Ci vorranno altre 48 ore, con una serie di accordi tecnici e politici in
vista della riapertura dei mercati globali del lunedì, per capire
quanto e come potrà tenere l'accordo di Bruxelles di 23, forse meno,
paesi dell'Ue su 27.
L'accordo ha per adesso, poi i termini possono
cambiare, il significato di una piena vittoria tedesca su qualsiasi
ipotesi alternativa di uscita dalla crisi della zona euro.
Radicalizzazione delle politiche di tagli in ogni paese, lotta
all'inflazione, mancata garanzia europea ai debiti di un singolo stato.
Il sogno di buona parte dell'asse bancario-industriale tedesco. Non di
tutto l'establishment teutonico ma di una sua componente abbastanza
forte per farsi valere.
E' evidente che mezza maggioranza in
Germania, perchè neanche tutta la Cdu la pensa come la Merkel, ha avuto
la forza economica e finanziaria per imporre sul continente un patto
pensato secondo i desideri di Berlino. Per cui se l'euro fallisce la
Germania sceglierà di continuare la partnership con i paesi che avranno
saputo mantenere le regole di Bruxelles (tagli duri, politica di
bilancio centralizzata, severe multe automatiche a chi sfora i bilanci.
I desiderata tedeschi di sempre riproposti con monotonia). Tenendo
conto che dalla caduta del muro la Germania guarda più a est, verso la
Russia, in sede di integrazione economica di quanto si comprenda sulle
sponde del Mediterraneo. Basti vedere gli accordi sul gasdotto North
Stream che rendono Russia, Polonia e Germania economicamente più
integrate tagliando Bielorussia e Ucraina.
Se l'euro sopravvive,
anche se questo non coincide con la salute della popolazione europea,
invece una ventina di paesi europei avranno la vita regolata secondo il
german standard. Che si tratti di un accordo tra potenze forti, anche
se in difficoltà, e paesi succubi, piuttosto che un trattato di
politica continentale, lo mostra clamorosamente il fatto che Berlino e
Parigi sono esentate dal meccanismo automatico di multe in caso di
sforamento di bilancio.
L'Italia si è adeguata sull'attenti alle
misure proposte dalla vecchia capitale dell'impero borusso-germanico.
Dal quale, come per il financial times in lingua tedesca, spuntano
articoli che sembrano comunicati di vittoria. Mentre diverse aziende
europee stanno spostando capitali in Germania. Ma quale è la strategia
di Mario Monti in questo scenario?
Abbiamo un Mario Monti in
versione A e uno per il piano B. Quello in versione A, con una manovra
lacrime e sangue che prelude alle successive, si presenta in veste di
gauleiter. Attento ad eseguire gli ordini di Berlino finchè dalla
capitale tedesca lo si riterrà necessario. Mai Monti ha osato, da
quando è presidente del consiglio, contraddire pubblicamente la linea
della Germania. Anzi, al parlamento italiano ha ribadito la versione
tedesca, del tutto fantasiosa, del debito italiano come responsabilità
storica tutta nazionale. Come se l'euro esistesse da ieri.
Poi c'è
il piano B e qui arriva la versione caporale. La manovra lacrime e
sangue, specie nella tutela del grande capitale italiano e delle banche
nazionali, serve anche a tenere il piedi, dal punto di vista dei
poteri forti, questo paese in caso di espulsione forzosa dalla zona
euro.
Fare in modo quindi che il "risparmio", con le banche italiane
già garantite come da decreto salvaitalia, e i capitali tengano. Per
sostenere l'impatto di una inflazione, ovvero il killer dei capitali, in
caso di uscita dall'euro e di imposizione coatta di una lira
svalutata. Un costo del lavoro ridotto ai minimi termini dovrebbe poi
essere l'arma in più in mano alle classi dirigenti italiane in caso di
uscita dall'area euro. Giocando sulla forza delle esportazioni.
In
attesa dell'assestamento dell'accordo di Bruxelles, e qui bisogna
attendere almeno l'inizio della settimana prossima, pubblichiamo il report de l'inchiesta sugli accordi nella capitale belga. Una cosa è
certa: se continua così pagheremo caro, pagheremo tutto. Comunque vada.
Fonte.
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