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20/04/2013

Ecco perché il Pd non voterà mai Rodotà

Il professore è una persona interna al Partito Democratico, ma ha il brutto vizio di non essere ricattabile. Gli altri nomi che circolano, invece, sì. [di Cinzia Gubbini]

Che il presidente della Repubblica rappresenti una garanzia, può essere una cosa bella o una cosa brutta: dipende chi, e cosa, garantisce. Come queste ore febbrili stanno dimostrando, nonostante quella italiana non sia una Repubblica presidenziale, l'elezione del Capo dello Stato è una operazione molto più impastata di politica e strategie (spesso inconfessabili) della formazione di un governo: un ministro si può sempre cambiare, il presidente della Repubblica siede al Quirinale per sette, lunghi, anni.

Inconfessabile: parola chiave in questa particolare partita di giro in parlamento. Lo dimostra il fatto che nessuno, né Bersani, né D'Alema - che dalle seconde file sta prepotentemente ritornando nelle prime - né Angela Finocchiaro - che è un po' come dire D'Alema - né Rosy Bindi, né i margheritini, hanno trovato due minuti di tempo per spiegare una cosa ai propri elettori: ma perché il Pd non può votare Stefano Rodotà? Qual è il problema di quest'uomo, fine intellettuale, presidente del Pds, da sempre fedele elettore del centrosinistra, uno che per le elezioni romane in arrivo a fine maggio - altra arena sanguinosa per il Pd - ha addirittura dato l'indicazione a votare Ignazio Marino, sostenuto dalle anime grigie del Pd come Gianfranco Bettini. Che cos'ha Rodotà che non va? Una cosa: Stefano Rodotà non è una persona ricattabile. E questo è un problema. Paradossalmente, se qualcuno può mettere una buona parola sul professore, saranno i potentati internazionali, spaventati da quale potrebbe essere la reazione del paese a una nomina incomprensibile di un presidente delle Repubblica.

Per ora il nome si cerca. Pd e Pdl danno indicazione di votare scheda bianca. Un segnale in più della sicurezza che hanno sul fatto che Stefano Rodotà ha possibilità minime di raggiungere il quorum, nonostante ormai sia a 508 voti. In questo caso, nonostante interessi contrastanti in campo, sono sicuri che nessuno tradirà.

Nelle ultimissime ore sembra che Pd e Pdl abbiano deciso di andare proprio sul sicuro: puntare, almeno per un altro anno, su Giorgio Napolitano, ovvero il garante per due anni della "pax" tra destra e sinistra. Alla fin fine, la carta istituzionale è quella che conviene a tutti, nessuno "strappo", nessuna "forzatura" da dare in pasto alla piazza. Meglio il sonnifero. E Giorgio Napolitano sotto il profilo della affidabilità è una garanzia totale: un uomo che è una tomba, anche perché di segreti inconfessabili ne ha parecchi anche lui. Il lettore interessato non li troverà mai nelle sue autobiografie. Per esempio il suo ruolo e le sue relazioni con il Kgb. D'altronde quale sia la sua interpretazione della garanzia istituzionale l'ha dimostrato ampiamente in tutta la storia della trattativa Stato-mafia.

Ma ci sono, e tutto si sta decidendo in queste ore, ancora dei possibili altri scenari.
Si fa, insistentemente, anche se per adesso nessuno la "brucia", il nome di Annamaria Cancellieri
(ieri 78 voti) . Un nome che, secondo questa logica, sarebbe perfetto: donna, profilo istituzionale, tutto sommato nessuno protesterebbe. Ma Cancellieri è una sicurezza. Intanto ha sempre dato prova di essere una "fedele", anche quando era commissario a Bologna, nella terra rossa ma anche "noir" per quanto riguarda le trame del Pd. In molti si chiedono come mai decise, lei che è un prefetto, rappresenta lo Stato, è fuori dalla politica (ufficialmente) di non mettere il naso in quel fattaccio di Hera Comm Mediterranea, la compartecipata di Hera, la potente società che fornisce energia elettrica e che è di salda matrice emiliana, e che rischia di essere una mina per il Pd. Infatti: da quattro-cinque anni si dice che la Hera Comm Mediterranea - che gestisce l'elettricità prodotta dalla centrale di Sparanise, in quel di Caserta - sia in affari niente meno che con la famiglia Cosentino. Nicola Cosentino dalla patrie galere tace. Per ora. Cancellieri ha anche problemi in famiglia, oltretutto. Si sa che il figlio, il giovane e brillante Piergiorgio Peluso, è finito su tutti i giornali per quella buonuscita da 3,6 milioni di euro da Fonsai dopo soli 14 mesi di lavoro (della serie: perché?). E ora è stato nominato direttore finanziario della Telecom, per carità, sarà uno che ha studiato, però...

Altro nome che circola sin dall'inizio e che pare essere (incredibilmente) ancora in lizza: Giuliano Amato. Del dottor Sottile molto si sa, ma molto anche si dimentica. Un altro piccolo problema del Pd è, come tutti sanno, la questione del Monte dei Paschi di Siena. Una mina, dalle potenzialità di una bomba. Giuliano Amato è da sempre uno degli uomini forti che organizzano le cordate dentro alla "banca rossa", in un ruolo che a volte lo ha visto opposto a D'Alema, ma, insomma, in ogni caso si gioca in casa (leggi qui).

Insistentemente si fa il nome proprio di Massimo D'Alema: senza dubbio è lui il principale fautore dello sfascio di ieri sul nome di Romano Prodi, che il presidente della Fondazione italiani europei non ha mai potuto vedere, per quella "visione" del professore di Bologna, modernista e popolare, per realizzare la quale sarebbe anche disposto a scoperchiare qualche pentolone, se necessario. Troppo inaffidabile, e oltretutto antipatico. Massimo D'Alema ha davvero qualche chance? Non si può mai dire, anche se sembra a tutti gli effetti un po' difficile. La piazza non starebbe a guardare. Tuttavia Gianni Letta, fedelissimo di Berlusconi, pare lavori proprio per Massimo D'Alema. L'ex segretario Ds comunque dispone di molti uomini e donne. Gente fidata, e questo è ciò che conta.


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