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25/04/2013

Enrico Letta, Angela Merkel e il miracolo

All'interno della già corposa collezione di citazioni attribuite ad Enrico Letta, tutte rigorosamente inclini alla simpatia verso Berlusconi, si fa preferire quella di genere involontario. Ci riferiamo al pizzino il cui contenuto era stato identificato dallo zoom di un fotografo a Montecitorio durante il dibattito sulla fiducia al governo Monti. Il pizzino, composto con mano autografa del nipote di Enrico Letta, definiva la nascita del governo Monti “un miracolo” che andava saputo preservare dalle asprezze della battaglia parlamentare. Pochi giorni dopo, con la prima manovra Monti, abbiamo tutti potuto apprezzare la rivelazione contenuta nel miracolo: legge sui licenziamenti facili, centinaia di migliaia di persone senza né pensione né lavoro, l'Imu, l'aumento dell'Iva e tagli feroci a qualsiasi servizio sociale. Per tacere della voragine ambientale e umana rappresentata dalla vicenda Ilva.

Viene da sé che Enrico Letta, e quanto lui le potenti forze che gli stanno dietro, nel perpetuarsi degli effetti del miracolo Monti ci crede. Con coerenza personale e di rappresentazione di interessi. Resta da domandarsi a cosa creda l'elettorato di centrosinistra che lo ha votato, assieme all'intero gruppo dirigente Pd, per contrastare  il ritorno di Berlusconi. Letta ha due stelle polari nella sua ipotesi di governabilità, al netto dell'appoggio a Mediaset e a Berlusconi per sistemare una serie di questioni giudiziarie e di fatturato televisivo.

La prima si chiama lavoro e, non c'è da dubitarlo, è una stella polare che porta a leggi Ichino style già “consigliate” nei mesi precedenti da Bruxelles. Il lavoro, tema su cui l'anguillesco comportamento di Bersani non aveva certo contribuito a fare chiarezza, secondo questa visione non è altro che salario da comprimere per recuperare margini di competitività.

La seconda stella polare si chiama allentamento dei vincoli di bilancio per, secondo il pensiero prevalente, rilanciare l'economia. Su questo non si sa se Letta dà troppa fiducia alle dichiarazioni di Barroso, sulla necessità di allentamento dei vincoli, o sottovaluta quelle di Angela Merkel. Già, perché nel giorno del Napolitano pride sceneggiato a camere e media unificati Angela Merkel a Bruxelles non ha fatto dichiarazioni routinarie. Letteralmente fatta sparire dai media italiani tra cori sulla disponibilità al sacrificio di Napolitano, simili peraltro a quelli su Benedetto XVI, Angela Merkel ha chiamato i paesi dell'eurozona ad una ulteriore cessione di sovranità (teorizzata dallo stesso Napolitano in un sottovalutato discorso a Bruges).

Cosa significhi questo discorso lo ha detto chiaramente il Wall Street Journal: quando la Germania vuol affermare una nuova fase di egemonia sugli altri paesi del continente usa il pretesto della richiesta di cessione di sovranità di tutti i paesi dell'eurozona. E all'interno di questa richiesta, basta leggere i giornali tedeschi che contano, non è previsto alcun allentamento dei vincoli del patto di stabilità per i paesi mediterranei e tanto meno per l'Italia. D'altronde perché farlo? Dalla vigilia della crisi, anno 2006, il dispositivo  di governance dell'eurozona ha fatto scomparire dall'Italia oltre 450 miliardi di euro di capitali mentre la Germania ne ha attirati, sempre in eurozona, oltre 500. Si può anche credere che tutto questo sia dovuto all'inefficienza nazionale, alla corruzione etc. Ma sull'equità di una governance dei capitali che fa affluire le risorse dalla periferia al centro del continente è lecito nutrire più di un dubbio. Comunque sono cifre denunciate dal Sole 24 ore, questo per capire le difficoltà di Letta che vanno ben oltre le necessità di sopravvivenza del Pd e di Berlusconi: mediare tra le esigenze di Confindustria italiana e di quella tedesca, nonché delle banche della Rft, in un contesto dove quest'ultima vampirizza le risorse della prima.

Per far questo a Enrico Letta, anche dal punto di vista strettamente capitalistico, servirebbe un miracolo. Nonostante la prevedibile visita a papa Francesco I, in caso di formazione del governo, è evidente che stavolta la divina provvidenza non ci metterà le mani. La situazione dell'eurozona è tale per cui a Enrico Letta non resta che, per sopravvivere politicamente, affidarsi alle astuzie e alle sottigliezze della natura umana. Doti che, allo zio Gianni e dalle parti di palazzo Chigi, non mancano di certo.  Sempre se il governo Letta in qualche modo riesce a partire.

redazione

25 aprile 2013

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