I grandi d’Europa sono in difficoltà nella nuova stagione della
globalizzazione. E’ uno dei passaggi della lettera inviata dal capo
dello Stato, Giorgio Napolitano, alla rivista Reset e pubblicata oggi da Repubblica. Quella che arriva dal Quirinale è
un’analisi a 360 gradi su ciò che sta avvenendo sulla scena italiana e
internazionale. Per il presidente della Repubblica, dopo il ’45 e l’89
”siamo ora giunti, in special modo in Europa, a un terzo appuntamento
con la storia: quello del calare il nostro processo di integrazione nel
contesto di una fase critica della globalizzazione” e questa volta “le
leadership europee appaiono in grande affanno a raccogliere la sfida”.
Napolitano ha poi analizzato la lezione di Einaudi, prendendo spunto dalla domanda dello storico inglese Tony Judt
sui giganti di un tempo e i pigmei di oggi nella politica europea.
Nella “crisi incalzante dell’euro”, è il parere di Napolitano, le
leadership europee oggi “appaiono palesemente inadeguate anche a causa
di un generale arretramento culturale e di un impoverimento della vita
politica democratica, che hanno congiurato nel provocare fatali
ripiegamenti su meschini e anacronistici orizzonti e pregiudizi
nazionali”. Parole dure quelle del capo dello Stato, secondo cui è
“particolarmente acuta oggi per le forze riformiste l’esigenza di
perseguire nuovi equilibri, sul piano delle politiche economiche e
sociali, tra i condizionamenti ineludibili della competizione in un
mondo radicalmente cambiato e valori di giustizia e di benessere
popolare, divenuti concrete conquiste in termini di diritti e garanzie
attraverso la costruzione di sistemi di Welfare State in Italia e in Europa”.
Napolitano, poi, è tornato sulla questione italiana,
sostenendo che “con i Trattati di Roma del 1957 e la nascita del Mercato
Comune – ha scritto il capo dello Stato -, furono riconosciuti e
assunti dall’Italia i fondamenti dell’economia di mercato, i principi
della libera circolazione, le regole della concorrenza; quelle che ancor
oggi vengono denunciate come omissioni o come chiusure schematiche
proprie della trattazione dei ‘Rapporti economici’ nella Costituzione
repubblicana, vennero superate nel crogiuolo della costruzione
comunitaria e del diritto comunitario. Ora che a minare la sostenibilità
di quella grande e irrinunciabile conquista che è stata la creazione
dell’euro – ha spiegato Napolitano - concorre fortemente la crisi dei
debiti sovrani di diversi Stati tra i quali l’Italia, è diventata
ineludibile una profonda, accurata operazione di riduzione e selezione
della spesa pubblica, anche in funzione di un processo di
sburocratizzazione e risanamento degli apparati istituzionali e del loro
modus operandi”. Su questo punto, Napolitano non ha risparmiato
critiche: “Tale discorso – ha detto – non può non investire le
degenerazioni parassitarie del ‘Welfare all’italiana’,
rifondando motivazioni, obiettivi e limiti delle politiche sociali,
ovvero rimodellandole in coerenza con l’epoca della competizione globale
e con le sfide che essa pone all’Italia”.
Fonte.
Bisogna essere proprio delle facce da culo per sproloquiare di "degenerazioni parassitarie del welfare italiano" avendo alle spalle 60 anni di carriera politica spesa a mungere la tetta pubblica.
Da evitare anche le lezioni d'economia da uno che ha messo in scena un educatissimo colpo di stato per piazzare al governo un usuraio in sostituzione di un puttaniere.
Caro presidente, ma levati dai coglioni!
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