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11/11/2013

La ribalta israeliana sull’Africa che fa tremare l’Egitto

C'è una voce che torna a spaventare la diplomazia egiziana. Un vecchio rumor messo a tacere nel 2003 è ora diventato realtà. Israele allunga le mani sull'Africa e torna alla ribalta formalizzando nuovamente la richiesta di diventare uno stato osservatore dell'Unione africana (Ua). Lo stato ebraico mira al bacino del Nilo, ma con lo sguardo protesto all'Iran.

Egitto in panchina

A luglio il Cairo è stato sospeso dall'Ua che ha accusato i militari di essere dei golpisti. Da allora la sua posizione nel continente nero si è indebolita. Le ambasciate egiziane sono state ammonite di fare il possibile per rafforzare le relazioni con i paesi africani, ma questi non sembrano farsi abbindolare facilmente.

A fare incrinare i rapporti è stata anche una delle ultime mosse compiute dal presidente Mohammed Mursi. Prima della sua deposizione, questo era infatti arrivato ai ferri corti con l'Etiopia. Il casus belli? L'avvio, a fine maggio, dei lavori per la costruzione di una diga che devierebbe le acque del Nilo blu, riducendone in misura sostanziale il flusso verso gli altri nove paesi attraversati dal Nilo, in primis Egitto e Sudan.

Anche se comuni preoccupazioni legate alle risorse idriche hanno storicamente tenuto insieme il Cairo e Khartoum, il Sudan si sta sempre più avvicinando ad Addis Abeba. Questo è accaduto soprattutto dopo la nascita, nel 2011, del Sud Sudan. Da allora il Cairo non è riuscito a sostenere Khartoum nelle negoziazioni con il Sud Sudan sulla spartizione delle acque del Nilo e delle relative ricchezze.

La possibile entrata di Israele nel club degli africani - in agenda per il 2014 e votata da Etiopia, Nigeria ed Uganda - ha esasperato le preoccupazioni dell'Egitto che ha mobilitato anche un quartetto di ministri diretto in Congo, Uganda, Burundi. Una missione con un messaggio chiaro da diffondere: l'Egitto appartiene al continente africano.

Qualora Tel Aviv, dando uno schiaffo morale a il Cairo, diventasse un osservatore dell'Ua, potrebbe influenzarne le decisioni, barcamenandosi tra la carota dei sussidi e il bastone delle pressioni sui singoli stati, limitando ulteriormente la libertà d'azione de il Cairo in Africa attraverso un ribilanciamento del peso geopolitico egiziano nel continente.

Per cercare di far sentire la sua voce in campo, l'Egitto fa perno sulla Lega Araba, cercando di arrivare a una posizione comune che rifiuti la candidatura israeliana. Non è detto però che i membri di questo circolo siano pronti ad appoggiarlo. Qatar e Marocco hanno vari interessi in Africa e in alcuni di questi Israele ha già messo lo zampino.

Sbagliato quindi pensare che l'Egitto e i suoi interessi vengano difesi per procura. Giocando sul tempo, Israele potrebbe riuscire ad aver maggior margine di manovra per imporre i suoi.

Non solo pietre preziose

L'Africa è da anni un interesse geostrategico per Israele. Oltre alla questione del commercio e delle risorse naturali, è una pedina importante nella scacchiera della difesa. Basta pensare alla vendita di armamenti, alla guerra al fondamentalismo e allo scambio di intelligence.

In seguito alle rivolte arabe, il quadro si è ulteriormente complicato a causa della proliferazione di armamenti libici - alcuni dei quali sono appunto stati usati contro Israele - dell'aumento di tensioni nel Sinai egiziano e del ritorno della minaccia islamista dal Sahel.

Negli anni '50 e '60, attraverso la cosiddetta 'strategia periferica', Israele strinse importanti rapporti non solo con Turchia e Iran, ma anche con Etiopia, Nigeria e - seppure di nascosto - Marocco. Tel Aviv divenne un importante interlocutore per diversi paesi dell'Africa subsahariana, attratti dall'esperienza israeliana di sviluppo e di nation building in Palestina.

Tutto ciò iniziò a cambiare in seguito alle guerre arabo-israeliane del 1967 e 1973, quando a causa delle crescenti pressioni - in primis di Egitto e Libia - diversi paesi africani interruppero i rapporti diplomatici con Israele.

La diplomazia israeliana - che prima di allora manteneva buoni rapporti con l'Organizzazione dell'unità africana (Oua), antenato dell'Ua, partecipando spesso come osservatore - si trovò quindi tagliata fuori dall'Africa dopo che Gheddafi impose il taglio dei rapporti con Tel Aviv come condizione per il suo sostegno economico all'organo intergovernativo africano.

Contenimento Iran

Israele torna a riaffacciarsi in Africa in seguito alla pace con l'Egitto del '79, ma soprattutto negli anni '90 dopo i trattati di Oslo.

Ricordando che i palestinesi sono osservatori dell'Ua dallo scorso maggio, lo stato ebraico torna oggi a chiedere l'adesione all'Unione, forte dei rapporti diplomatici che intrattiene con più di quaranta dei cinquantaquattro stati membri dell'Ua e facendo perno sugli stretti legami politico-militari sviluppati con Etiopia, Nigeria e Kenya.

Non a caso durante l'attentato al centro commerciale Westgate, il governo di Nairobi ha chiesto aiuto a Israele.

Attraverso una maggiore presenza politica ed economica nel continente africano, Israele mira anche ad arginare l'avanzata dell'Iran. Secondo numerose fonti d'intelligence, infatti, il Sudan sarebbe diventato il principale luogo di transito per gli aiuti militari iraniani diretti verso i gruppi di resistenza palestinese residenti a Gaza.

Dal 2009 a oggi, l'aeronautica israeliana ha compiuto numerose sortite contro il Sudan. L'ultima risale al 2012 e prese di mira una fabbrica di armamenti nella capitale Khartoum.

La minaccia però non si limita solo al Sudan, e la penetrazione iraniana si intravede anche nei crescenti contatti tra l'Iran, Hezbollah e i diversi gruppi armati presenti attraverso il continente africano, in primis gli al-Shabab in Somalia e il Boko Haram in Nigeria.

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