Il 14 aprile si son svolte le elezioni
presidenziali in venezuela, circa 40 giorni dopo la morte del presidente
hugo chavez. I risultati sono noti, ma e’ utile riepilogarli.
il candidato chavista Nicolas Maduro ha prevalso di stretta misura con
7.575.506 voti (50,78%). il candidato anti-chavista Henrique Capriles
Radonski ha perso per poco con 7.302.641 voti (48,95%). altri candidati
han totalizzato meno di 40.000 voti. Gli aventi diritto al voto erano
18.904.364, i voti scrutinati son stati 14.983.748, con una
partecipazione al voto del 79,78 %. (fonte: Cne, Consejo nacional
electoral del venezuela). Si tratta dei peggiori risultati per il campo
chavista, in una elezione presidenziale, da quando chavez vinse per la
prima volta le elezioni del 6 dicembre 1998.
Subito dopo la dichiarazione ufficiale
dei risultati, il candidato sconfitto Capriles ha gridato ai brogli, disconosciuto i risultati, chiesto il riconteggio manuale di tutti i
voti, chiamato i suoi sostenitori alla mobilitazione “a difesa del
voto”. a seguito di cio’, nella giornata del 15 aprile si son scatenate
nel paese una serie di squadracce anti-chaviste, che han messo in atto
violenze gravissime, le quali hanno lasciato un saldo provvisorio di 8
morti e oltre 60 feriti. Son stati assediati, assaltati o incendiati
edifici del governo, sedi del psuv (principale partito chavista),
strutture sanitarie “colpevoli” di essere gestite dai medici cubani,
zone di edilizia residenziale pubblica, case private di singoli
dirigenti o sostenitori del chavismo etc….
Non meno grave il silenzio di Capriles
Radonski, il quale solo nel tardo pomeriggio del 16 aprile convoca una
conferenza stampa, per invitare i suoi a non lasciarsi trascinare dalla
emotivita’ e ad agire secondo ragione, cita ghandi e dice che chi
pratica la violenza e’ fuori dal suo progetto di opposizione democrática
al chavismo. Un modo per, da un lato riconoscere che le violenze ci son
state e provenivano dal suo campo, e dall’altro scaricarsi da ogni
responsabilita’ política ed anche personale.
Nei fatti il supremo vértice
anti-chavista ha oggettivamente avallato e coperto, se non anche
promosso, per tutta una prima fase, queste gravi violenze, con il
probabile obiettivo di creare caos, e spostare a suo favore alcuni dei
fattori di potere in campo, sia interni al venezuela come l’esercito,
sia esterni come le grandi potenze regionali latinoamericane.
All’orizzonte la mai sopita tentazione,
per le destre di questa parte del mondo, del colpo di stato, magari del
XXI secolo, cioe’ democrático, a fin di bene, umanitario, equo e
solidale. Una ultima nota sulla biografia política di Capriles Radonski,
il quale ha tentato di catturare una parte del voto degli scontenti del
chavismo, con una campagna elettorale dove si e’ presentato come un
progressista, fautore della conciliazione nazionale e del dialogo fra
venezuelani, simpatizzante acceso dell’ex presidente brasiliano lula.
Le origini politiche di destra di
Capriles sono inequivocabili: nato nel 1972, avvocato, rampollo della
grande borghesia venezuelana attiva nel settore della comunicazione,
dell’intrattenimento e della speculazione immobiliare, fonda nel 2000 il
partito primero justicia, su posizioni fieramente neo-liberiste e su
questo in polémica coi vecchi partiti socialdemocratici e
socialcristiani. Fra i fondatori anche alcuni suoi amici (come Leopoldo
Lopez), del gruppo di estrema destra “tradicion, familia y propiedad”,
del quale alcune fonti dicono abbia anche lui stesso fatto parte.
Inoltre egli si distinse durante il golpe dell’aprile 2002 per aver
partecipato alla caccia all’uomo contro i dirigenti chavisti, ed al
criminale assedio dell’ambasciata cubana, fatto per il quale fu poi
incarcerato per 4 mesi (fonte: www.aporrea.org).
Quindi piu’ che un progressista direi che siamo di fronte ad un trasformista, o tuttalpiu’ ad un populista di destra.
Detto tutto questo, e ribadito che non vi e’ nulla di piu’ importante dell’assassinio di 8 persone e il ferimento di 60 ad opera delle squadracce antichaviste, il secondo dato politico cruciale di questi giorni e’ un altro.
Detto tutto questo, e ribadito che non vi e’ nulla di piu’ importante dell’assassinio di 8 persone e il ferimento di 60 ad opera delle squadracce antichaviste, il secondo dato politico cruciale di questi giorni e’ un altro.
Come ho detto sopra quelli del 14 aprile
sono storicamente i peggiori risultati ottenuti dal campo bolivariano
in elezioni di questo tipo. Nel dicembre del 2006 Chavez vinse le
elezioni presidenziali contro Manuel Rosales, per oltre tre milioni di
voti. Appena nell’ottobre 2012 Chavez seppure malato sconfigge Capriles
per circa 1.600.000 voti. Ora Nicolas Maduro prevale per appena 273.000
voti. Il tutto oltretutto in presenza di un aumento cospicuo e constante
della partecipazione al voto, prodotto delle politiche positive attuale
dal chavismo per promuovere inclusione e partecipazione política ed
elettorale nel paese. Solo fra le elezioni presidenziali del 2006 e
quelle del 2012, assistiamo ad un aumento di oltre tre milioni dei
partecipanti al voto.
Da sincero amico della revolucion bonita venezuelana, mi permetto queste osservazioni finali.
La trágica morte di Chavez ha accentuato
ulteriormente una tendenza elettorale gia’ in atto da alcuni anni e con
Chavez vivente: l’opposizione di destra e’ cresciuta costantemente e ad
un ritmo molto piu’ veloce del blocco ad essa avverso, il chavismo si
vede ridotto il divario di consenso a suo vantaggio. In altri termini,
nell’ottobre 2012 i nuovi votanti votano in prevalenza per capriles, e
nelle ultime elezioni mi pare che si assista anche ad una miscela di
aumento di astensione nel chavismo e a un travaso di voti dal chavismo
al campo avverso. Infatti da ottobre 2012 con ancora candidato Chavez,
ad aprile 2013 con candidato Maduro, il chavismo perde oltre 600.000
voti, mentre Capriles ne prende oltre 700.000 in piu’.
Nel paese, inclusi ampi settori
popolari, e’ cresciuto il malcontento per i troppi problemi rimasti
ancora irrisolti: inefficienza di rilevanti settori dello stato e dei
servizi pubblici, sprechi, black out elettrici, corruzione pubblica,
favoritismi, scarsita’ di beni di prima necessita’, inflazione elevata,
insicurezza a e criminalita’ etc. Dopo oltre 14 anni al potere, al
chavismo non e’ bastato ricordare le molte conquiste e progressi attuati
in campo sociale, gli indubbi progressi fatti rispetto ai governi
criminali ed affamatori della IV repubblica, cosi’ come non e’ bastato
il richiamo al pure molto amato Hugo Chavez, o addirittura i ripetuti
richiami di Maduro all’esser lui “el hijo de Chavez”.
Era proprio Chavez infatti, che col suo
straordinario carisma e amore popolare che riusciva a suscitare,
tamponava ed in parte limitava l’impatto negativo di questo malcontento.
Una volta venuto meno lui, la pentola si e´un tantino scoperchiata.
Al chavismo non e’ stato nemmeno
sufficiente denunciare come ad alcuni dei gravi problemi citati, come
inflazione, criminalita’ e scarsita’ di beni, contribuiscano con attive
campagne di destabilizzazione e boicottaggio, i nemici interni ed
esterni della revolución bolivariana.
Su questa valutazione mi pare se ne sia
imposta un altra: mai nessuna “rivoluzione” ha goduto di tante risorse
finanziarie come quella venezuelana, una paese dalle immense risorse
naturali, che estrae tre milioni di barili di petrolio al giorno, dove
gira tanto denaro e in parte rilevante controllato dallo Stato. Le
lacune ed i limiti delle politiche del potere quindi, appaiono
giustificabili ma sino ad un certo punto. Cruciale pertanto la
percezione diffusa in alcuni settori sociali, che parte di questo fiume
di denaro sia stato sperperato a causa di disorganizzazione ed
inefficienza, o incamerato indebitamente da una parte della classe
dirigente chavista. Questo infatti logora o appanna in parte quel
presunto primato ético e morale, che tradizionalmente rappresenta uno
dei principali punti di forza dei movimenti rivoluzionari o di
cambiamento.
A questo aggiungasi che, nonostante gli
sforzi compiuti in prima persona anzitutto dal grande pedagogo popolare e
formatore político Hugo Chavez, una parte della popolazione e’ tuttora
affascinata dai miti del consumismo, o da quello della possibilita’ di
arricchirsi individualmente grazie alla propia bravura, o mancanza di
scrupoli, o entrambi.
Ora che accadrà?
Francamente non lo so. Penso pero’ di
poter dire che in assenza di una seria correzione di rotta, queste
elezioni del 14 aprile rischiano di segnare l’inizio della fine del
processo bolivariano. Una fine che potrebbe gia’ avere una data segnata:
il 2016. Anno nel quale terminata la prima parte del mandato
presidenziale di Nicolas Maduro, l’opposizone secondo quanto stabilito
dalla Costituzione, potrebbe promuovere il referéndum revocatorio del
presidente della repubblica.
Il governo ed in primis Nicolas Maduro,
son molto ben coscienti della serieta’ della situazione, ed hanno gia’
annunciato la formazione di una sorta di “governo itinerante di strada”,
per meglio monitorare a partire dai territorio i problemi del paese, le
istanze della gente, e attuare le necessarie correzioni. Tutto
positivo, ma va ricordato che anche dopo altre elezioni, in quel caso
vinte pero’ con ben piu’ largo margine, Chavez aveva annunciato in pompa
magna vaste revisioni, e “guerra a morte contro la corruzione e la
contro-rivoluzione burocratica”. Ma stavolta lo scenario e´decisamente
piu’ preoccupante per il prossimo futuro del chavismo, e quindi suppongo
che qualche sforzo in piu’ da parte del governo ci sara’.
Credo anche che lo spazio per l’ala piu’
radicale e rivoluzionaria del processo bolivariano, di certo non e’
destinato fácilmente e crescere. quell’approfondimento del processo che
non é´stato fatto nei momenti di maggior forza del bolivarismo e con
chavez vivo, non sara’ facile che arrivi ora, nel momento di massima
forza e consenso a favore del campo avverso. Tuttalpiu’ e senza una
forte pressione dal basso, verranno attuate politiche all’insegna della
razionalizzazione e dell’efficienza, dello sviluppismo economico, o
della lotta contro sprechi e corruzione.
Ma se ci sta una grossa speranza per il
futuro, questa risiede anche nella energia, nella passione, nel
coraggio, nella generosita’, nella forza che hanno i movimenti popolari
e di base venezuelani che hanno appoggiato e creduto nella revolucion
bonita, e l’hanno difesa nei momenti peggiori momenti nei quali, è bene ricordare, le donne hanno da sempre avuto un ruolo
importantissimo.
Il futuro della revolucion bonita dipenderà anche se non soprattutto da come giocherà questo ultimo fattore!
Nessun commento:
Posta un commento