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18/04/2013

Strage di Boston: proviamo a ragionarci su

Allo stato delle informazioni non è possibile formulare alcuna ipotesi concreta e fondata sul perché della strage di Boston, si può solo tentare un inventario delle ipotesi solo possibili ma neppure indicare un grado di “probabilità”.
Vedremo gli sviluppi. Ciò non di meno, possiamo provare a ragionarci su per capire che vento sta spirando e che tipo di temporale possiamo aspettarci. Ovviamente, non possiamo fare altro che partire dalle evidenze a disposizione: le prime informazioni sul tipo di attentato ed i primi effetti più o meno diretti che esso ha prodotto. In base alle notizie diramate, l’attentato presenta queste caratteristiche:

a- basso potenziale militare (incomparabile con l’11 settembre) ma alta valenza simbolica (ieri era il Patriot Day, la maratona di Boston è uno dei simboli dell’America nel Mondo, l’evento era dedicato alle vittime della strage di Newton);

b- bombe con ogni probabilità di tipo artigianale, in gergo militare definite “Ied” (Improvised Explosive Device);

c- assenza di rivendicazioni o di elementi che inducano ad una chiara identificazione del tipo di attentatore e di motivazioni;

d- diversi ordigni (in parte inesplosi) collocati in vari punto del percorso (il che fa pensare ad una azione di gruppo, magari molto piccolo, ma pur sempre gruppo);

e- timer per ora sconosciuto, ma si pensa all’uso di batterie collegate a telefonino;

Sulla base di questi elementi, l’Fbi ha escluso l’ipotesi dello “spostato individuale”, perché l’attentato ha un livello di complessità basso, ma pur sempre poco praticabile da parte di un singolo. Pertanto, sembra orientarsi su due piste di “gruppo” principali: una ripresa del terrorismo islamico (possibilmente quaedista) o una pista interna legata ai gruppi di estrema destra.

La prima direttrice di indagine centra l’attenzione sul tipo di ordigno (Ied) tipicamente usato in Irak ed Afghanistan. Che come indizio non vale molto: lo stesso tipo di bomba è stato usato un anno fa a Brindisi, ma sarebbe piuttosto azzardato dedurre un nesso fra le due cose. Proprio perché si tratta di Ied, questo significa che l’ordigno può essere fabbricato “facilmente” da un grande numero di gruppi della più diversa matrice. Ad esempio, i primi maestri nel fabbricare bombe con concime, bombole, zolfo, fosforo ecc. furono quelli dell’Irgun in Israele contro gli inglesi.

Se poi si trattasse davvero di una matrice quaedista vorrebbe dire che il gruppo di Bin Laden è riuscito a ricomporsi, dopo i durissimi colpi subiti negli ultimi due anni e che i sevizi americani hanno dormito sugli allori, pensando di aver definitivamente tagliato la testa alla vipera. Nell’ipotesi quaedista, però,  c’è un aspetto che “non suona bene”: se si trattasse di loro, la cosa avrebbe un senso solo con una rivendicazione o con un esplicito richiamo simbolico (ad esempio se un attentato del genere avvenisse il 2 maggio, secondo anniversario della morte di Bin Laden) la pista acquisterebbe più consistenza. Infatti, non trattandosi di un attentato spettacolare come quello dell’11 settembre, l’evento avrebbe un forte impatto psicologico solo se suonasse come un “rieccoci!”.

Peraltro, il terrorismo islamico non si identifica solo con Al Quaeda, ci sono anche altri gruppi o aree e potremmo pensare a qualcuno che aspira a prendere il posto dei quaedisti come gruppo egemone della galassia. In ogni caso questo attentato da solo non servirebbe a molto e bisogna vedere se ci sarà un seguito (speriamo di no!).

La seconda pista punta sui gruppi di estrema destra sottolineando il fatto che la corsa era dedicata alle vittime di Newtown ed il dibattito in corso sulla questione delle armi. Va detto che negli anni della Presidenza Obama (forse per effetti della crisi o forse come reazione al “presidente nero”) i gruppi razzisti e fascistoidi hanno avuto una crescita esponenziale, passando da 149 censiti a 1.360 (“Repubblica 16 aprile 2013 p.7): in un documento dello Depertment of homeland security si riconosce che la destra sta guadagnando consensi sull’aumento delle paure urbane e cercando di radicalizzare lo scontro. In questo caso, però, le cose potrebbero stare in modo ben più complicato e, dietro la solita manovalanza fascista, magari c’è la manina della potente lobby delle armi, che non vuol saperne di limiti alla vendita ai privati. In questo caso, non c’è bisogno di dare seguito con altri attentati, perché il risultato del senso di allarme e paura sarebbe già raggiunto ed è esattamente lo stato d’animo che serve per una campagna in difesa della libera vendita delle armi. E non c’è neppure bisogno di rivendicazioni, perché la lobby delle armi ha i suoi amici nel mondo dell’intelligence ed è un grado di far arrivare il messaggio a chi di dovere. Come dire che questo è stato un avvertimento, non proprio l’inizio di una campagna.

Queste sono certamente le piste più familiari,  per le quali si può contare su precedenti su cui ragionare. Però non è detto che non siano possibili anche scenari più “nuovi”, ad esempio, una delle conseguenze della strage di ieri è stata una forte flessione della borsa di Wall street (già depressa dai dati sulla crescita cinese e dal crollo del prezzo dell’oro), con ogni probabilità si tratta di una conseguenza oggettiva e non cercata, ma come si fa ad escludere in assoluto che qualcuno l’abbia cercata (magari senza prevedere né i dati cinesi né quelli sull’oro)?

Quanto alle formazioni terroristiche, non ci sono solo quelle islamiste: gli Usa si sono fatti un mucchio di “amici” nel Mondo e c’è solo l’imbarazzo della scelta.

Oppure: ci sono due paesi come l’Iran e la Corea del Nord che avrebbero tutto da guadagnare da degli Usa distratti da una crisi interna. D’accordo: si tratta di congetture che non hanno alcun particolare fondamento se non coincidente oppure obiettive convergenze di interesse, ma in questi casi conviene non buttare via proprio nulla e tenere di riserva anche l’ipotesi che possano esserci piste (anche diverse da queste indicate a puro titolo di esempio) anche del tutto nuove in un mondo che cambia molto rapidamente. Troppo rapidamente rispetto alle nostre capacità di percezione.

Aldo Giannuli

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