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11/04/2024

Medio Oriente. Il nucleare iraniano nel mirino

Ad alzare la tensione in un Medio Oriente, già a rischio escalation, è stata diffusa oggi la notizia che l’Iran starebbe aumentando rapidamente le proprie scorte di uranio arricchito, parte del quale sarebbe vicinissimo al livello di arricchimento necessario per l’impiego militare. A scriverlo è il quotidiano Washington Post, secondo cui Teheran potrebbe essere poco distante dalla realizzazione della sua prima testata atomica.

Lo scorso febbraio ispettori dell’Onu hanno visitato il complesso nucleare sotterraneo di Fordow. Secondo il quotidiano statunitense dal rapporto degli ispettori emergono indicazioni di un “allarmante cambiamento”. Le centrifughe iraniane per l’arricchimento dell’uranio starebbero lavorando a pieno regime, e l’impianto potrebbe presto arrivare a raddoppiare la propria capacità produttiva.

Ancor più preoccupante, secondo il Washington Post, è il fatto che a Fordow starebbe accelerando la produzione di una tipologia di uranio altamente arricchito prossimo a quello di livello militare (“weapons grade”), utilizzato per la produzione di testate nucleari.

L’Iran nega di volersi dotare di un’arma atomica, ma secondo il quotidiano statunitense le scorte di uranio altamente arricchito di cui il Paese dispone potrebbero essere convertite nel materiale necessario a produrre tre testate nucleari “nell’arco di poche settimane”.

Il Washington Post aggiunge però che di recente l’Iran ha diluito parte del suo uranio altamente arricchito, inviando un segnale della propria volontà di evitare escalation delle tensioni tramite “l’autoimposizione di limiti” alle proprie scorte di materiale fissile.

Dalle interviste con i funzionari dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) e con più di una dozzina di attuali ed ex funzionari dell’intelligence e della sicurezza statunitensi ed europei – che hanno parlato a condizione di anonimato per discutere di questioni sensibili – emerge l’idea che l’Iran starebbe avanzando lentamente ma con sicurezza, accumulando i mezzi per un’arma nucleare senza fare alcuna mossa palese per costruirne una.

Il giornale britannico The Guardian riporta invece che la scorsa settimana, Usa e alleati europei hanno lanciato l’allarme per la minaccia rappresentata dalla mancanza di cooperazione dell’Iran sul suo programma nucleare.

L’ avvertimento è arrivato in occasione della riunione trimestrale del consiglio dei governatori dell’Aiea, e il direttore dell’Agenzia, Rafael Grossi, ha persino ammesso che non c’è “continuità delle conoscenze sulla produzione e sullo stock di centrifughe, rotori, acqua pesante e concentrato di uranio”.

Anche il rappresentante russo presso le organizzazioni internazionali a Vienna, Mikhail Ulyanov, ha messo in guardia da una situazione “piena di pericoli” e che “rischia di finire fuori controllo”. Ma per il diplomatico russo, tutto va addebitato agli Usa che nel 2015 si ritirarono dall’accordo internazionale sul nucleare iraniano. Il Jcpoa era stato firmato come accordo decennale e il ritiro unilaterale degli Stati Uniti venne deciso da Donald Trump.

Occorre rammentare che nella regione l’unica potenza a disporre dell’arma nucleare è Israele, praticamente in condizione di monopolio. Nel 1981 Israele bombardò il reattore nucleare iracheno di Osirak per impedire il processo verso una “bomba araba”. Recentemente l’Arabia Saudita ha chiesto agli USA il via libera per un proprio programma nucleare come condizione per la normalizzazione dei rapporti con Israele. Ma Tel Aviv si è opposta furiosamente all’ipotesi.

I tentativi di creare un equilibrio della deterrenza in Medio Oriente sono finora falliti, così come le proposte di una conferenza regionale per il disarmo nucleare. In entrambi i casi a mettersi di traverso è stata Israele.

Tel Aviv infatti non ha firmato il Trattato di Non Proliferazione Nucleare e in questi decenni si è semplicemente limitata a negare di possedere armi nucleari. La cosiddetta comunità internazionale se l’è fatto bastare e non ha mai chiesto spiegazioni.

L’Aiea quindi non ha mai potuto inviare propri ispettori negli impianti nucleari israeliani, il più noto è quello di Dimona nel deserto del Negev, dove si stima siano stipate alcune decine di testate atomiche.

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