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16/12/2011

Siamo in piena Shock economy


Questo è un passaggio di un discorso di Mario Monti, molto tempo prima della sua investitura alla presidenza del Consiglio:

« Nei momenti di crisi più acuta: progressi più sensibili. Non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di gravi crisi per fare passi avanti. I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessioni di parti di sovranità nazionali a un livello comunitario. E’ chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini a una collettività nazionale possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle perché c’è una crisi in atto, visibile, conclamata. […] Abbiamo bisogno delle crisi per fare passi avanti, ma quando una crisi sparisce rimane un sedimento, perché si sono messi in opera istituzioni, leggi eccetera per cui non è pienamente reversibile. »


 Questo un passaggio di tale Mr. Six, di Moody's, apparso in un servizio del TG7 questa sera:
« C'è bisogno di un nuovo shock perché l'Europa marci coesa [verso l'unificazione], ad esempio il fallimento di una banca tedesca »

Da Wikipedia, alla voce Shock economy:

« Shock economy è un saggio della giornalista canadese Naomi Klein, pubblicato nel settembre del 2007. Il libro studia gli effetti e le applicazioni delle teorie liberiste di Milton Friedman e della Scuola di Chicago in diversi Stati del pianeta, dagli anni sessanta fino al 2007. La tesi principale sostenuta dall'autrice è che l'applicazione di queste politiche (che prevedono privatizzazioni, tagli alla spesa pubblica e liberalizzazioni dei salari) sia stata effettuata sempre senza il consenso popolare, approfittando di uno shock causato da un evento contingente, provocato ad hoc per questo scopo, oppure generato da incapacità politiche o da cause esterne. Inoltre l'effetto dell'applicazione di queste teorie è stato la crescita della disoccupazione e il generale impoverimento della popolazione. »

C'è bisogno di aggiungere altro?


Una cosa da aggiungere ci sarebbe, quello odierno sì chiama fascismo. 

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