Imbranata nel salvare chi è nei guai – la crisi greca poteva essere risolta subito, se solo la Germania non avesse frenato la Bce – ma poi bravissima nel sovvertire la democrazia.
L’Unione Europea? «Efficace e spietata quanto una ben rodata
associazione a delinquere». Parola di Marshall Auerback, economista del
Levy Institute di New York. Indignato per la doppia liquidazione,
pressoché contemporanea, di Papandreou e Berlusconi,
sostituiti da euro-burocrati non eletti e cresciuti nel vivaio della
famigerata Goldman Sachs. Papademos e Monti? Due perfetti esemplari
della «“mafia
finanziaria” che ha distrutto il pianeta a partire dal 2008», ora al
comando di Grecia e Italia con un unico mandato: far pagare alle
famiglie il disastro dell’economia drogata dai finanzieri che dominano Bruxelles.
«In appena due settimane – scrive Auerback sul blog “New Economic Perspectives”, ripreso da “Megachip” – gli eurocrati sono riusciti ad eliminare
due seccanti leader eletti, le cui azioni osavano interferire con il
loro più ampio piano di finalizzazione del “Progetto Europeo”: un
progetto che, a dirla chiara, somiglia molto a un golpe finanziario».
Primo obiettivo, la Grecia: che ha «fatto da modello» per poi passare
all’Italia. Il fatale “errore” di George Papandreou? «Ha avuto l’ardire
di cercare il consenso popolare tramite referendum», per le riforme che
avrebbero sconvolto la società ellenica. Risultato: le «petulanti
reazioni» della Merkel e di Sarkozy, giunti ad attuare «pressioni e
minacce» nei confronti del loro alleato democratico di Atene,
«intervenendo spudoratamente negli affari interni» della Grecia.
E chi spunta, alle spalle del leader greco dimissionato da Bruxelles?
Lucas Papademos, proveniente dalla Goldman Sachs e poi dalla Bce.
Missione: infliggere ai greci l’ultimo set di “riforme strutturali”,
destinate a condannare Atene ad una deflazione ancora più profonda.
«Sicuramente le privatizzazioni andranno avanti», e a ridere saranno «i
rapaci oligarchi greci, grandi evasori fiscali: saranno loro ad
approfittarne, a prezzo di saldo, presumibilmente coi soldi che hanno
nascosto offshore nel mercato mobiliare londinese o nelle banche
svizzere». Grazie alla scure di Bruxelles, i grandi predatori della
Grecia avranno ancora più potere, mentre «la stragrande maggioranza dei
greci soffrirà orribilmente». Per le famiglie, nessuna speranza:
«Suicidarsi, o presentarsi davanti al plotone di esecuzione». Ma c’è di
più: «Goldman Sachs guadagnerà sostanziali commissioni dall’aiutare il nuovo governo a mettere all’asta gli asset dello Stato».
Attraversato lo Ionio, ecco che il tandem “Merkozy” si aggiudica
anche il secondo round: eliminare la loro «fastidiosa nemesi» chiamata
Silvio Berlusconi,
che giustamente aveva denunciato il «rude stratagemma politico» messo
in atto dalla Bce contro di lui, ovvero l’accettazione da parte di
francesi e tedeschi degli «irrazionali e controproducenti programmi
fiscali di austerità in cambio del “supporto” di gente del calibro
dell’Fmi», i dirigenti del Fondo Monetario Internazionale responsabili,
per dire, della catastrofe dell’Argentina. «A Roma – scrive Auerback –
questo gioco di potere franco-tedesco è stato supervisionato da un
astuto ex comunista, il presidente Giorgio Napolitano», che da lungo
tempo «stava architettando» di far succedere al Cavaliere «un eurocrate
di vecchia data, Mario Monti».
Date uno sguardo al background del neo-premier “tecnico”: Monti, dice
Auerback, è «un “ergastolano” virtuale all’interno delle strutture
tecnocratiche che governano l’Unione Europea, il tutto mescolato con
alcune esperienze nel settore privato come amministratore di entità come
la Coca Cola e, naturalmente, come advisor internazionale per
Goldman Sachs». Nessuna illusione: «Quel che sta prendendo piede non è
altro che un colpo di Stato finanziario da parte delle classi di rentier
dell’Eurozona». Come siamo arrivati a questo punto? Colpa di un «vasto
progetto», coltivato per decenni da «una manciata di burocrati non
eletti da nessuno». Jacques Delors? Non ha agito da solo: «L’intero
progetto europeo è stato guidato in maniera sempre crescente da questi
non-eletti eurocrati in pianta stabile, che si sono scambiati le
posizioni dentro e fuori le strutture di governo dell’Ue,
e hanno speso qualche anno per avere i requisiti allenandosi presso il
settore privato in posti come Goldman Sachs o Jp Morgan».
Il primo leader europeo ad essere “messo al guinzaglio”
dall’euro-élite, scrive l’economista americano, è stato il francese
François Mitterrand all’inizio degli anni ’80: voleva attuare una
genuina economia
progressista per la Francia, ma fu «prontamente messo a repentaglio,
fino a che non imparò a “collaborare” con i poteri che stanno nascosti
dietro il trono». Le regole del gioco? Sempre le stesse: i commissari
europei emanano diktat, mettendo popoli e governi di fronte al fatto
compiuto. E se qualcuno protesta e ricorre all’arma del referendum, come
l’Irlanda, Bruxelles prima ignora il risultato democratico e poi
“convince” gli «sciocchi contadini» e votare daccapo, ma «nella maniera
giusta». O, come nel caso greco, si sbarazza del leader eletto ancor
prima che possa tentare la via del referendum.
Papandreou, sostiene Auerback, è stato cacciato dal super-potere di
Bruxelles che ha «imposto una punizione collettiva al popolo greco a
causa di decenni di corruzione interna al sistema, malgrado il fatto che
il primo ministro avesse fatto pulizia». Fare della Grecia una moderna democrazia
funzionante è stata la ragion d’essere dell’ingresso in politica di
Papandreu. Ma gli stessi oligarchi parassitari di Atene «hanno visto
nella sua azione un attacco frontale al loro controllo dell’economia greca». Sono stati loro, i parassiti della finanza
greca, a combattere Papandreou per distruggerlo politicamente, «fino a
spingere la Grecia ad un passo dall’essere uno Stato fallito.
E così, la Grecia è diventata un «comodo modello»: poteva essere
facilmente salvata, rappresentando appena il 2,5% del Pil europeo, ma il
super-potere ha ritenuto più conveniente “mettere in piedi” una crisi
che, all’occorrenza, si rivela perfetta per «liberarsi di seccanti
uomini politici che non fanno ciò che gli era stato detto di fare: nella
sostanza, di abbracciare la “cultura della stabilità” che la Germania
continua ad invocare, ma che in realtà non è altro che il consolidamento
del controllo dei rentier sui vari governi». Da Atene a Roma,
il passo è stato breve: la Bce ha provveduto sì a comprare i bond
italiani, «ma in maniera molto fredda e certamente non sufficiente ad
arrestare l’incessante rialzo dei tassi d’interesse». E’ stato Mario
Draghi, già dirigente della Goldman Sachs, il killer politico di Berlusconi:
nascondendosi dietro «dubbi tatticismi legali», ha avvertito che la Bce
«non avrebbe agito da prestatore di ultima istanza», costringendo così
il premier italiano «in una posizione nella quale le sue dimissioni
erano l’unica azione per salvare il Paese da un’immediata crisi finanziaria».
Berlusconi
era anche un facile obiettivo, ammette Auerback, «data la sua
pittoresca e dubbia storia privata». Ma il suo successore, Mario Monti,
«è un perfetto esattore del pizzo agli occhi degli oligarchi finanziari
d’Europa», che l’economista newyorkese chiama «sicari», nascosti nel
«fangoso e opaco mondo» dell’alta finanza.
Che ora pretende una sola cosa: «Implementare le politiche di austerità
sulle povere famiglie dei lavoratori per salvare il settore finanziario
da una deflazione del debito». Per Auerback, è «una crisi
artificiale, creata a causa dall’architettura dell’Eurosistema che,
come sappiamo, era stata celebrata da questi stessi “mercati” finanziari
quando l’euro fu lanciato nel 1999». Ancora oggi, «tristemente»,
moltissimi italiani «vedono nell’euro la loro salvezza da un passato di
corruzione», mentre gli euro-potenti si preparano a schiacciarli sotto
lo stivale dell’austerità, voluto «da un’élite irresponsabile». Tempi
duri: «Non c’è di che stupirsi se le strade di Madrid, Atene e Roma
stanno cominciando a infiammarsi».
Fonte.
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