di Mario Lombardo
Il New York Times
è uscito domenica scorsa con una rivelazione probabilmente pilotata
nella quale vengono delineati i contorni inquietanti dell’attività del
cosiddetto Tribunale per la Sorveglianza dell’Intelligence Straniera
(FISC), ufficialmente deputato alla supervisione delle innumerevoli
richieste di intercettazione delle comunicazioni elettroniche da parte
delle varie agenzie di intelligence degli Stati Uniti.
Quella che
sembra essere una nuova pubblicazione favorita dal governo per
attenuare l’impatto di prossime esplosive rivelazioni basate sui
documenti dell’ex contractor dell’NSA, Edward Snowden, ha descritto un
Tribunale che, in totale segretezza, ha emesso decine di sentenze nelle
quali sono stati ridefiniti drammaticamente i confini dell’intelligence
americana grazie ad una nuova interpretazione della legislazione
relativa alla sicurezza nazionale.
Basandosi sulle testimonianze di consueti anonimi funzionari governativi, il reporter del New York Times
autore dell’articolo definisce il Tribunale per la Sorveglianza come
una “Corte Suprema parallela” che funge da arbitro delle questioni che è
chiamato a valutare, finendo così per “modellare le pratiche di
intelligence per gli anni a venire”.
Questa trasformazione è
stata favorita dagli stessi interventi legislativi degli anni scorsi
che, secondo la versione ufficiale, avrebbero dovuto garantire maggiore
rispetto per i diritti costituzionali e che hanno invece finito per
codificare un sistema pseudo-legale segreto responsabile della
sistematica violazione della privacy dei cittadini.
Dall’iniziale
approvazione di singole richieste di intercettazione, il Tribunale è
passato infatti non solo a dare il via libera a programmi indiscriminati
di sorveglianza che coinvolgono centinaia di milioni di persone ma ha
anche “regolarmente preso in considerazione questioni costituzionali più
ampie, fissando importanti precedenti giudiziari”. Il tutto assegnando
poteri di controllo e di sorveglianza sempre più vasti ad agenzie come
l’NSA.
Con metodi adeguati a quelli di uno stato di polizia, ad
esempio, il Tribunale ha creato una vera e propria “eccezione” al
dettato del Quarto Emendamento - che protegge da perquisizioni e
confische senza un valido motivo - facendo ricorso ad una dottrina
legale usata per la prima volta dalla Corte Suprema nel 1989 secondo la
quale le “esigenze speciali” della sicurezza nazionale nell’ambito della
lotta al terrorismo giustificano appunto la sospensione di alcuni dei
diritti democratici fondamentali riconosciuti dalla Costituzione
americana.
Nonostante il presidente Obama e praticamente tutti i politici di
Washington abbiano più volte garantito che i programmi di sorveglianza
messi in atto dall’NSA siano perfettamente legali, poiché passerebbero
attraverso un procedimento legale codificato, le modalità con cui opera
il FISC non dovrebbero trovare alcuno spazio nell’ordinamento di un
paese realmente democratico.
Innanzitutto, di fronte al Tribunale
per la Sorveglianza appare soltanto una delle parti in causa, vale a
dire il governo, mentre la parte oggetto delle intercettazioni non viene
nemmeno messa al corrente del procedimento a suo carico. Le sentenze
del Tribunale, inoltre, rimangono quasi sempre segrete e non vi è
praticamente alcuna possibilità di presentare ricorso. Il FISC, infine,
avalla di fatto ogni richiesta presentata dalle agenzie di intelligence,
visto che a oltre trent’anni dalla sua creazione ha respinto soltanto
una manciata delle quasi 34 mila finite alla propria attenzione.
Questo
Tribunale, ironicamente, è il risultato di una legge approvata dal
Congresso americano nel 1978 (Foreign Intelligence Surveillance Act,
FISA) proprio allo scopo di evitare gli abusi del governo nell’ambito
della sorveglianza dei cittadini. Il compito che svolge oggi, invece, è
esattamente l’opposto di quello inteso originariamente, essendo esso
diventato lo strumento giudiziario a disposizione del governo per
fornire una facciata di legalità a metodi da stato di polizia.
L’iniziativa del Congresso, in ogni caso, era stata sponsorizzata dal
senatore Ted Kennedy ed era scaturita dalle reazioni ai metodi illegali
di monitoraggio dei propri rivali politici a cui aveva fatto ricorso il
presidente Richard Nixon, i cui crimini che portarono all’impeachment e
alle dimissioni impallidiscono di fronte agli abusi ed eccessi di cui si
sono rese responsabili le amministrazioni repubblicana e democratica
nell’ultimo decennio.
Allo scopo di rassicurare i lettori del New York Times,
le fonti delle rivelazioni di domenica scorsa hanno comunque provato a
garantire che gli 11 giudici del FISC, su richiesta delle compagnie
private di telecomunicazioni, sono intervenuti “ripetutamente” per
ordinare la distruzione di dati raccolti dall’NSA al di là del mandato
pseudo-legale ottenuto dal Tribunale stesso.
Inoltre, come è
stato ripetuto più volte in queste settimane, quelli ottenuti
dall’intelligence USA sarebbero soltanto i cosiddetti “metadati” - come,
per quanto riguarda le comunicazioni telefoniche, i numeri di telefono
di chi chiama e di chi risponde, l’orario e la durata delle telefonate e
le località in cui si trovano le persone interessate al momento delle
chiamate - e non il contenuto delle comunicazioni o le identità degli
utenti, così che le operazioni di sorveglianza non costituirebbero una
violazione del Quarto Emendamento.
La distinzione appare tuttavia
fuorviante. Dopo la raccolta in blocco di decine o centinaia di milioni
di comunicazioni telefoniche ed elettroniche, l’esame del contenuto di
esse può avere luogo solo se viene presentato un valido motivo che, tra
l’altro, dovrebbe coinvolgere i sospettati in attività di terrorismo. Se
però i parametri per ottenere quest’ultima autorizzazione sono simili a
quelli stabiliti per avere il via libera alla prima fase delle
intercettazioni indiscriminate, le garanzie legali per i cittadini
risultano in sostanza inesistenti.
Eppure, secondo quanto contenuto negli emendamenti al FISA licenziati
dal Congresso USA nel 2008, anche la raccolta degli stessi “metadati”
dovrebbe essere consentita solo se essi vengono valutati “pertinenti” ad
un’indagine su attività terroristiche. Anche in questo caso, però, il
Tribunale per la Sorveglianza ha notevolmente ampliato i confini entro i
quali rientra la definizione di “pertinente” fino a svuotarla di
significato, consentendo l’intercettazione di massa delle comunicazioni
dei cittadini americani.
Come hanno affermato in queste settimane
politici e membri dell’intelligence, infatti, mentre limitate
informazioni relative ad un individuo possono non apparire “pertinenti”
ai fini di un’indagine, ciò che sarebbe invece “pertinente” è l’intero
quadro costruito con una valanga di dati raccolti indiscriminatamente e
senza sospetti specifici. Questo metodo, secondo la caratterizzazione
fatta al Wall Street Journal da un autore pentito del Patriot Act, il
deputato repubblicano Jim Sensenbrenner, è un po’ come “rastrellare
tutto l’oceano per essere certi di prendere un solo pesce”.
L’intero
sistema di sorveglianza condotto dall’NSA con l’approvazione del FISC
appare dunque sempre più in sintonia con l’ordinamento giudiziario di un
moderno regime fascista, nel quale il controllo preventivo del
comportamento e delle comunicazioni di virtualmente tutti i cittadini
serve ad accumulare una quantità enorme di informazioni a cui attingere
qualora si renda necessario reprimere non tanto una minaccia
terroristica quanto ogni forma di dissenso interno.
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