di Mariavittoria Orsolato
I francesi lo
avevano ventilato poco meno di un anno fa e lo scorso 27 giugno è
arrivata la conferma: il tratto ferroviario ad alta velocità tra Torino e
Lione, se mai esisterà, non si farà prima del 2050. La Commissione
Duron - da Philippe, presidente dell'Agenzia di Finanziamento per le
Infrastrutture e i Trasporti (AFITF) - nel suo ultimo rapporto ha
classificato il progetto Tav tra Italia e Francia tra le priorità di
secondo livello, rimandando i lavori a data da destinarsi.
A
convincere l'amministrazione francese a riconsiderare il suo impegno per
la linea Torino-Lione è stata fondamentalmente la mancanza di fondi. In
un'intervista a L'Usine Nouvelle, il primo ministro francese Jean-Marc
Ayrault ha spiegato come, nello stato attuale di crisi, lo Stato non
possa sobbarcarsi più di 250 miliardi di euro di investimenti per
costruire infrastrutture nei prossimi 20 anni.
Lo scorso anno il ministro del bilancio Jerome Cahuzac, aveva
ordinato alla Commissione Duron di classificare le linee TGV in base
alle priorità e la ghigliottina è razionalmente scesa sulle linee più
costose e non ancora iniziate: l'investimento francese per la
Torino-Lione ammontava a 12 miliardi di euro e, anche grazie alla
strenua resistenza in Valsusa, da entrambi i lati delle Alpi gli scavi
non sono ancora cominciati.
Facile dunque accantonare il
progetto, soprattutto in seno alle relazioni che vedevano il traffico
commerciale sulla tratta crollare verticalmente nell'ultimo decennio -
sconfessando le entusiastiche proiezioni all'origine della
pianificazione - mentre i costi raddoppiare proporzionalmente. La stessa
Corte dei Conti francese, interpellata dal primo ministro
sull'opportunità di realizzare il collegamento con l'Italia, scriveva lo
scorso 1° agosto: “gli studi (…) non prevedono una saturazione della
linea storica prima del 2035, sulla base di una capacità massima di 15
milioni di tonnellate”.
La relazione dei revisori francesi
continuava: “Secondo gli studi economici voluti nel febbraio 2011 da
Lyon-Turin Ferroviaire (LTF) sul progetto preliminare modificato, il
valore attuale netto è negativo in tutti gli scenari”, che siano di
crisi o di ripresa. Insomma se una linea ferroviaria si rivela inutile e
troppo costosa, il gioco non vale certamente la candela.
Al
contrario del nostro governo, infatti, quello francese ha deciso di
concentrarsi sulle infrastrutture destinate alla mobilità dei passeggeri
- non delle merci - e si è dato dei termini entro cui realizzarle sulla
base dell'urgenza, individuando quelle che sarebbero state realizzate
da qui al 2030 e quelle a cui pensare tra il 2030 e il 2050.
Se le linee in fase di attuazione sottolineano l'importanza dell'asse
nord/sud - le linee TGV in fase di realizzazione collegheranno Parigi
al sud della Francia - la Torino-Lione viene relegata tra i progetti a
data da destinarsi. Anche perché posizionata sulla direttrice est/ovest,
il celeberrimo quanto inconsistente Corridoio 5, abbandonata come
ipotesi d'investimento commerciale sia dal Portogallo che dall'Ucraina.
Il
problema dei costi e dei conseguenti fondi è in verità comune a tutti i
Paesi interessati dal Corridoio 5, l'Italia ha però deciso di
affrontarlo a testa bassa, impegnandosi con il governo Monti a
finanziare comunque il progetto (ben poco modificato) dell'alta
capacità. Anche per l'attuale governo “delle larghe intese” la Tav s'ha
da fare a qualsiasi costo: il ministro per le Infrastrutture Maurizio
Lupi, solo due mesi fa, assicurava che la ratifica degli accordi con i
cugini d'oltralpe era ormai una formalità e che i lavori sarebbero
cominciati “senza ulteriori tentennamenti”.
Ma l'accelerazione
caldeggiata dagli irriducibili del SiTav deve ora fare i conti con le
conclusioni cui sono arrivate le istituzioni francesi. Entro il prossimo
10 luglio, infatti, la commissione esteri dell’Assemblée Nationale
dovrà decidere se approvare, modificare o rifiutare l’intesa con
l'Italia - oltralpe, evidentemente, il mantra “ce lo chiede l'Europa”
non funziona - e, se queste sono le premesse, è quasi scontato che la
Francia verrà meno a quanto promesso fino ad ora e rimanderà ogni
decisione sulla Torino-Lione a dopo il 2030, quando il progetto
originale compierà 36 anni.
Se
per il movimento NoTav, questa può essere considerata sicuramente come
una vittoria, dall'altro lato amareggia leggere i numeri riguardanti la
questione Alta velocità che la Procura di Torino ha reso noti nelle
scorse settimane: 123 i fascicoli e 707 gli indagati negli ultimi tre
anni per diversi episodi legati alla vicenda della Tav, centinaia i
fascicoli aperti contro ignoti.
I reati contestati sono principalmente di danneggiamento, violenza e
resistenza a pubblico ufficiale ma nei giorni scorsi sono arrivati anche
avvisi di garanzia per stalking. Il reato solitamente connesso al
femminicidio è stato applicato a quattro attivisti NoTav, tra cui Lele
Rizzo di Askatasuna e l'avvocato Pierpaolo Pittavino, accusati di aver
minacciato un operaio impiegato in una delle ditte presenti al (non) cantiere di Chiomonte.
In Italia le istituzioni tutte, dal
Parlamento alla polizia fino alla magistratura, sono evidentemente
impegnate ad avvallare ad ogni costo - anche minacciando di applicare la
legge Reale - il progetto della Torino-Lione. Ora che la Francia pare
fare un passo indietro quali saranno le “ragioni imprescindibili” che
motiveranno la realizzazione della ferrovia? Di una linea ad alta
velocità Torino-Bardonecchia il Paese non ha certo bisogno, la Valsusa
meno che mai.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento