Da Pasqua ormai decine di migliaia d’insegnanti
disertano le scuole lasciando a casa 600 mila alunni. Una protesta a
oltranza contro l’aumento dell’orario di lavoro e un modello di
risparmio dei costi che trasformerà le scuole in ‘discount’.
In Italia bastano quattro ore di sciopero in uno qualsiasi dei servizi pubblici a far scatenare stampa, classe politica e opinione pubblica qualunquista contro quei lavoratori che si ‘permettono’ di bloccare una qualche attività per rivendicare i propri sacrosanti diritti.
Ma a qualche centinaia di chilometri a nord delle Alpi c’è un piccolo paese dove ormai da tre settimane è in corso un duro braccio di ferro tra gli insegnanti delle scuole superiori e degli istituti tecnici e il governo. E’ da Pasqua ormai che il sindacato dei lavoratori della scuola della Danimarca ha convocato uno sciopero a oltranza (!) contro un piano governativo che porterà a un aumento netto dell’orario di lavoro e a un crollo della qualità della docenza. Gli effetti dello sciopero si fanno sentire, eccome. E’ ormai dalla Settimana Santa, infatti, che circa 566mila studenti se ne rimangono a casa, visto che nelle scuole di insegnanti non si vede traccia (un’altra differenza con l’Italia, quando si fa sciopero lo si fa tutti e lo si fa davvero…).
Il piano delle autorità comunali imposto dal governo prevede un aumento delle ore di insegnamento frontale fino a 25 ore settimanali, al quale naturalmente vanno aggiunti tutti gli altri compiti di preparazione e gestione dell’attività didattica che impegnano già gli insegnanti. Che si scagliano contro l’estensione dell’orario di presenza a scuola fino alle 16, con l’imposizione a tutte le scuole del tempo pieno. Una proposta inaccettabile per sindacati e docenti, che trasformerebbe le scuole in “Discount-Schule”, cioè in scuole-discount, ma anche per molti genitori che criticano un simile sistema che ridurrebbe in modo drastico il tempo che i loro figli potranno dedicare allo sport e allo svago.
Il governo socialdemocratico si giustifica affermando che è giunta l’ora di ridurre la spesa pubblica, anche nella scuola, visto che la disoccupazione aumenta e i sussidi ai disoccupati pure, che la popolazione invecchia e quindi le pensioni gravano sempre di più sul bilancio dello Stato, che gli immigrati sottraggono risorse e così via... Ma i sindacati rispondono che la formazione non si può tagliare, pena darsi una mazzata sui piedi proprio nel momento in cui la crisi economica e culturale che investe tutto il continente europeo – la Danimarca un po’ di meno, è vero – richiederebbe semmai un aumento degli investimenti in formazione e ricerca.
Per ora i 52 mila insegnanti in sciopero sono compatti, nonostante le tre settimane di blocco, e possono godere di una forte simpatia nell’opinione pubblica del paese. L’obiettivo è resistere un minuto di più del governo.
In Italia bastano quattro ore di sciopero in uno qualsiasi dei servizi pubblici a far scatenare stampa, classe politica e opinione pubblica qualunquista contro quei lavoratori che si ‘permettono’ di bloccare una qualche attività per rivendicare i propri sacrosanti diritti.
Ma a qualche centinaia di chilometri a nord delle Alpi c’è un piccolo paese dove ormai da tre settimane è in corso un duro braccio di ferro tra gli insegnanti delle scuole superiori e degli istituti tecnici e il governo. E’ da Pasqua ormai che il sindacato dei lavoratori della scuola della Danimarca ha convocato uno sciopero a oltranza (!) contro un piano governativo che porterà a un aumento netto dell’orario di lavoro e a un crollo della qualità della docenza. Gli effetti dello sciopero si fanno sentire, eccome. E’ ormai dalla Settimana Santa, infatti, che circa 566mila studenti se ne rimangono a casa, visto che nelle scuole di insegnanti non si vede traccia (un’altra differenza con l’Italia, quando si fa sciopero lo si fa tutti e lo si fa davvero…).
Il piano delle autorità comunali imposto dal governo prevede un aumento delle ore di insegnamento frontale fino a 25 ore settimanali, al quale naturalmente vanno aggiunti tutti gli altri compiti di preparazione e gestione dell’attività didattica che impegnano già gli insegnanti. Che si scagliano contro l’estensione dell’orario di presenza a scuola fino alle 16, con l’imposizione a tutte le scuole del tempo pieno. Una proposta inaccettabile per sindacati e docenti, che trasformerebbe le scuole in “Discount-Schule”, cioè in scuole-discount, ma anche per molti genitori che criticano un simile sistema che ridurrebbe in modo drastico il tempo che i loro figli potranno dedicare allo sport e allo svago.
Il governo socialdemocratico si giustifica affermando che è giunta l’ora di ridurre la spesa pubblica, anche nella scuola, visto che la disoccupazione aumenta e i sussidi ai disoccupati pure, che la popolazione invecchia e quindi le pensioni gravano sempre di più sul bilancio dello Stato, che gli immigrati sottraggono risorse e così via... Ma i sindacati rispondono che la formazione non si può tagliare, pena darsi una mazzata sui piedi proprio nel momento in cui la crisi economica e culturale che investe tutto il continente europeo – la Danimarca un po’ di meno, è vero – richiederebbe semmai un aumento degli investimenti in formazione e ricerca.
Per ora i 52 mila insegnanti in sciopero sono compatti, nonostante le tre settimane di blocco, e possono godere di una forte simpatia nell’opinione pubblica del paese. L’obiettivo è resistere un minuto di più del governo.
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