Damasco, 24 dicembre 2011, Nena News – Verso le 10 di mattina
sentiamo un’esplosione. Il rumore non e’ fortissimo ma abbastanza
chiaro. Ci precipitiamo sul tetto della nostra casa in citta vecchia.
Dopo pochi minuti una nuova esplosione seguita da spari di armi da
fuoco. Si vede del fumo bianco provenire dal centro della citta moderna,
direzione Kafar Souseh. Ci sono altre persone affacciate alle finestre e
ai balconi delle case circostanti. Nella piazza vicino casa si nota un
crocicchio di 5 uomini con giacca di pelle scura e pantaloni neri, la
divisa inconfondibile degli uomini del mokhabarat, i servizi di
sicurezza. Per paura di essere notati, i curiosi rientano nelle case.
Iniziano ad arrivare le prime notizie sulla TV siriana. Stessa breaking
news su Syria News, il canale di stato, su Dunia, il canale satellitare
di Rami Makhlouf, cugino del presidente. Parlano di due attacchi
terroristici, due esplosioni che hanno colpito il quartier generale
della sicurezza nazionale (Ahm Dawlia) ed una branca della stessa
sicurezza nazionale poco distante e, dopo appena qualche minuto, gia’
attribuiscono la responsabilita’ degli attentati ad Al Qaeda. Piu’ tardi
specificheranno che due giorni prima erano giunte avvisi di
infiltrazioni di Al Qaeda dal Libano. La TV statale mostra immagini
raccapriccianti di corpi divelti, pezzi di cervello, braccia e gambe,
afferma che ci sono vittime civili ma non fornisce numeri. Usciamo per
strada in citta’ vecchia, e’ venerdi, quasi tutti i negozi sono chiusi,
pochissime persone per strada, atmosfera piu’ cupa del solito ma la vita
continua a scorrere. Ormai sono rimasti pochissimi stranieri in citta’,
si viene identificati facilmente. Nel pomeriggio la TV parla di 35
persone, 10 agenti della sicurezza e 25 civili, uccisi dall’esplosione
di due autobombe, e di varie decine di feriti. Un servizio mostra il
viceministro degli esteri siriano accompagnato dal capo della prima
delegazione di osservatori della Lega araba che si recano sul luogo
degli attentati. I primi osservatori, incaricati di preparare l’arrivo
della resto della missione come prevede il protocollo siglato tra la
Siria e la lega araba, sono giunti a Damasco giovedi ed i restanti
osservatori si attendono entro la fine del mese. In serata il numero
delle vittime salira’ a 44 ed un centinaio di feriti.
Circolano molte domande sulla tempistica – proprio il giorno dopo
l’arrivo dei primi osservatori della lega araba – e le modalita’ degli
attentati. Ahmad, un oppositore, afferma subito che gli attentati sono
stati organizzati dallo stesso regime per mostrare alla Lega Araba
l’azione di bande di terroristi, e cosi’ provare la propria tesi
sostenuta dall’inizio della rivolta. “Ci sono tanti punti oscuri”
afferma Ahmad “perche’ e’ salito solo fumo bianco se l’esplosione ha
carbonizzato corpi e distrutto macchine? Perche’ gli spari dopo
l’esplosione e tra chi? Il numero delle vittime e’ alto se si pensa che
solitamente di venerdi mattina in quella zona della citta’, sede di
molti uffici, non vi e’ molto traffico. Al Qaida non ha una storia di
intervento in Siria”, Ahmad non esclude le ipotesi piu’ terribili, ad
esempio che le vittime siano state forzosamente “concentrate” nel luogo
dell’esplosione o che si tratti addirittura di cadaveri di oppositori.
“Per questo regime le vite umane non contano, puo’ sacrificarne decine
anche dalle proprie fila” continua Ahmad. Riad Assad, il comandante
dell’Esercito Libero Siriano basato in Turchia, condanna gli attentati e
ne attribuisce la responsabilita’ al regime. “Noi non abbiamo questa
capacita’ ed interveniamo a difesa dei manifestanti” dichiara ad
Aljazeera.
Nella tarda mattinata inziano a comparire sulle TV panarabe Aljazeera
e Alarabya, come ogni venerdi’ da oltre 10 mesi ormai, le immagini
delle manifestazioni contro il regime riprese dai mediattivisti
dell’opposizione. Questo venerdi’ e’ stato intolato dagli oppositori “il
Protocollo (della Lega Araba n.d.r.) ci uccide”, secondo i quali il
protocollo della Lega Araba firmato dalla Siria (dopo aver ottenuto
alcune modifiche) ha solo l’obiettivo di far guadagnare tempo al regime
che continua la repressione. “Prima c’erano 20 vittime al giorno, dopo
il protocollo sono 100” c’e’ scritto su uno striscione di una
manifestazione ad Homs, roccaforte delle proteste. Burhan Ghalioun,
presidente del Consiglio Nazionale Siriano, raggruppamento
dell’opposizione basato all’estero, ha affermato che il regime sta
recitando e ha richiesto l’intervento del Consiglio di Sicurezza
dell’ONU per proteggere i civili. Sono almeno 20 le vittime civili della
repressione delle manifestazioni di venerdi’ secondo gli attivisti.
Gli attentati di Damasco – primi di questo tipo negli oltre 10 mesi
di rivolta in Siria – potrebbero segnare un pericoloso salto di qualita’
nella crisi siriana, incamminata verso un futuro incerto e fosco.
Tornano in mente le parole ascoltate la scorsa estate da un diplomatico
occidentale di lungo corso in Siria “non sono ancora ricorsi ad
attentati terroristici e bombe come in Iraq” ed un mese fa da un
giornalista che, dopo un’intervista con i rappresentanti dell’esercito
libero siriano, riferiva di evoluzioni importanti prima di Natale.
Ahmad, di nuovo, ha pochi dubbi sul futuro: “tra qualche mese qui in
Siria sara’ come in Libia”. Nena News
Fonte.
Non avrei scommesso un centesimo su uno sviluppo così intricato e funesto della crisi siriana che personalmente mi pare s'incammini su un sentiero potenzialmente in grado di unire il peggio della quotidianità irachena e libica.
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