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27/04/2013

La guerriglia kurda fa tacere le armi

Il ritiro di tremila combattenti armati, accettato da Abdullah Öcalan durante i mesi di colloqui con emissari del governo Erdoğan, iniziarà l’8 maggio.

L’ha annunciato Murat Karayılan, presidente dell’Unione delle Comunità Kurde nonché responsabile dell’ala militare del Pkk, in una conferenza stampa tenuta nella roccaforte di Kandil. L’incontro coi media ha avuto un iniziale rinvio poiché caccia dell’aviazione turca s’aggiravano nella zona; inoltre per ragioni di sicurezza non sono state permesse ai giornalisti intervenuti registrazioni televisive né comunicazioni via cellulare. Karayılan ha voluto sottolineare la centralità politica della trattativa evidenziando come il disegno del leader prigioniero, di cui per cementare l’accordo si chiede la liberazione, punti a ridisegnare il Medio Oriente che sta vivendo una nuova fase convulsa. Poi il capo militare kurdo ha ricordato i passi tecnici dell’operazione: il ritiro dei combattenti avverrà nel più breve tempo possibile e sarà concluso entro giugno, il gruppo armato si concentrerà nel Kurdistan iracheno col cui Governo federale è in corso un dibattito per una degna collocazione dei miliziani. La metà dei combattenti kurdi - 7000 in tutto secondo numeri che dà il Mıt, l’Intelligence turca - è già stanziale al di là del confine iracheno.

Contestualmente il Pkk s’aspetta che le Forze Armate turche non si rendano protagoniste di alcuna provocazione nella zone di confine e verso la popolazione civile kurda delle province del sud-est anatolico. Ovviamente il pensiero va ai due tentativi di cessazione dell’ostilità fra le parti (nel 1999 e 2004) che non ebbero esito positivo. Karayılan ha ricordato come le successive fasi del processo di pacificazione devono vedere Stato e governo della Turchia impegnati a realizzare quelle riforme che consentano una tutela delle minoranze attraverso norme della stessa Costituzione. Un ulteriore passo dovrà prevedere l’eliminazione di quelle forme di controllo tuttora esistenti contro i kurdi:  guardie di villaggio e “unità operative” (gruppi d’intervento militare di Ankara) che tengono alta la tensione etnica e sociale. Solo così, secondo l’analisi del numero due del Pkk, si potrà giungere a una completa pacificazione che dovrà prevedere uguaglianza fra cittadini, libertà di pensiero, cultura e rappresentanza. Una prospettiva che dovrebbe essere perseguita nell’interesse della nazione turca e sostenuta anche dai suoi alleati  e dalle potenze internazionali, Stati Uniti, Unione Europea e Russia per primi. Con questa prospettiva Karayılan ha lanciato la proposta di una “Conferenza per la pace e la democrazia” nella regione.

Il primo commento all’annuncio è venuto dalla deputata dell’Akp Ayşe Nur Bahçekapılı che s’è chiesta come inserire la popolazione kurda in un confronto democratico evitando l’uso della forza. Una domanda che travalica il cospicuo seguito del proprio partito, capace di raccoglie i consensi della metà del popolo turco, e cerca risposte anche sulla sponda dell’opposizione repubblicana e nazionalista finora refrattarie a qualsiasi concessione ai kurdi.

Fonte

Mi piacerebbe leggere notizie simili provenire dalla Palestina o dalla Cecenia, magari un giorno succederà.

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