Se vi hanno raccontato che quello del professorissimo Mario Monti sarebbe dovuto essere il governo del futuro e del cambiamento, ma Openpolis vi ha svelato che è il più vecchio della storia della repubblica italiana e dei Paesi dell’UE; se avete creduto che sarebbe stato il governo del miracolo
e della rinascita e che ci avrebbe salvati dalla crisi economica, ma
sfogliando i curricula del nuovo esecutivo vi siete accorti che è
composto in gran parte da insigni accademici e grandi scienziati della
finanza che non hanno mai detto una parola sul rischio
di questo scriteriato sistema economico globale, salvo poi accreditarsi
per risolvere i guai che esso ha creato; se sognavate che avrebbe
marcato una frattura rispetto alla squallida politica degli ultimi
vent’anni, ma avete sciaguratamente appreso che nomina ministri in pieno conflitto d’interessi e sottosegretari condannati e plurinquisiti; se, insomma, cominciate ad avvertire una leggerissima puzza di fregatura, allora è il caso che anche voi vi convinciate dell’assurdità di questo consenso sperticato ed unanime che si tributa al "sempre sobrio" Monti.
Salve rarissime eccezioni, stampa e politici si sono messe in fila per la proscinesi collettiva,
riportando alla memoria i dipendenti dell’azienda di Fantozzi che
scattano sull’attenti quando il Santo direttore entra in mensa. Chi osa
non dico dichiararsi contrario, ma finanche azzardare il benché minimo dubbio
sul fatto che questo governo di presunti tecnici messo su in tre giorni
sia davvero la soluzione migliore, viene guardato male, o tacciato di essere un pericoloso estremista, un complottista, un nemico della Patria perseguibile penalmente per vilipendio.
Eppure, la realtà dei fatti è evidente. Sono arrivati a risolvere la
crisi esponenti di spicco di un establishment politico-finanziario che
ci ha scaraventati nel baratro della stessa crisi. Quello che però è
ancora più assurdo è che la ricetta che tali esimi professoroni – non
solo Italiani – vogliono proporci per uscire da questa crisi di sistema è
di ristabilire e ricreare un sistema perfettamente uguale al precedente. Un sistema basato sulla finanza speculativa,
sul debito, sulle grandi speculazioni internazionali. Si propongono
misure correttive irrisorie – eurobond, intervento delle grandi banche
per acquistare titoli di stato… – ma si continua a ragionare in termini
di capitalismo e di liberismo sfrenato,
con Stati indebitati che si scambiano il debito con altri Stati
indebitati e le Banche Centrali (dalla Federal Reserve alla BCE) che vomitano soldi su soldi, creati ex novo, nelle casse delle istituzioni bancarie. Nessuno ha il coraggio di dire che questo sistema è fallito, e che bisogna trovare delle alternative.
Magari basterebbe guardare al nostro passato per scoprire qualche soluzione e ricordarci che questi totem intoccabili come Capitalismo e Globalizzazione
non hanno alcuna ontologica necessità. Noi oggi li consideriamo
indistruttibili, immodificabili, eterni e naturali come la neve, il sole
e il vento. Invece sono fenomeni nati in seguito a decisioni politiche.
E dunque è proprio la politica che potrebbe, se illuminata da ideali e
cultura adeguati, risolvere questi fenomeni che si sono rivelati dannosi
per la nostra esistenza. Continuiamo ad affidarci ai grandi della
Terra, ai tecnici. Pendiamo dalle loro labbra in attesa che vengano a
risolverci i problemi, ma non consideriamo un fatto: queste caste di economisti e magnati della finanza, impegnati a salvaguardare i loro interessi e a perpetrare i loro privilegi, non devono essere poi troppo interessate a ridistribuire la ricchezza e migliorare la condizione di vita dei popoli. Il loro matra è rimpinguare le loro casse.
E in questo sono bravissimi, visto che il 2% delle persone più ricche del pianeta detiene oltre la metà del patrimonio globale (la famosa champagne-glass distribution), mentre c’è un 60% di essere umani – quello più povero – che non arriva al 6% della ricchezza
di tutto il mondo. E se si confrontano i dati del 2008 con quelli di
oggi, ci si accorge che la crisi non ha fatto altro che aumentare il
divario tra i ricchi e i poveri. Tra il 50% dei benestanti e il 50% di
morti di fame, negli ultimi 3 anni il dislivello è aumentato del 40%.
Forse che Goldaman Sachs, il gruppo Bildeberg, la Commissione
Trilaterale e le altre banche/organizzazioni più o meno grandi da cui
sono stati riciclati i nostri nuovi governati hanno mai alzato un dito
per modificare questa follia economia che regola e governa il mondo? O
piuttosto non se ne sono serviti per aumentare i profitti, condannando 3 miliardi di persone a vivere con meno di 2 dollari al giorno?
È evidente che questo è un meccanismo economico fallimentare,
oltre che fallito, che ci sta portando sempre più velocemente verso la
povertà. Per ricostruire una società nuova non ci si può affidare agli
ostinati difensori di vecchi sistemi.
Fonte.
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