Il ritiro di tremila combattenti armati, accettato da Abdullah Öcalan
durante i mesi di colloqui con emissari del governo Erdoğan, iniziarà
l’8 maggio.
L’ha annunciato Murat Karayılan, presidente
dell’Unione delle Comunità Kurde nonché responsabile dell’ala militare
del Pkk, in una conferenza stampa tenuta nella roccaforte di Kandil.
L’incontro coi media ha avuto un iniziale rinvio poiché caccia
dell’aviazione turca s’aggiravano nella zona; inoltre per ragioni di
sicurezza non sono state permesse ai giornalisti intervenuti
registrazioni televisive né comunicazioni via cellulare. Karayılan ha
voluto sottolineare la centralità politica della trattativa evidenziando
come il disegno del leader prigioniero, di cui per cementare l’accordo
si chiede la liberazione, punti a ridisegnare il Medio Oriente che sta
vivendo una nuova fase convulsa. Poi il capo militare kurdo ha ricordato
i passi tecnici dell’operazione: il ritiro dei combattenti avverrà nel
più breve tempo possibile e sarà concluso entro giugno, il gruppo armato
si concentrerà nel Kurdistan iracheno col cui Governo federale è in
corso un dibattito per una degna collocazione dei miliziani. La metà dei
combattenti kurdi - 7000 in tutto secondo numeri che dà il Mıt,
l’Intelligence turca - è già stanziale al di là del confine iracheno.
Contestualmente
il Pkk s’aspetta che le Forze Armate turche non si rendano protagoniste
di alcuna provocazione nella zone di confine e verso la popolazione
civile kurda delle province del sud-est anatolico. Ovviamente il
pensiero va ai due tentativi di cessazione dell’ostilità fra le parti
(nel 1999 e 2004) che non ebbero esito positivo. Karayılan ha ricordato
come le successive fasi del processo di pacificazione devono vedere
Stato e governo della Turchia impegnati a realizzare quelle riforme che
consentano una tutela delle minoranze attraverso norme della stessa
Costituzione. Un ulteriore passo dovrà prevedere l’eliminazione di
quelle forme di controllo tuttora esistenti contro i kurdi: guardie di
villaggio e “unità operative” (gruppi d’intervento militare di Ankara)
che tengono alta la tensione etnica e sociale. Solo così, secondo
l’analisi del numero due del Pkk, si potrà giungere a una completa
pacificazione che dovrà prevedere uguaglianza fra cittadini, libertà di
pensiero, cultura e rappresentanza. Una prospettiva che dovrebbe essere
perseguita nell’interesse della nazione turca e sostenuta anche dai suoi
alleati e dalle potenze internazionali, Stati Uniti, Unione Europea e
Russia per primi. Con questa prospettiva Karayılan ha lanciato la
proposta di una “Conferenza per la pace e la democrazia” nella regione.
Il
primo commento all’annuncio è venuto dalla deputata dell’Akp Ayşe Nur
Bahçekapılı che s’è chiesta come inserire la popolazione kurda in un
confronto democratico evitando l’uso della forza. Una domanda che
travalica il cospicuo seguito del proprio partito, capace di raccoglie i
consensi della metà del popolo turco, e cerca risposte anche sulla
sponda dell’opposizione repubblicana e nazionalista finora refrattarie a
qualsiasi concessione ai kurdi.
Fonte
Mi piacerebbe leggere notizie simili provenire dalla Palestina o dalla Cecenia, magari un giorno succederà.
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