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29/04/2013

Palermo soffocata brucia mentre la polizia spara

Tutti sanno che ormai da più di un mese Palermo è in piena "emergenza rifiuti"; e tutti potranno certamente immaginare quali conseguenze, disagi, proteste questa situazione porti con se. Così ogni notte bruciano decine di roghi di immondizia, mentre i cumuli di rifiuti arrivano ormai a raggiungere vette superiori ai 2 metri. Succede dunque sempre più spesso di vedere palermitani esasperati (sono invase strade anche centrali e commerciali, in difficoltà sono persino scuole e chiese) gettare i cassonetti di traverso alla carreggiate per bloccare il traffico e costringere i mezzi ad arrivare; o a incendiare direttamente i cumuli. Ma se qualcuno trova sempre occasione per sviare e provare a sostenere che questi gesti siano "premeditati" e organizzati dalla criminalità mafiosa, in sempre meno possono negare che la situazione è divenuta semplicemente intollerabile per chiunque viva a Palermo. Ad ogni modo, neanche l'ipotesi su matrici e interessi criminali può minimamente spiegare quel che ieri sera è successo nella piazza antistante l'Assemblea regionale siciliana. Va detto che, ancora adesso a distanza di ore, le ricostruzioni non hanno chiarito lo svolgimento dei fatti di stanotte. La polizia e i media fornivano infatti una spiegazione, i lavoratori ex pip della Regione un'altra.
Ricostruendo le versioni. I telegiornali oggi ci informavano che una pattuglia di carabinieri, avendo avvistato e poi inseguito tre individui (le prime voci li indicavano come operai della Gesip, voce poi smentita) intenti a rovesciare cassonetti nel centralissmo Corso Alberto Amedeo, si sarebbe trovata costretta a fronteggiare un folto gruppo di operai ex pip (precari della società Trinacria a partecipazione regionale su cui incombe la minaccia di licenziamenti e decurtazioni salariali) presso il quale uno dei fuggitivi si sarebbe rifugiato. A quel punto, dopo avere subito sassaiole e avere chiesto rinforzi dalla vicinissima caserma, sarebbero iniziate le cariche e sarebbe stata sparata una serie di colpi di pistola in aria per dissuadere i manifestanti-aggressori. Questa almeno è la ricostruzione confusa fornita da telegiornali e questura.
Ma i manifestanti presenti al presidio serale raccontano una storia diversa. Secondo chi si trovava in presidio, in attesa che finisse la votazione ad oltranza della finanziaria regionale, le cariche dei celerini e i successivi spari non hanno nulla a che fare con uomini in fuga e cassonetti rovesciati. Nei comunicati si sostiene infatti che i fatti prendono avvio allorquando un gruppo di 5 operai, avendo visto uscire una macchina con degli onorevoli al suo interno, si sarebbero avvicinati per protestare scatenando una furiosa reazione di alcuni poliziotti scesi dalle loro auto di servizio. A quel punto, visto l'intervento degli altri operai presenti in piazza, uno dei poliziotti si sarebbe messo a sparare colpi di pistola ad altezza d'uomo; spari che solo per la prontezza dei manifestanti nel gettarsi tutti a terra non hanno colpito nessuno. E lì giù con cariche e manganellate.
Alla fine di questa folle notte un uomo è stato fermato e denunciato per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Mentre continua ad esserci mistero intorno ai reali motivi che hanno scatenato la brutalità poliziesca che, come sempre, ciecamente si è sfogata su lavoratori in lotta per la difesa del posto di lavoro e di regimi salariali dignitosi. Infatti, la discussione parlamentare sulla legge di bilancio sembra invece procedere in un' altra direzione: tagli generalizzati al pubblico sia per quanto riguarda i servizi, sia per ciò che concerne il mondo del lavoro pubblico isolano.
Tornando invece un attimo all'emergenza rifiuti; sarebbe ovviamente impossibile ricostruire in poche righe la storia di un "affare" lungo decenni; possiamo però con certezza dire che questa emergenza senza vie d'uscita è la più palese dimostrazione dell'ottusità della politica e dell'insostenibilità di un sistema mal pensato e su cui si è inoltre speculato, rubato. Così, nonostante dirigenti e commissari risultano essere stati tutti ben pagati, l'Amia (azienda municipalizzata per l'igiene ambientale) è fallita e nonostante i suoi lavoratori continuino a lavorare (ma anche questi 2250 operai non sanno ancora che fine faranno e per questo hanno recentemente scioperato venendo poi denunciati per interruzione di pubblico servizio) mancano mezzi e strutture. A questo si aggiunge la perenne difficoltà in materia di "deposito" dei rifiuti: la discarica di Bellolampo è da anni al collasso e si scopre sempre satura nei momenti di emergenza. Si procede così alla costruzione di una nuova vasca di raccolta che sarà però pronta solo fra mesi e che comunque non costituisce un quantomai necessario ripensamento più complessivo del ciclo di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Come una non-soluzione è l'appassionata richiesta del prefetto affinché regione e governo inviino uomini e mezzi della protezione civile e dell'esercito.
E mentre il Comune studia un progetto per riassorbire funzioni e personale dell'Amia ma senza chiarire come intende farlo, l'esasperazione delle persone è in esponenziale crescita. Non dimentichiamo che  l'emergenza rifiuti si inserisce in quadro che vedeva Palermo già al collasso: la disoccupazione è alle stelle e sempre più lavoratori rischiano il proprio posto. Da mesi ormai il traffico cittadino è in tilt a causa di cortei e manifestazioni che si susseguono giorno per giorno a ritmi impressionanti.
Palermo è dunque in ginocchio, e le istituzioni non sanno che pesci prendere.
Serve affermare un cambiamento radicale.

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