Duro colpo per il governo. Un tribunale amministrativo boccia alcuni
importanti articoli della riforma del sistema mediatico. La destra
esulta e scatena la guerra contro la riforma della giustizia promossa
dalla presidente Cristina Fernandez de Kirchner.
Nuovo colpo di scena a Buenos Aires nel lungo e travagliato
cammino della riforma dei media. La Prima Sala della Camera civile e
commerciale federale ha infatti giudicato incostituzionale alcuni punti
chiave dell’articolo principale della “Ley de Medios”, il provvedimento
governativo che mira a impedire la concentrazione di giornali, tv
satellitari e via cavo nelle mani di pochi grandi proprietari, e che
concede una parte consistente delle licenze ai media comunitari e
no-profit.
La corte ha stabilito che l’articolo 45
della ‘Ley de Medios’ imporrebbe un “regime discriminatorio” favorendo i
media statali e i gruppi che fanno affari con lo Stato a detrimento di
quelli privati. La corte giudica incostituzionale anche parte
dell’articolo 48, quello secondo il quale la molteplicità delle licenze
acquisite da un gruppo mediatico in passato non sarebbe stata
considerata un diritto acquisito per sempre di fronte a nuove norme. Un
articolo che teoricamente permetterebbe al governo e all’autorità di
controllo sui media prevista dall’esecutivo di togliere ad alcuni grandi
gruppi privati delle concessioni rilasciate in passato. I giudici hanno
ritenuto invece compatibili con il dettato Costituzionale gli articoli
161 - che stabilisce il tempo limite di un anno per adeguarsi alla legge
- e il 41 - che enumera le regole generali del trasferimento delle
licenze.
La decisione rappresenta un duro colpo per
il governo di Cristina Fernández de Kirchner, impegnato in un durissimo
braccio di ferro con il potente gruppo Clarín e con altre multinazionali
dell’informazione iniziato con l’approvazione della nuova legge e che
il colosso dell’informazione ha tentato di bloccare con ricorsi in varie
sedi giudiziarie e amministrative. In base alle nuove regole, infatti,
il Clarín avrebbe dovuto disfarsi di una serie di licenze.
Il verdetto in ogni caso non è definitivo e il governo ha già annunciato un ricorso alla Corte Suprema.
Mentre l’opposizione di destra esulta per la decisione della Camera
civile e commerciale, a Buenos Aires scoppia un nuovo conflitto sulla
riforma della giustizia. Accompagnato dall’inizio di uno sciopero di 72
ore dei lavoratori del settore è arrivato dalla Camera dei Deputati il
primo via libera per l’approvazione di tre dei sei progetti che
compongono la riforma del sistema giudiziario promossa dal governo. La
Camera ha avallato e inviato al Senato le iniziative di legge che
riguardano la regolamentazione dell’accesso alla carriera giudiziaria,
la pubblicazione delle risoluzioni della Corte Suprema e delle
dichiarazioni patrimoniali dei funzionari, votate dal blocco peronista e
dai suoi alleati ma respinte dalla destra. La riforma implica un nuovo
assetto del Consiglio della magistratura – i cui membri passeranno da 13
a 19 e sette saranno eletti col voto popolare – la creazione di tre
camere di Cassazione per alleggerire il lavoro della Corte Suprema e la
revisione delle misure cautelari di cui il governo vorrebbe limitare la
durata. Un modo, afferma il governo, di rendere più democratica e celere
le giustizia. Un modo per diminuire l’indipendenza della magistratura
per la destra. Anche su questo argomento il gruppo Clarin sta dando
battaglia contro l’esecutivo e la presidente Kirchner. Il grande gruppo
economico ha infatti usufruito di misure cautelari contro una clausola
anti-monopolio prevista dalla Legge sui media approvata nel 2009 che lo
obbligherebbe a disinvestire in modo netto nel settore.
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