Ricostruendo
le versioni. I telegiornali oggi ci informavano che una pattuglia di
carabinieri, avendo avvistato e poi inseguito tre individui (le prime
voci li indicavano come operai della Gesip, voce poi smentita) intenti a
rovesciare cassonetti nel centralissmo Corso Alberto Amedeo, si sarebbe
trovata costretta a fronteggiare un folto gruppo di operai ex pip
(precari della società Trinacria a partecipazione regionale su cui
incombe la minaccia di licenziamenti e decurtazioni salariali) presso il
quale uno dei fuggitivi si sarebbe rifugiato. A quel punto, dopo avere
subito sassaiole e avere chiesto rinforzi dalla vicinissima caserma,
sarebbero iniziate le cariche e sarebbe stata sparata una serie di colpi
di pistola in aria per dissuadere i manifestanti-aggressori. Questa
almeno è la ricostruzione confusa fornita da telegiornali e questura.
Ma
i manifestanti presenti al presidio serale raccontano una storia
diversa. Secondo chi si trovava in presidio, in attesa che finisse la
votazione ad oltranza della finanziaria regionale, le cariche dei
celerini e i successivi spari non hanno nulla a che fare con uomini in
fuga e cassonetti rovesciati. Nei comunicati si sostiene infatti che i
fatti prendono avvio allorquando un gruppo di 5 operai, avendo visto
uscire una macchina con degli onorevoli al suo interno, si sarebbero
avvicinati per protestare scatenando una furiosa reazione di alcuni
poliziotti scesi dalle loro auto di servizio. A quel punto, visto
l'intervento degli altri operai presenti in piazza, uno dei poliziotti
si sarebbe messo a sparare colpi di pistola ad altezza d'uomo; spari che
solo per la prontezza dei manifestanti nel gettarsi tutti a terra non
hanno colpito nessuno. E lì giù con cariche e manganellate.
Alla
fine di questa folle notte un uomo è stato fermato e denunciato per
resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Mentre continua ad esserci
mistero intorno ai reali motivi che hanno scatenato la brutalità
poliziesca che, come sempre, ciecamente si è sfogata su lavoratori in
lotta per la difesa del posto di lavoro e di regimi salariali dignitosi.
Infatti, la discussione parlamentare sulla legge di bilancio sembra
invece procedere in un' altra direzione: tagli generalizzati al
pubblico sia per quanto riguarda i servizi, sia per ciò che concerne il
mondo del lavoro pubblico isolano.
Tornando invece un attimo
all'emergenza rifiuti; sarebbe ovviamente impossibile ricostruire in
poche righe la storia di un "affare" lungo decenni; possiamo però con
certezza dire che questa emergenza senza vie d'uscita è la più palese
dimostrazione dell'ottusità della politica e dell'insostenibilità di un
sistema mal pensato e su cui si è inoltre speculato, rubato. Così,
nonostante dirigenti e commissari risultano essere stati tutti ben
pagati, l'Amia (azienda municipalizzata per l'igiene ambientale) è
fallita e nonostante i suoi lavoratori continuino a lavorare (ma anche
questi 2250 operai non sanno ancora che fine faranno e per questo hanno
recentemente scioperato venendo poi denunciati per interruzione di
pubblico servizio) mancano mezzi e strutture. A questo si aggiunge la
perenne difficoltà in materia di "deposito" dei rifiuti: la discarica di
Bellolampo è da anni al collasso e si scopre sempre satura nei momenti
di emergenza. Si procede così alla costruzione di una nuova vasca di
raccolta che sarà però pronta solo fra mesi e che comunque non
costituisce un quantomai necessario ripensamento più complessivo del
ciclo di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Come una non-soluzione è
l'appassionata richiesta del prefetto affinché regione e governo inviino
uomini e mezzi della protezione civile e dell'esercito.
E
mentre il Comune studia un progetto per riassorbire funzioni e personale
dell'Amia ma senza chiarire come intende farlo, l'esasperazione delle
persone è in esponenziale crescita. Non dimentichiamo che l'emergenza
rifiuti si inserisce in quadro che vedeva Palermo già al collasso: la
disoccupazione è alle stelle e sempre più lavoratori rischiano il
proprio posto. Da mesi ormai il traffico cittadino è in tilt a causa di
cortei e manifestazioni che si susseguono giorno per giorno a ritmi
impressionanti.
Palermo è dunque in ginocchio, e le istituzioni non sanno che pesci prendere.
Serve affermare un cambiamento radicale.
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