al pericolo di guerre ed orrori simili a quelle/i prodottesi nel novecento e garanzia imperitura di pace per tutto il continente”, dopo essere caduta maldestramente nella trappola Ucraina, ora dice che bisogna, di nuovo, prepararsi a fare la guerra,

Direttamente, non più per procura.

D’altronde, dopo quelli statunitensi, anche i profitti dei fabbricanti d’armi europei si stanno moltiplicando in modo esponenziale: valanghe di miliardi dei bilanci di Stato vengono – rapidamente e senza alcuna discussione nei parlamenti – spostati dalle altre voci (in primis, dal welfare) alle spese militari. Chiedere in proposito ai lobbisti d’armi come Crosetto il quale si è fatto, addirittura, nominare ministro della difesa, pardon, della guerra.

È il vecchio trucco del capitalismo, negli USA lo praticano da almeno 40 anni: se l’economia dal lato dell’offerta langue perché i mercati non reggono i ritmi della sovrapproduzione, si alimenta artificialmente la domanda attraverso la spesa pubblica degli Stati che investono pesantemente in armi. E così gli azionisti che erano costretti ad accontentarsi di cedole modeste vedranno ricrescere i dividendi e saranno belli e contenti.

Prima è stato il banchiere Macròn a lanciare l’ipotesi di mettere sul campo in Ucraina i soldati dei paesi NATO. Poi, ieri, in un discorso al Parlamento europeo di Strasburgo, Ursula Von der Leyen ha dichiarato che “una guerra in seno all’Europa non è imminente, ma non è neppure impossibile”.

Praticamente una pre-dichiarazione di guerra. Crosetto ha subito rilanciato: l’Unione Europea sia veloce e meno burocratica nelle decisioni. Non vede l’ora...

Se non si chiudono le basi militari USA (in quella di Verona, negli anni Sessanta e Settanta, si organizzavano le stragi di civili e si addestravano neofascisti a tal fine) e se non si esce da quell’organizzazione criminale internazionale che, dal dopoguerra in poi, ha soltanto seminato morte, distruzione e miseria in ogni angolo della terra meglio nota sotto l’acronimo NATO (North Atlantic Treaty Organization), ogni nuovo o vecchio partito, ogni programma politico, ogni movimento di opinione è/sarà semplice operetta, avanspettacolo, vecchi e nuovi figuranti in cerca di una sistemazione.

Il problema non è cosa è la Russia, il problema è cosa stiamo diventando noi.

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