Giorgio Bocca se ne è andato, a 91 anni dopo averne viste e
fatte tante. Ci mancherà anche se non era comunista, anche se per
qualcuno, forse troppo miope, era anti comunista e sbagliava.
Basta leggere con cura le invettive scritte negli ultimi anni sul
Venerdì di Repubblica, basta leggere la sua indignazione verso una
forbice che si allargava fra chi più aveva e chi più era escluso. Bocca
era stato partigiano, comandante partigiano, e conservava ancora quel
lucido schierarsi quel decidere da che parte stare. Coglieva il fascismo
della seconda repubblica, non il ciarpame berlusconiano ma i dettagli
di una logica neoautoritaria in cui il lavoro non conta più in cui la
speculazione e la finanza muovono e decidono su tutto, in cui la
politica rinuncia al suo ruolo. Avesse avuto 30 anni di meno lo avremmo
forse visto in piazza e non certo dalla parte di Marchionne, con gli
studenti e non con la Gelmini, con i precari e non con i retaggi del
programma di Sacconi. Bocca restava soprattutto antifascista, nel sangue
e nell'occhio con cui guardava il mondo, il Paese e le sue miserie,
disprezzava tanto i governanti quanto la finta opposizione, parlava, lui
ultranovantenne, dell'importanza di salvare la terra come bene comune.
Scriveva su Repubblica solo grazie al fatto che di quel giornale aveva
fatto la fortuna, avesse avuto meno prestigio, lo avrebbero già sbattuto
fuori, troppo fuori dal coro, così poco adatto ai miasmi veltroniani.
Il suo giornalismo era partigiano, antifascista e laico e poco si sposa
con la palude quotidiana. Non piaceva a tanti Bocca, gli stessi che oggi
lo rimpiangono con lacrime false e fastidiosi omaggi, di quelli che
avrebbe scacciato con un calcio, da montanaro rude e diretto, privo di
doroteismo. Alcune sue idee erano frutto di pregiudizi assurdi, sul Sud,
sui giovani, ma nel piatto della bilancia pesa anche il fatto di aver
voluto, forse per primo, considerare la lotta armata non con le solite
frasi sbrigative ( problema di ordine pubblico) ma come segno di una
profonda inquietudine sociale che nasceva in fabbrica e entrava nelle
mutazioni delle città, delle metropoli, forse perché invece di limitarsi
a osservare, lui con i militanti delle BR ci parlava. Un giornalista
che ci mancherà, un partigiano in meno in un Paese che ha bisogno ancora
e molto di partigiani!
Fonte.
Nessun commento:
Posta un commento