L’appartamento in ordine. Pochi metri quadri non di più. Basta
qualche secondo e la normalità si trasforma in tragedia. Nella stanza
due letti affiancati. Sopra due corpi. I volti coperti da sacchetti di plastica. Accanto due bombole di elio con i tubi collegati. A terra una boccetta di Valium
vuota. Sul tavolino due lettere firmate. La morte arriva così, lieve,
ma inesorabile. Arriva e spezza la rifinita quotidianità di piazza Nicolò Tommaseo, cuore della Milano bene,
palazzi con intonaci color pastello, balconi ordinati di fiori e giù in
strada un bel giardino con piccoli alberi e il palazzo dell’esclusivo istituto Marcelline.
La
storia inizia così e subito squaderna protagonisti e comparse. I due
morti: ragazzi di poco più di trent’anni. I parenti, tanti, sbigottiti,
senza parole, pieni di lacrime, che attendono i rilievi della
scientifica e l’arrivo del carro funebre. Osservano senza quasi
respirare. Vedono gente in tuta gialla che solleva i corpi chiusi dentro
sacchi blu. Poi, resta solamente l’attesa e il dolore di cui si ha
paura perché si sa che ti travolgerà, ma non si immagina come.
In
questo spicchio di città, la scena scorre dentro a una pioggia
battente. I parenti da un lato, i cronisti dall’altro. Divisi da tutto.
Ma uniti nel tentativo di capire perché Guido S. e Fabio B. -
entrambi classe ’80 – si sono suicidati. Assieme, percorrendo gli
ultimi istanti della loro giovane vita. Di domenica sera, verso
mezzanotte. E dopo aver passato il pomeriggio allo stadio festeggiando
la vittoria della loro Inter.
Ore
normali, dunque, che poi precipitano dentro a un abisso. Nel chiuso di
un piccolo appartamento al piano ammazzato. Il palazzo sta sulla
sinistra. Palazzo di lunghi balconi. Palazzo di famiglia, quella di
Guido. Famiglia della Milano benestante. Qui Guido ci veniva ogni due
settimane. Arrivava da Londra dove lui, laureato in ingegneria, aveva trovato un impiego alla General Electrics.
A Milano ritornava sempre per vedere gli amici, ma soprattutto la sua
bambina, avuta durante una relazione liceale. Amore acerbo, e mai
sbocciato. Niente matrimonio, ma con la ex i rapporti sono rimasti
ottimi. Guido divideva così la sua vita: da un lato la bambina,
dall’altro quel lavoro regolare e ben pagato. Lavoro che Guido però mal
sopportava. La polizia lo capirà in serata e dopo aver verbalizzato le
parole dei parenti. Male di vivere. Ecco il detonatore silenzioso. Depressione,
forse. L’incapacità di Guido di reggere al destino di figlio di papà.
Ribelle, ma a modo suo. Incapace, forse, di accettare una esistenza
incasellata.
Al suo fianco,
nella morte, Fabio. Amico da tempo. Insoddisfatto anche lui per il
lavoro. Il lavoro che però, nel suo caso, mancava da troppo tempo. Sì
perché Fabio, residente a Cornaredo, una vita regolare
la cercava, la voleva. E invece ogni tentativo finiva male. Niente
soldi. Ma soprattutto la rabbia per il futuro di quel figlio avuto da
una donna mai sposata. Un figlio di appena due anni, cui Fabio voleva
donare una vita differente. Solida e sicura.
Eccolo allora, il motivo. Il lavoro,
nient’altro. Il lavoro che, pur non mancando, paradossalmente, rischia
di azzopparti come quando manca del tutto. Destini differenti, quelli di
Guido e Fabio, ma uniti nella fine. Il nastro così torna indietro di
poche ore. Questa mattina la mamma di Guido, anche lei residente in
piazza Tommaseo, chiama il figlio, ma il telefono suona a vuoto. Si
preoccupa. Mica per nulla, Guido deve ripartire per Londra. Scende al
piano ammezzato. Suona senza risposta. La chiave non gira. La porta è
chiusa dall’interno. I pompieri arriveranno verso le 12
e 45. Pochi istanti per forzare la porta. Ancora meno per trovare i
corpi senza vita. Doppio suicidio. L’ipotesi diventa subito una
certezza. Altri scenari vengono esclusi. Non si tratta di
omicidio-suicidio. Sulla scena tutto parla di normalità. L’appartamento è
in ordine. Mancano segni di violenza. Non c’è droga né bottiglie di
alcolici. Niente sballo in questa storia. Gli agenti, invece, troveranno
il Valium. Boccetta vuota. E mille pensieri per decifrare quel gesto.
In tutto premeditato, a partire dalle bombole di elio. In casa gli
agenti non hanno trovato scontrini. Le bombole però hanno un numero si
serie, utili per risalire al venditore e riannodare le ultime ore di
Guido e Fabio.
E poi ci sono
quelle due lettere. Entrambe scritte da Fabio. Una per i genitori.
Dentro le scuse per quello che, forse, aveva già deciso di fare da molto
tempo. Scuse e rimpianti, rabbia anche, per quel lavoro inafferrabile,
quasi impossibile. Un’altra lettera, invece, straziante, indirizzata al
figlio di appena due anni. Poche parole incise più che scritte. “Tu –
scrive Fabio – manco ti ricorderai di me”. Niente parole per Guido.
Niente lettere o pensieri. Solo quel gesto, lento, calibrato,
silenzioso. Lo stesso silenzio che ora si respira qui in piazza
Tommaseo, dopo che le volanti sono ripartite, assieme ai corpi e ai
parenti. L’ultimo frammento lo scatto di un fotografo a una bellissima
piazza di Milano. Bellissima ma svuotata.
Fonte
Anche questa è crisi, che trascende la dimensione economica deflagrando sui piedi d'argilla di una concezione sociale che consuma l'essere umano fornendo contropartite sempre più risicate ed effimere.
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