Dalle cerimonie fondative a pacchiana imitazione di uno senso della scenografia che vive altrove, Veltroni al Lingotto, alle primarie su Sky concepite come un clone sedato di X-Factor. E si sa, a parte i gridolini dei giornalisti di Repubblica (pagati per lanciare prodotti inguardabili), un così vertiginosamente ridicolo senso dell'estetica rivela immediatamente un oggetto politico instabile e informe.
E qui facciamola breve: si
tratta di un oggetto instabile e informe perchè, oltre alle carenze
strutturali presenti dalla fondazione (mancanza di un sapere adeguato
alla complessità del presente, un'organizzazione veloce, capillare), si è
strutturato secondo esigenze completamente differenti tra loro.
Esigenze che non sono inconciliabili a causa delle subculture politiche
fondative, ex pci assieme ad ex dc, visto che queste avevano già
ampiamente interiorizzato quella riduzione della politica all'immediato
presente, e alla banalità comunicativa, che è prerequisito per la
presenza di quote di rappresentanza elettorale nelle istituzioni.
Piuttosto questa inconciliabilità di fondo tra esigenze diverse, che ha
spaccato il Pd nell'ora politicamente più seria ad appena sei anni dalla
fondazione, sta tra la necessità di rappresentare, da una parte, le
esigenze di una parte del lavoro, di una porzione significativa di
richiesta di diritti e di welfare mentre dall'altra si è un ceto
politico bulimico di potere e affari che, per mantenere la propria
rendita di posizione, si è venduto agli agenti di quel dispositivo
disastroso di governance che si chiama eurozona.
Anche in termini di stretta esigenza capitalistica il Pd è un assurdo. Da
una parte chiede di rappresentare la piccola, piccolissima e media
impresa, per non dire delle partite iva, dall'altra è il partito della
stretta al credito, a meno che Mussari all'Abi non ce l'avessero messo i
marziani, del patto di stabilità che deprime l'economia e della
paralisi degli investimenti pubblici. E su quest'ultimo punto,
basta seguire il comportamento del Pd quando era al governo con Monti e
tutto il dibattito della stampa, dei blog e dei media specializzati
degli ultimi dodici mesi.
Poi c'è
stato chi ha dato grande rilievo, da sinistra, al ruolo di Fassina nel
Pd ma di fronte ai fenomeni di credulità popolare, si sa, si è
impotenti. Che un partito così agitato da esigenze contraddittorie, che
si vuole giovane ma è persino ingessato nel linguaggio dei suoi giovani,
dovesse esplodere era qualcosa che stava nel novero delle possibilità.
E' accaduto nel momento più delicato della vita istituzionale degli
ultimi decenni e anche questo depone a sfavore dello spessore fondativo del Pd.
Ma perché il PD è esploso, frammentandosi in diversi tronconi e perdendo
segretario e presidente in 24 ore, nelle due prime giornate di elezione
del presidente della repubblica?
Anche qui fa bene esporre i fatti in estrema, brutale sintesi. Il Pd, partito che ha venduto l'anima alle esigenze peggiori della governance dell'eurozona, doveva (e, se rimane in vita, deve) eleggere un "custode" della costituzione compatibile con la metabolizzazione del fiscal compact, del pareggio in bilancio messo in costituzione (un processo di regressione economica a firma Pd) e con il recepimento del two pack (in sostanza il potere dell'eurozona di porre il veto ai bilanci nazionali). Un vero e proprio liquidatore della costituzione reale messa all'incanto sui mitici mercati internazionali. Il primo candidato proposto da Bersani, ovvero Marini, garantiva queste esigenze in accordo con il Pdl sostanzialmente rappresentante il pacchetto di voti di un mondo televisivo (Berlusconi) minacciato da problemi giudiziari e dalla crisi del mercato. E' saltato tutto, con tanto di occupazioni delle sedi del Pd da parte degli stessi militanti del partito, proprio perchè questo accordo umiliava chi ha dato il grosso dei voti al Pd per tutelare lavoro e welfare e contro Berlusconi. Certo, ci si può domandare su quale galassia vivessero gli elettori e i militanti Pd mentre il loro partito governava con Berlusconi, garantendo i voti per Monti, ma le dinamiche di psicologia sociale hanno una propria misterica autonomia.
Anche qui fa bene esporre i fatti in estrema, brutale sintesi. Il Pd, partito che ha venduto l'anima alle esigenze peggiori della governance dell'eurozona, doveva (e, se rimane in vita, deve) eleggere un "custode" della costituzione compatibile con la metabolizzazione del fiscal compact, del pareggio in bilancio messo in costituzione (un processo di regressione economica a firma Pd) e con il recepimento del two pack (in sostanza il potere dell'eurozona di porre il veto ai bilanci nazionali). Un vero e proprio liquidatore della costituzione reale messa all'incanto sui mitici mercati internazionali. Il primo candidato proposto da Bersani, ovvero Marini, garantiva queste esigenze in accordo con il Pdl sostanzialmente rappresentante il pacchetto di voti di un mondo televisivo (Berlusconi) minacciato da problemi giudiziari e dalla crisi del mercato. E' saltato tutto, con tanto di occupazioni delle sedi del Pd da parte degli stessi militanti del partito, proprio perchè questo accordo umiliava chi ha dato il grosso dei voti al Pd per tutelare lavoro e welfare e contro Berlusconi. Certo, ci si può domandare su quale galassia vivessero gli elettori e i militanti Pd mentre il loro partito governava con Berlusconi, garantendo i voti per Monti, ma le dinamiche di psicologia sociale hanno una propria misterica autonomia.
Fallito,
con perdite, il lancio della candidatura di Marini si è passati a
quello della candidatura di Prodi. Inversione nelle alleanze interne,
rottura con il Pdl (magari sanabile in futuro), ma stessa logica sul
piano europeo: Prodi, già commissario Ue, garantiva verso l'eurozona
sostanzialmente gli stessi processi garantiti da Marini. Magari con
maggior capacità di trattare un qualche sforamento del deficit annuale
di cui l'Italia ha bisogno e che invece, da quel che si legge,
l'eurozona potrebbe concedere solo alla Francia (creditrice forte
dell'Italia, che rischia di sacrificarsi sia per Berlino che per
Parigi). La candidatura Prodi è esplosa in modo più devastante rispetto a
quella Marini. Perchè non ha dato una chiara indicazione al Pd per il
futuro. La liquidazione della candidatura Marini, a modo suo, sembrava
dare un segnale al Pd: "no all'accordo con Berlusconi". La liquefazione
di Prodi non dà nemmeno quella, visto che Prodi perde voti sia da destra
che da sinistra persino, al netto delle dietrologie, in termini
strettamente numerici.
In 36 ore il Pd si è quindi bruciato, in ordine cronologico, per la rielezione del presidente della repubblica:
a) la strada per le larghe intese
b) quella dell'egemonia del centrosinistra
c)
la credibilità come king maker, visto che ha proposto candidati votati,
in giorni differenti, da tutti i partiti di centrodestra e di
centrosinistra meno che dal Pd
d) la catena di comando formale visto che segretario e presidente si sono dimessi.
E'
chiaro che qualcosa di nuovo dovrà accadere, che prima o poi un
presidente verrà eletto. Ma uno schema simile di sbandamento può
riproporsi in caso di tentativo di formazione di un nuovo governo. Con
il Pd dilaniato dall'ipotesi di soluzioni differenti. E' la tragedia di
un partito ridicolo, costruito da un marketing politico di bassa
qualità, senza alcuna infrastruttura di scienza della politica che lo
sostenga, aggregando ceti politici famelici, giocando sul mito della
sinistra (facendo politica di destra) e rappresentando interessi tra
loro divaricanti. Ora questa divaricazione fa sentire il suo peso. In
modo forse fatale.
redazione
redazione
20 aprile 2013
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