Secondo numerosi rapporti di
organizzazioni umanitarie, di media occidentali e dell’ ONU, un gran
numero di manifestanti pacifici sono stati assassinati dalle forze
siriane dall’inizio dei disordini nel Paese a metà di marzo. Ma da dove
escono queste cifre?
Molti rapporti
sulla presunta repressione cruenta da parte del governo siriano non
citano la fonte delle loro informazioni e più volte fanno solo
riferimento a “gruppi di difesa dei diritti umani” o ad “attivisti”:
“Gruppi
di difesa dei diritti umani hanno affermato domenica scorsa che le
truppe hanno represso manifestanti pacifici uccidendo otto persone
nella provincia settentrionale di Idlib e altri quattro in zone
centrali vicino ad Hama. (Syrian Forces Kill 12 as ICRC Head Visits Damascus, 4 settembre 2011).
"Queste
manifestazioni rappresentano una sfida senza precedenti del presidente
Bashar Al-Assad e della sua famiglia che governa il Paese da più di 40
anni. I costi sono altissimi: molti cyberattivisti sono stati
imprigionati e, secondo gruppi di difesa dei diritti umani, almeno 200
persone sono morte” (Deborah Amos, Syrian Activist In Hiding Presses Mission From Abroad, NPR, 22 aprile 2011).
"Attivisti
dei diritti umani hanno informato Amnesty International che almeno 75
persone sono state assassinate oggi in Siria in importanti
manifestazioni […] Trenta persone sono state assassinate nel sud della
città di Izzra, 22 a Damasco, 18 nella regione di Homs e il resto in
altre città e paesi, hanno affermato gli attivisti […]" (Scores killed in Syria as 'Great Friday' protests are attacked, Amnesty International, 22 aprile 2011.)
In
certe circostanze, si può capire la necessità di rimanere “anonimi”
laddove si dice che la dissidenza rappresenta un pericolo di morte.
Tuttavia, questa posizione semina automaticamente il dubbio: le “cifre”
possono essere utilizzate per denigrare il governo come parte delle
operazioni coperte degli Stati od organizzazioni interessate a un cambio
di regime a Damasco. È chiaro che varie potenze straniere, tra le quali
Stati Uniti e Israele, vogliono da molto tempo abbattere il regime
siriano.
La fiducia che i mezzi di
comunicazione danno a queste informazioni di gruppi anonimi trasmette
una comprensione distorta delle manifestazioni in Siria, appoggiando il
più ampio obiettivo di destabilizzare il regime siriano.
Quando
informazioni sul numero di morti da fonti anonime vengono pubblicate da
un media dominante o da un organismo di difesa dei diritti umani
riconosciuto, queste informazioni sono trasmesse “come prove” da altre
fonti d’informazione o casse di risonanza, e questo senza alcuna
verifica. Inoltre, nei vari passaggi, l’informazione è soggetta alla
deformazione. Ecco qui un esempio di questo fenomeno:
"Il
gruppo di difesa dei diritti umani Amnesty International ha detto
venerdì scorso di aver registrato i nomi di 171 persone assassinate da
quando sono morti i primi manifestanti a Daraa il 18 marzo. Il gruppo si
è basato su informazioni fornite da attivisti per i diritti umani,
avvocati e altre fonti, e ha detto che la maggioranza della gente
sembrava essere stata assassinata a colpi d’arma da fuoco dalle forze di
sicurezza" (Protesters killed in southern Syria, Al Jazeera, 9 aprile 2011).
L’articolo precedente si basa sulla seguente dichiarazione:
"Dopo
la morte di almeno altre otto persone durante le manifestazioni,
Amnesty International ha segnalato oggi che almeno 171 persone sono
state assassinate durante le tre settimane di disordini sociali in
Siria. Oggi il numero di vittime degli scontri potrebbe aumentare
drammaticamente secondo i rapporti di attivisti dei diritti umani nel
Paese. Amnesty International ha registrato i nomi di 171 persone
assassinate. Le informazioni vengono da varie fonti compresi attivisti
per i diritti umani e avvocati" (Death toll rises amid fresh Syrian protests, Amnesty International, 8 aprile 2011.)
L’informazione
iniziale di Amnesty International (AI) afferma che “171 persone
sarebbero state assassinate”, questa informazione dimostra che anche se
si sono “registrati i nomi di 171 persone assassinate”, l’organizzazione
non è riuscita a confermare questa informazione. Al Jazeera omette
questa “incertezza” e descrive così come un fatto la supposizione che
171 persone sono state assassinate. Ecco un altro esempio di questo tipo
di deformazione:
"Nonostante la
promessa di porre fine alla repressione, le forze di sicurezza siriane
hanno continuato a reprimere i manifestanti antiregime, uccidendo almeno
18 persone giovedì scorso nella città di Homs (al-Jazeera)" (sic). (Jonathan Masters, Assad's Broken Promises, Council onForeignRelations, 3 novembre 2011).
Questa
analisi proviene dal Council on Foreign Relations (CFR), la famosa e
potentissima cassa di risonanza sulla politica estera degli Stati Uniti.
Si basa sul seguente articolo di Al Jazeera nel quale l’informazione a
proposito della strage è molto diversa:
"Decine
di persone sarebbero state assassinate giovedì scorso nella città di
Homs, il luogo dei maggiori scontri, quando le forze di sicurezza
siriane hanno bombardato zone residenziali con i carri armati. I
Comitati di coordinamento locale della Siria, un gruppo attivista che
monitorizza la sollevazione del Paese, ha detto che le morti segnalate
hanno avuto luogo giovedì scorso nel distretto di Bab Amor a Homs" (Syria “violence defies peace deal”, Al Jazeera, 4 novembre 2011.)
La
formulazione di Al Jazeera “sarebbero state assassinate” e “morti
segnalate” rivela che queste morti non sono confermate. Il media del
Qatar ha indicato anche che queste dichiarazioni vengono da una sola
fonte, cioè un gruppo di attivisti chiamato Local Coordination
Committees of Syria (Comitati di coordinamento locale, CCL). L’articolo
del CFR ha trasformato le supposizioni di Al Jazeera in fatti concreti.
Quando
si tratta di contare i morti, i mezzi di comunicazione citano spesso il
CCL come fonte d’informazione nei rapporti di assassini commessi dalle
autorità siriane, lo possiamo vedere nei seguenti esempi:
"Un altro gruppo di opposizione, i Comitati di coordinamento locale (Comités de coordination locaux),
ha dchiarato di non poter confermare il bilancio del Syrian Observatory
[Osservatorio Siriano] per quanto concerne le perdite militari, pur
avendo anch’essi definito la giornata di lunedì scorso come una delle
più sanguinose della ribellione, con la morte di almeno 51 civili. 'Non
abbiamo nessuna prova di quanto affermano', ha detto Omar Idlibi, un
portavoce dei Comitati di coordinamento locale" (Nada Bakri e Rick
Gladstone, Syria Faces New Threats as Opposition Seeks Allies, The New York Times, 15 novembre 2011).
"Secondo
la rete dell’opposizione, i Comitati di coordinamento locale, almeno
cinque persone sono state assassinate durante l’offensiva militare: tre
nella provincia centrale di Homs, una a Tall Kalakh, una città al
confine orientale, e un’altra a Idleb, lungo la frontiera con la
Turchia" (Roula Hajjar, Syria: Activists report manhunt for defectors and protesters, Los Angeles Times, 5 settembre 2011).
"Un
attivista della Syrian Revolution Coordinators Union (SRCU) [Unione
dei coordinatori della rivoluzione siriana] ha dichiarato ad Al Jazeera
che la polizia segreta ha cominciato a sparare e lanciare gas
lacrimogeni per disperdere più di 10.000 manifestanti a DeirEzzor,
nell’est tribale della Siria. Dieci manifestanti sono stati feriti e
circa 40 sono stati arrestati, ha affermato. SRCU è il nome dato questa
settimana a una delle reti popolari di opposizione in Siria. La SRCU
lavora in collaborazione con i Comitati di Coordinamento Locale (CCL),
un’altra rete di opposizione popolare" (Al Jazeera Live Blog – Syria, 3 giugno 2011).
"Almeno
2.200 persone sono state assassinate in Siria dall’inizio dei disordini
sociali secondo il bilancio delle Nazioni Unite. Un gruppo di attivisti
[la SRCU] ha affermato martedi scorso che solo durante il Ramadan, 551
persone sono state assassinate. Il gruppo ha dichiarato che altre 130
persone sono morte il 31 luglio, la vígilia del Ramadan, in un attacco
contro la città di Hama, che è stata anche lo scenario di una feroce
repressione nel 1982. Hanno ucciso quattro persone martedì a Hara e
altre due a Inkil, due città della provincia di Dara, secondo i Comitati
di Coordinamento Locale, un altro gruppo di attivisti che documenta gli
avvenimenti" (Naka Bakri, Syrian Security Forces Fire on Worshipers as Ramadan Ends, The New York Times, 30 agosto 2011).
L’ultimo
articolo cita un rapporto delle Nazioni Unite (ONU) come se si
trattasse di una fonte indipendente d’informazione. Tuttavia, secondo
uno dei suoi rapporti, anche l’ONU si basa sulla stessa fonte
d’informazione, il CCL, e indica in una nota di essere incapace di
confermare se le informazioni fornite da questo gruppo siano vere:
"Al
momento di scrivere questo rapporto, la missione aveva ricevuto più di
1.900 nomi e informazioni di persone assassinate nella Repubblica Araba
Siriana a partire dalla metà di marzo 2011. Tutte sarebbero civili.
Queste informazioni sono raccolte dai Comitati di Coordinamento Locale
attivi nella Repubblica Araba Siriana, che documentano i nomi delle
vittime e i dettagli su di loro. La missione non è in grado di
verificare queste informazioni in modo indipendente" (Report
of the United Nations High Commissioner for Human Rights on the
situation of human rights in the Syrian Arab Republic - A/HRC/18/53, 15 settembre 2011).
Cosa sono i Comitati di coordinamento locale (CCL)?
Secondo un articolo del Christian Science Monitor, il gruppo CCL
fa parte del Consiglio nazionale siriano (CNS), un’entità non eletta.
Anche se la maggioranza dei suoi membri vivono in esilio e i suoi membri
in Siria restano sconosciuti, si presenta il CNS come l’autorità
legittima della Siria ed è stato riconosciuto dal Consiglio Nazionale di
Transizione Libico, altro organismo non eletto riconosciuto dalle
potenze occidentali come rappresentante “democratico” del popolo libico.
I leader dell’opposizione siriana hanno creato formalmente il Consiglio Nazionale Siriano [CNS] (Conseil national syrien)
in un incontro domenica scorsa in Turchia che ha riunito i gruppi più
disparati che cercano di abbattere il presidente siriano Bashar Al-Assad
(président syrien Bachar Al-Assad).
L’Associated Press informa che il Consiglio include tra gli altri i Comitati di Coordinamento locale (Comités de coordination locaux)
che hanno organizzato la maggioranza delle manifestazioni nel Paese, ai
Fratelli Musulmani siriani e ad altri gruppi kurdi. Quasi la metà dei
membri [del CNS] sono attualmente in Siria secondo il Washington Post, rispondendo così alla grande preoccupazione che il Consiglio contarebbe troppo sugli esiliati. (Ariel Zirulnick, Syrian oppositon groups formally unify overcoming key hurdle, 3 ottobre 2011).
Il
CCL è piuttosto anonimo. ll gruppo ha rifiutato un’intervista per
telefono ma ha accettato di rispondere ad alcune domande per e-mail. Si
afferma che per ragioni di sicurezza il numero dei membri
dell’organizzazione non può essere rivelato, ma si indica che 13 di loro
sono membri del CNS. “Abbiamo abbastanza membri per organizzare una
manifestazione sul terreno, per i mezzi di comunicazione e per i gruppi
di soccorso”.
I membri sarebbero di
provenienze diverse e di tutte le fasce d’età; alcuni opererebbero in
Siria, altri all’estero. Il CCL segnala che in Siria come in altri Paesi
i suoi membri sono stati minacciati, arrestati e torturati dalle
autorità siriane.
Come sono diventati
una fonte d’informazione per i mezzi di comunicazione stranieri? Perché
forniscono fatti credibili, afferma il portavoce.
Qual
è l’obiettivo finale del CCL? “Il nostro obiettivo è cambiare il regime
siriano e come prima tappa vogliamo porre fine al mandato dell’attuale
presidente, il quale è politicamente e legalmente responsabile di
crimini commessi dal suo regime contro il popolo siriano. Poi vogliamo
trasferire il potere in modo sicuro”.
In
conclusione, il CCL vuole un cambio di regime in Siria e sembra
costituire la fonte principale d’informazione per i mezzi di
comunicazione occidentali e le organizzazioni umanitarie. Anche se
questo gruppo di opposizione afferma di fornire “fatti credibili”, non
esiste nessun mezzo per verificare questi fatti. I presunti fatti
potrebbero perfettamente essere propaganda per screditare il regime
attuale e per galvanizzare l’opinione pubblica a favore del cambiamento
di regime che il gruppo desidera realizzare.
Anche
se il portavoce ha rifiutato di rivelare i nomi dei membri del gruppo,
alcuni sono apparsi sui mezzi di comunicazione dominanti. Uno dei membri
o collaboratori è Rami Nakhle, un cyberattivista che vive in esilio a
Beirut, in Libano.
“Oggi, dopo 98 giorni di proteste, vive nella negazione”, dichiara Rami Nakhle, un siriano che lavora a Beirut con i Comitati di coordinamento locale,
un centro di interscambio per le manifestazioni e le attività
dell’opposizione siriana. “Ora è ovvio per tutti che Bashar Al-Assad non
può cambiare. Non si rende conto che la Siria è cambiata per sempre, ma
continua ad essere lo stesso presidente, quello che abbiamo ascoltato
per l’ultima volta ad aprile” (Nicholas Blanford, Assad’s speech may buy time, but not survival, The Christian Science Monitor, 20 giugno 2011).
Secondo NRP, l’attivista ha un rapporto privilegiato con Al Jazeera:
"Quando il canale arabo Al-Jazeera trasmette le ultime notizie, le immagini provengono dalla rete di Nakhle. (Deborah Amos, Syrian Activist In Hiding Presses Mission From Abroad, 22 aprile 2011).
È opportuno segnalare qui che Al Jazeera ha svolto un ruolo chiave nella promozione di un cambiamento di regime in Libia.
La cyberdissidenza
CyberDissident.org,
una pagina web presentata dal Bush Center come una “Voce della libertà
on line” dipinge un ritratto di Nakhle che non può non ricordare gli
altri ritratti simili sulla stampa mainstream, i quali lo descrivevano
unicamente come fosse un cyberdissidente, come se non avesse mai avuto
altra occupazione. Rami Nakhle è un
cyberdissidente di 27 anni. Il suo utilizzo dei mezzi di comunicazione
sociale per diffondere informazioni sulla rivoluzione siriana ha
richiamato l’attenzione delle autorità siriane, per questo è fuggito in
Libano nel gennaio 2011. Negli ultimi tre anni ha lavorato con lo
pseudonimo di Malath Aumran. Anche se la polizia segreta siriana ha
scoperto la sua vera identità, continua ad utilizzare questo pseudonimo
perché chi lo segue in rete lo continui a riconoscere.
Nonostante
queste minacce da parte del governo siriano, Nakhle continua a lavorare
clandestinamente e continua a fare campagne per la libertà su Facebook,
Twitter e fa interviste senza restrizioni con i mezzi di comunicazione
più importanti come la BBC e il New York Times. (Cyber Dissident Datebase).
Il governo statunitense e organizzazioni non governative come Freedom House, che lavora per la CIA, sono importanti promotori della cyberdissidenza:
Dissidenti
politici di Cina, Iran, Russia, Egitto, Siria, Venezuela e Cuba si
recheranno a Dallas per unirsi ai fellows dell’Istituto George W. Bush,
agli esperti di Freedom House, ai rappresentanti del Berkman Center for
Internet and Society di Harvard, ai membri del governo statunitense e ad
altri leader in questo campo per discutere i successi e le sfide dei
movimenti globali della dissidenza politica in Internet.
L’Istituto
George W. Bush ha annunciato oggi [30 marzo 2010] che sarà l’anfitrione
il 19 aprile 2010 di una conferenza sui cyberdissidenti, in
collaborazione con l’organizzazione per i diritti umani FreedomHouse. (George
W. Bush Institute and Freedom House to Convene Freedom Activists, Human
Rights and Internet Experts to Assess Global Cyber Dissident Movement, Business Wire, 30 marzo 2011).
Rami Nakhle non nasconde il suo interesse per le organizzazioni statunitensi. Sulla sua pagina Facebook,
compare la seguente lista di “interessi”: National Democratic Institute
(NDI), presieduto da Madeleine Albright, Human Rights Watch e
l’ambasciata degli Stati Uniti a Damasco.
L’interesse
del cyberattivista per queste organizzazioni mostra chiaramente da che
parte sta, così come il membro del CNS, Radwan Ziadeh, vecchio fellow
del National Endowment for Democracy, altra organizzazione conosciuta
per i suoi legami con la CIA.
In un’intervista al Guardian,
il cyberdissidente dice di essere stato minacciato dalla polizia
segreta sulla sua pagina Facebook. È possibile, tuttavia si tratterebbe
di una tattica inusuale per la polizia segreta, che in generale, come
indica il suo nome, agisce segretamente. Questa minaccia sembra
piuttosto propaganda nera: gente contraria al regime cercano di dare una
cattiva immagine delle autorità siriane. Una specie di “cyberoperazione
sotto false bandiere”, destinata ad essere vista da tutti.
La
“sollevazione siriana” sembra essere una copia degli avvenimenti di
Libia, che hanno favorito un intervento della NATO e hanno portato a un
cambiamento di regime. La stampa dominante ha ancora una volta una fonte
principale d’informazione, cioè il gruppo di opposizione. I mezzi di
comunicazione ignorano le perdite militari e omettono di dire che nel
gruppo di manifestanti si trovano uomini armati, che arrivano a 17.000
persone, stando a un rapporto dell’International Institute for Strategic Studies.
Un gruppo non eletto come il CNS viene presentato paradossalmente come
un movimento democratico, e gli viene accordata credibilità e la più
ampia copertura mediática.
Un articolo da tenere bene a mente quando finanzieremo l'ennesima missione di pace all'estero nell'indifferenza totale del popolo pacifista della domenica.
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