Fa caldo in quell’estate del 1973. L’Italia delle vacanze non è
ancora sulle spiagge, nelle università resistono le barricate. I giovani
ascoltano The Dark Side of the Moon, il capolavoro dei Pink Floyd, nei cinema guardano Papillon:
è l’epopea di quegli anni. Il carcere diventa romantico, perché “tutti
noi avevamo messo in conto di finirci prima o poi”. E lo Steve McQueen
ne incarna tutto il simbolismo di cui si erano caricati quei mesi:
fugge, viene ripreso, lo riducono in fin di vita, ma come una farfalla,
appunto, non rinuncia mai a volare. Scapperà, ce la farà, alla fine,
quando è troppo vecchio e non ha più denti in bocca.
Questa è l’Italia dei ventenni. I genitori a Papillon, soprattutto il genere maschile, ha preferito Laura Antonelli di Malizia, forse – per alcuni di loro – 8 e mezzo di Federico Fellini.
Nei juke boxe sulle spiagge di italiano non c’è quasi niente. Tony
Cucchiara, Al Bano, Patty Pravo, altro genere desiderato più dai papà
che dalle mamme. E sulle barricate nelle università, in larga parte, c’è
un’Italia figlia di quella borghesia.
E fuori? Fuori c’è il Partito comunista. A Bologna da tre anni è sindaco Renato Zangheri,
professore universitario che si legherà per tredici anni in un
abbraccio insperato alla città di allora, un po’ bottegaia, ma con
pretese da Rive Gauche. Zangheri, che gli studenti irridono coi cori
nelle manifestazioni, è il meno comunista tra i comunisti di allora, ma
al tempo stesso riesce a essere di sinistra. E’ severo, accipicchia se
lo è. Ma sa cosa vuol dire la tolleranza e solidarietà. Oggi i sindaci
aumentano i biglietti dell’autobus, lui istituisce le fasce orarie
gratuite. L’anno prima aveva aperto alle donne la possibilità di entrare
nei vigili urbani. Concede spazi civici agli anarchici e agli
omosessuali. E’ di sinistra, Zangheri.
E in quella Bologna,
il 21 giugno di 40 anni fa, accade quello che verrà relegato come un
episodio minore, ma la dice lunga su quanto calda sia la
temperatura. Succede che Giorgio Almirante, di ritorno
da un comizio con la scorta, si fermi al Mottagrill di Cantagallo. Non
era l’autostrada del Sole di oggi in quegli anni. E l’Italia comunista
non faceva sconti. Così quando Almirante si presenta alla cassa per
chiedere un caffè si sente rispondere no. “Lei è fascista, io non le
servo niente”. Almirante, che non aveva un carattere docile, va su tutte
le furie, lo contiene a stento donna Assunta, la
moglie. Ma non c’è niente da fare: pochi secondi, e senza guardarsi in
faccia, tutti i dipendenti di Cantagallo incrociano le braccia.
Almirante deve piegare la testa, e cercare un caffè altrove. Il giorno
successivo, alcuni squadristi di Ordine nuovo
danneggiano l’Autogrill. Sedici lavoratori, invece, finiscono a
processo. Sono l’Italia proletaria davvero, guadagnano un tozzo di pane.
E allora viene inciso un 45 giri dal “Canzoniere delle Lame”, venduto
solo al Mottagrill. Il ricavato delle vendite finirà in un conto per
difendere i lavoratori. Tutti assolti.
Si chiederà, il lettore non
già annoiato, dove il blogger lo volesse accompagnare. Non lo so. Da
nessuna parte. Solo raccontare un episodio di 40 anni fa.
E solo, per dirsela in parole povere, com’era più semplice quando le
persone, politicamente, si riconoscevano. Quando gli avversari politici
si presentavano e non sedevano alla stessa tavola. Neppure allo stesso Autogrill.
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